La fine delle vacanze e il ritorno alla politica reale dopo le (troppe) chiacchiere estive ci riporta tutti ad una maggiore concretezza. Sotto questo aspetto il governo si è mosso prima e meglio, anticipando con Silvio Berlusconi i cinque punti programmatici per la ripresa, ai quali se ne aggiungono altri, proseguimento delle molte cose già fatte nei mesi scorsi.
Riforma della giustizia, federalismo, riforma del fisco fino al quoziente familiare, Mezzogiorno, sicurezza. Si riparte dal programma del 20 agosto, che è già un’agenda ampia e concreta di governo di maggioranza.
I dati confermano la giustezza di questi punti, a cominciare da quelli diffusi dal Ministero dell’Economia su quanto l’Italia debba ancora destinare al sostegno alle famiglie in rapporto alla media europea.
E’ vero che le statistiche – che si riferiscono solo allo Stato centrale e non tengono conto di ciò che fanno le amministrazioni locali – sono parziali. Però rispecchiano una tendenza. Ed è urgente muoversi in questa direzione, e la riforma fiscale con il quoziente familiare sarà un passo decisivo.
Dal 2 settembre scatta anche il piano di aiuto per le famiglie in difficoltà con i mutui. L’intervento è aggiuntivo e non sostitutivo di quanto già stabilito con la moratoria dell’Abi e con gli accordi diretti fra clienti e banche.
Sul tavolo del premier ci sono anche molte questioni riguardanti il futuro industriale dell’Italia. Si va dagli accordi in campo energetico ai casi aziendali sui quali spiccano Tirrenia e Fiat.
Silvio Berlusconi ha gestito con grande concretezza l’interim dello Sviluppo economico: ha evitato di intervenire sul caso Fiat, per esempio, sgombrando così il problema da personalismi ed eventuali strumentalizzazioni politiche. La Fiat, tuttavia, resterà italiana, conferma i propri investimenti, e questo è ciò che ha ripetuto Sergio Marchionne e che conta. L’ad del Lingotto ha anche, di fatto, riconosciuto la giustezza dell’azione del governo nell’individuare quali interlocutori sindacali le organizzazioni realmente interessate ad un’azione riformista, e non politica.
Quanto alla Tirrenia, il governo ha scongiurato lo sciopero del 30 e 31 agosto che avrebbe procurato danni irreparabili.
Ancora: a settembre verranno nominati i vertici dell’Autorità per il nucleare e fissati i criteri per l’individuazione dei siti. Il piano va dunque avanti come stabilito, con grande determinazione da parte del governo, e con altrettanta confusione da parte dell’opposizione.
Il presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso ha prontamente smentito ogni interpretazione distorta delle sue parole sul debito pubblico italiano. L’Italia – ha ripetuto – è in questo momento un paese solido, “tra i più solidi dell’Europa”, a cominciare dal suo settore creditizio. Il deficit italiano è del resto il più basso dell’Ue, assieme a quello tedesco: il 5,2% in un anno che ancora risente delle misure straordinarie anticrisi. Siamo ben al di sotto della media europea, che è al 6,9, di Gran Bretagna (10,4) e Francia (8,4), ma anche di Usa (8,9%) e Giappone (7,5).
La crescita sopra le attese della Germania, come ha ripetuto Giulio Tremonti al meeting di Cl, farà presto sentire i benefici sull’Italia, principale partner dei tedeschi e primo fornitore manifatturiero. Alla fine del 2010 il Pil italiano si attesterà ben al di sopra dell’1,1% attuale, e dunque rispetto al calo dell’anno scorso avremo una ripresa tra i sei ed i sette punti.
Ma soprattutto tra i dati spiccano quelli della Banca d’Italia che sommano indebitamento pubblico e privato, il nuovo criterio di misura della sostenibilità del debito introdotto da Bruxelles. Bene, esattamente come sosteneva il governo, il nostro debito aggregato (pubblico più privato) è pari al 235% del Pil rispetto ad una media europea del 265%, con Francia, Inghilterra, Spagna e Svezia messi peggio di noi: rispettivamente 237%, 295, 285 e 270. In questo momento siamo secondi solo alla Germania.
Quando il premier affermava queste cose due anni fa, l’opposizione ed i suoi giornali e tv lo descrivevano come un visionario, o addirittura un “piazzista di ottimismo”. Invece aveva previsto esattamente la situazione, anche da imprenditore qual è. Così come, prima dell’estate, aveva individuato la necessità di una legge sulla libertà d’impresa che dia alle aziende nuovi diritti e nuovi doveri, liberandole dalla attuali pastoie burocratiche che ne frenano lo sviluppo. Il caso Fiat è una dimostrazione di tutto questo, le parole di Marchionne (uomo che non si è mai fatto infeudare in questo o quello schieramento) sulla necessità di guardarsi intorno in giro per il mondo anziché tenere la testa ostinatamente volta all’indietro, lo confermano autorevolmente.
In questo quadro, che rispecchia ciò che ci attende, tutti – dalle famiglie all’apparato imprenditoriale e sociale – chiedono una cosa sola: che il governo, questo governo, vada avanti con la sua maggioranza e con il suo programma. Non è un’operazione politica di mezza estate, è il bene del Paese.
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