venerdì 30 gennaio 2015

LA CANDIDATURA DI MATTARELLA E’ UN ALTOLA’ AL PATTO DEL NAZARENO


 “Questa cosa è un altolà al patto del Nazareno”. Lo ha detto Silvio Berlusconi parlando della candidatura di Sergio Mattarella al Pd durante la riunione dei grandi elettori azzurri.
QUIRINALE: , BIANCA A QUARTO BERLUSCONISCRUTINIO, VEDIAMO SE HANNO I NUMERI
“Forza Italia voterà scheda bianca anche al quarto scrutinio. Vediamo se hanno i numeri per eleggere Mattarella da soli”.
QUIRINALE: BRUNETTA, GRANDE AMAREZZA, FORTE DISSENSO PER DECISIONE PD
"Forte dissenso, forte disappunto per la decisione del Partito democratico, del presidente Renzi, di indicare Sergio Mattarella quale candidato del Pd e della sinistra". "Questo contravviene qualsiasi convergenza che si era delineata sul piano delle riforme costituzionali e della legge elettorale.
"E’ da un anno che noi collaboriamo con Renzi alla costruzione delle riforme costituzionali e della legge elettorale. Avevamo convenuto su una candidatura condivisa, la più ampia possibile, di garanzia rispetto al futuro assetto costituzionale, ci stiamo lavorando proprio in questi giorni, in queste settimane. La decisione unilaterale di Renzi, presidente del Consiglio e segretario del Partito democratico, di candidare Mattarella senza il nostro assenso, senza la nostra condivisione, evidentemente è uno strappo difficilmente sanabile". Così Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati
RENZI NON HA MAGGIORANZA PER FARE RIFORME E PER GOVERNARE PAESE
"E’ difficile pensare che Renzi possa chiedere i nostri voti quando gli servono per compensare la sua sinistra, come recentemente sulla legge elettorale, come ad agosto, l’8 agosto, sulla riforma costituzionale, e poi quando pensa di essere autosufficiente per ricompattare il suo partito non chiedere neanche il nostro pensiero, la nostra riflessione". "Questo non è un patto, questo è un patto leonino, come tante volte ho avuto modo di dire e di scrivere. Questo non può portare da nessuna parte, perché Renzi, ricordo, non ha la maggioranza dentro il suo partito, non ha la maggioranza nel Paese, il centrosinistra ha vinto, si fa per dire,
"Renzi ha ben tre maggioranze: una maggioranza di governo, una delle riforme e una sul Presidente della Repubblica. Ha una bulimia di maggioranze". Ha aggiunto Romani che poi, alla domanda se FI si sfilerà dalla maggioranza delle riforme spiega: "Renzi può controllare il suo partito, non può controllare la maggioranza delle riforme".

giovedì 29 gennaio 2015

Non possiamo permettere che passi un Capo dello Stato che per curriculum personale e scuola politica sia una timida o forte ombra rossa del premier in carica. Se così accadesse sarebbe un fatto dirompente. Maschererebbe di legalità un fatto eversivo dell’unità nazionale. Ma osiamo credere nel raziocinio e nell’onestà intellettuale di Renzi. Altrimenti sarà un guaio per l’Italia, ma anche per Renzi.

La scelta del Presidente della Repubblica – Perché rappresenti davvero l’unità della nazione e non una parte, che finora è sempre stata quella minoritaria e di sinistra. Dopo vent’anni di Quirinale ostile al centrodestra, prevalgano i princìpi dell’alternanza e del bilanciamento dei poteri. Una figura alta che non sia l’ombra rossa del premier.
Bisogna cambiare tinta al Colle – Gli ultimi vent’anni da Scalfaro, a Ciampi, a Napolitano due volte sono stati espressioni di una sola parte politica. Un dato che fa a pugni anche e proprio con i numeri. Nelle sei elezioni politiche, che si sono susseguite dal 1994 al 2013, la somma dei voti ottenuti dal centrodestra è di 72 milioni e 737mila voti. Il centrosinistra invece ne ha avuti 64 milioni e 668 mila. Otto milioni in più! 0,37 per cento – Lo 0,37 per cento dei voti con cui la coalizione di centrosinistra ha scavalcato nel 2013 quella di centrodestra ha determinato un premio di 148 parlamentari alla Camera (130 del Pd + 18 di Sel): troppi e di troppo!



Quirinale – La scelta per il Quirinale deve segnare il ripristino della pienezza democratica, con il riconoscimento della forza reale e ideale di Berlusconi. Il caso Tsipras dimostra che un governo esito di un voto popolare cambia i parametri dell’Europa. Dopo il regime di Napolitano, l’Italia può riprendere ruolo internazionale con un Presidente della Repubblica che sia espressione di una opzione occidentale di sviluppo, senza ombre di socialismo reale.



martedì 27 gennaio 2015

Viva la democrazia greca, abbasso il programma di Syriza. Priorità: evitare un Napolitano tris, anche se con altro nome. Re Giorgio, sospendendo la democrazia, ha privato di cuore, polmoni e attributi il nostro Stato nel far valere il sentimento e la volontà del nostro popolo. Noi chiediamo che il Quirinale abbia un garante che esprima una chiara opzione di stampo liberale e riformista, piuttosto che conservatore e statalista. Perché adesso di questo si tratta. Quale cioè debba essere il ‘no’ italiano all’austerità tedesca. Se nella forma para-comunista di Tsipras o in quella liberale che sottende le intenzioni migliori della legge elettorale e della riforma costituzionale modernizzatrice. Non berremo la cicuta in nome di una stabilità che ci porti al disastro. Siamo centrali. Non per collocazione geografica, ma per forza politica e ideale.
Vince Tsipras. E ora? – La vittoria di Tsipras è il contraccolpo degli errori della Germania. Che in tutta Europa, e non solo ad Atene, si debba procedere sulla linea delle riforme è un fatto scontato. A condizione d’intendersi. Quelle che servono non sono una sorta di “socialismo reale” di ritorno, com’è nelle intenzioni di Alexis Tsipras. Sono quelle che puntano su un aumento della produttività complessiva di sistema. Che occorra “cambiare verso”, come ripete continuamente Matteo Renzi, senza riuscire tuttavia a dare consistenza alla sua linea, è indispensabile. Ma per rimuovere gli ostacoli, che impediscono il cambiamento, occorre una grande alleanza a livello europeo, che faccia perno sull’autorevolezza dei singoli interlocutori. Una riflessione che dovrebbe riguardare soprattutto l’Italia. Nel momento in cui i Grandi Elettori hanno il delicato compito di scegliere il nuovo Capo dello Stato.
Come uscire dall’austerità? – La lezione greca della vittoria di Tsipras ci insegna che la sola risposta per uscire dall’austerità e dal rigore sono elezioni democratiche. E in Italia, da tre anni a questa parte, il nostro ex-inquilino del Quirinale ci ha privato di un’uscita democratica.
W Tsipras, W la democrazia! – Ok allo shock democratico provocato dalle elezioni greche, ok per idee che promuovono l’uscita dall’austerità, ma quali sono i veri contenuti e programmi (moderati) che riescono a stanare la crisi economico-politico-istituzionale di oggi? I nostri. Quelli liberali.
Club Forza Silvio – La lezione di Tsipras. Programma pessimo, ma vicinanza alla gente, che ha premiato l'aiuto concreto di 400 servizi sociali. Quando la politica si fa servizio, intercetta i bisogni della gente e offre un contributo tangibile di solidarietà a chi soffre e ha meno, allora può ambire a essere riconosciuta come un utile strumento sociale. E questo Silvio Berlusconi l'ha compreso per primo, molto prima di Alexis Tsipras. E l'ha anche realizzato. Sono i Club Forza Silvio. La lotta alla povertà è la sfida della buona politica. Una sfida alla quale non ci sottraiamo.


domenica 25 gennaio 2015

DAMNATO MEMORIAE: LE SCELTE DI OGGI DI DRAGHI DANNO RAGIONE ALLA LOTTA CHE BERLUSCONI CONDUSSE CONTRO SARKOZY-MERKEL

Le scelte di oggi di Draghi danno ragione alla lotta che Berlusconi condusse contro la scriteriata politica di Sarkozy-Merkel. Allora, con numeri dell'economia italiana molto migliori, il QE sarebbe stato risolutivo. Ma la sinistra giocò al tanto peggio tanto meglio. Contro la damnatio memoriae

giovedì 22 gennaio 2015

GRANDE BERLUSCONI


da sempre affermiamo che, dal 1948 ad oggi, noi italiani non abbiamo mai imparato a votare. La legge in discussione al Senato può forse essere lo strumento per superare quella frammentazione endemica del quadro politico che riteniamo essere uno dei peggiori mali della nostra democrazia e che troppe volte, nei decenni passati, ha contribuito a minare l'efficacia della azione di ogni governo.
Nella cosiddetta Prima Repubblica sono stati indispensabili cinque partiti per fare una maggioranza e un governo. Col risultato che i litigi erano la regola e i governi duravano in media undici mesi. Dal '94 ad oggi la situazione è un po' cambiata. Nel Centro-Destra abbiamo cercato col Popolo della Libertà di mettere insieme sette partiti (tutti meno la Lega) ma l'esperimento ha funzionato solo in parte.
Ora con la nuova legge elettorale l'attribuzione del premio di maggioranza a una lista invece che a una coalizione può rappresentare un importante stimolo a superare egoismi e particolarismi delle forze politiche, quasi una imposizione di legge per l'unificazione del Centro-Destra. E' questo un ulteriore tentativo per raggiungere quel bipolarismo che davvero riteniamo essere la migliore soluzione per governare un Paese.
Vedremo. La nuova legge sarà applicabile solo tra un anno e otto mesi. Un periodo sufficiente per una auspicabile maturazione di tutti i movimenti moderati e magari per introdurre l'elezione diretta del Presidente della Repubblica, in modo da rendere finalmente l'Italia una moderna democrazia.

mercoledì 21 gennaio 2015

L’IMAN RECLUTATORE DELL’ISIS E’ PASSATO DA RAVENNA


Fece un convegno con l'assessore alla Sicurezza E' la persona che si è fatta fotografare in Vaticano con una bandiera dell'Isis, considerato uno dei 12 predicatori più pericolosi dal Viminale

CARMELO DOMINI 18/01/2015 - 10:43  RAVENNA. Si chiama Robert Cerantonio Musa. Ha origini italiane, un passaporto australiano e non ancora 30 anni. Eppure secondo i servizi segreti italiani è considerato uno degli islamici radicali più pericolosi, un predicatore ma soprattutto un reclutatore, inserito nella lista dei 12 nomi più pericolosi del Viminale. Il suo volto è diventato famoso pochi giorni fa, grazie a una foto che lo ritrae mentre sventola la bandiera dell’Isis in piazza San Pietro. Ebbene appena due anni prima, nell’ottobre del 2012, quell’uomo passò per Ravenna e anche per Imola. Nella nostra città rimase qualche giorno e tenne persino un convegno in presenza dell’assessore alla Sicurezza del Comune di Ravenna Martina Monti. Il titolo dell’incontro oggi rischia di suscitare quasi ilarità: “Uomini e Donne insieme per la fraternità umana e la pace universale”,
Musa Cerantonio era ufficialmente accreditato come islamologo nonostante la giovane età e l’iniziativa venne presentata con una conferenza stampa in Comune alla quale partecipò anche Moustapha Toumi all’epoca vicepresidente del Centro di cultura e studi islamici della Romagna. «Lesse un discorso in italiano ma era accompagnato da un interprete - ricorda l’assessore -. Ma i suoi messaggi erano improntati alla fratellanza, alla pace. Non lasciò nessun tipo di messaggio violento, sembrava pacifico, ricordo solo che si rifiutò di stringermi la mano. Mi dissero che da praticante non gli era concesso salutare così le donne». Ora l’islamologo Cerantonio è in carcere nelle Filippine dall’estate scorsa con l’accusa di terrorismo internazionale, di lui si erano perse le tracce dopo che aveva dichiarato di recarsi in Siria «per proteggere Al Baghdadi» come riportato da diversi media nazionali e internazionali.
«La bandiera nera del Tawhid sventola davanti al Vaticano... se Allah vuole distruggeremo il Vaticano sulla testa della sua gente». Questo il messaggio che allegò alla foto che tiene in ansia i nostri servizi di sicurezza


martedì 20 gennaio 2015

S.ECC. MARIO TOSO, SEGRETARIO DI GIUSTIZIA E PACE, E’ IL NUOVO VESCOVO DI FAENZA-MODIGLIANA

Mons. Mario Toso

Papa Francesco ha nominato monsignor Mario Toso, segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, vescovo di Faenza-Modigliana. Toso succede al vescovo Claudio Stagni, che va in pensione per raggiunti limiti di età. Nato a Mogliano Veneto nel 1950, Toso, salesiano, è stato ordinato sacerdote nel 1978. Baccalaureato in Teologia a Torino, laurea in Filosofia alla Cattolica di Milano, licenza in filosofia all’Università pontificia salesiana e licenza in teologia alla Lateranense, Toso, all’ateneo salesiano, è stato docente di filosofia, decano della stessa facoltà e, dal 2003, rettore dell’università. Benedetto XVI lo nominò, il 22 ottobre del 2009, segretario di Iustitia et Pax. Due giorni dopo fu nominato presidente il cardinale ghanese Peter Kodwo Appiah Turkson.  Nei piani – ancora in fase di studio – della riforma della Curia romana ai quali stanno lavorando in questi mesi il Papa e il Consiglio dei suoi nove cardinali consiglieri, il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace dovrebbe essere accorpato assieme ad altri dicasteri. Alla fine, dai dicasteri responsabili di Laici, Famiglia, Migranti, Pastorale sanitaria, Giustizia e Pace e Carità (Cor Unum) dovrebbero nascere due congregazioni per i laici e per la carità. Con le recenti parole del cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, coordinatore del cosiddetto C9 e salesiano come Toso (nonché come il cardinale Tarcisio Bertone), non si tratterà della «somma aritmetica di quello che c'è già. Perché, prima di tutto, come congregazioni avranno uno status giuridico diverso da quello dei pontifici consigli. E poi non è necessario che a capo di ogni dicastero ci sia un cardinale oppure un vescovo: potrebbe essere per esempio una coppia di sposi a occuparsi di famiglia, e per i migranti potrebbe essere una suora che ha competenze specifiche in materia, come per esempio una religiosa delle scalabriniane». Toso ha da sempre dedicato la propria attenzione di studioso ai fenomeni della giustizia sociale. «La globalizzazione ha messo in moto un processo di convergenza dei redditi medi dei paesi più poveri verso i paesi più ricchi, ma allo stesso tempo, ha accresciuto le diseguaglianze tra diverse parti della popolazione mondiale», ha detto per esempio l’anno scorso, ai microfoni della Radio Vaticana, in occasione di un convegno promosso dallo stesso Pontificio Consiglio Giustizia e Pace e dalla Casina Pio IV e dedicata alla esortazione apostolica di papa Francesco Evangelii Gaudium.  «I due fenomeni sono figli della stessa rivoluzione, ovvero di un mercato che si globalizza aumentando i divari di rendimento della scolarizzazione e mettendo in forte concorrenza lavoratori a basso reddito con lavoratori ad alti salari dei paesi ad alto reddito». In secondo luogo, «si sta vivendo una transizione lunga, promettente, sebbene problematica e complessa, che si spera porti dal "vecchio mondo" – segmentato nei confini nazionali – a un "nuovo mondo" popolato da un’unica famiglia umana». Infine, «il problema economico di cui tradizionalmente gli economisti si sono occupati, è soltanto una delle dimensioni del problema odierno. Bisogna infatti assicurare che la creazione di valore economico sia sostenibile a livello ambientale. C’è dunque, oltre alla dimensione economica, anche una dimensione ambientale; che non produca drammatiche crisi finanziarie – quindi c’è una dimensione finanziaria – e che non esista un disallineamento tra il prodotto interno lordo e il benessere».

lunedì 19 gennaio 2015

TWEET DAI RIBELLI: 12 MILIONI,

VERGOGNA IN QUESTO CASO E NEI PRECEDENTI.
Sui social network circolano voci – tutte da verificare – del pagamento riscatto per la liberazione delle due cooperanti italiane rapite.
Per esempio, traducendo il messaggio comparso su questo account ritenuto vicino ai ribelli siriani si legge un riferimento a Greta e Vanessa: «Liberati i due ostaggi italiani», e una cifra: «12 milioni di dollari».
جبهة النصرة تفرج عن الرهينتين الايطاليتين... 12مليون دولار... والله ما خرجنا الا لنصرة هذا الدين...دولار... يا... http://fb.me/2XVmNe7Fn 

mercoledì 14 gennaio 2015

SEMESTRE EUROPEO. L’ITALIA CON “PITTIBIMBO” E RE GIORGIO HA FATTO UN EUROFLOP


L’uomo degli annunci che restano annunci, anzi ‘balle‘.
L’uomo del ‘fare’ che non ha mai lavorato in vita sua, ha truffato per i contributi tramite l’azienda del padre, padre che lascia debiti che paghiamo noi con le tasse.
Il rottamatore che non ha rottamato, non ha tagliato, ne posti ne stipendi a politici. L’amico dai mille amici da sistemare in posti d’oro.
Unica capacità riconosciuta, quella di sparare falsità come fosse sempre in campagna elettorale, a partire dallo ‘stai sereno Enrico’.
Ha alternato sproloqui a gaffe da asilo tipo la norma salva Berluscoini Profumo Passera e via banc…ando.
Ha finito come ha cominciato: nulla eri e nulla sei rimasto (solo che prima c’era il dubbio, adesso c’è la certezza che tu sia il nulla).

La presidenza europea dell’Italia si chiude con pochi risultati, nessun fuoco d’artificio e tanti errori. Spesso nati dal protagonismo del premier.


martedì 13 gennaio 2015

INTERVISTA DI BERLUSCONI: CONTESTA LA POLITICA ESTERA DEL GOVERNO E DI TUTTO L’OCCIDENTE


La manifestazione di Parigi «ha un significato importante», basta che «non si trasformi in una melassa buonista». «L’ Occidente» in questi ultimi anni «ha sbagliato tutto» e «gli estremisti islamici si sono convinti che il nostro è un mondo debole e conquistabile». Occorre quindi reagire e quindi subito «un intervento di terra contro il califfato» e l’ Italia partecipi con proprie truppe. Silvio Berlusconi si rimette l’ elmetto, contesta la politica estera del governo e di tutto l’ Occidente e chiede all’ Europa di non negoziare con chi «minaccia i valori della nostra civiltà».
Presidente Berlusconi, i francesi sono in lutto ma furono loro a volere la destituzione di Gheddafi e ad esaltare le primavere arabe. Sbagliò Sarkozy o tutto l’ Occidente?
«L’Occidente in questi anni ha sbagliato molto. Oggi abbiamo il dovere di dire la verità: abbiamo combattuto guerre che non avremmo dovuto combattere e non ne abbiamo combattute altre che sarebbero state doverose, come quella contro l’ Isis e il suo progetto di costruire un Califfato. La cosiddetta "primavera araba" invece di portare libertà e benessere in Nord Africa lo ha completamente destabilizzato. Il ritiro delle truppe dall’ Iraq ha lasciato campo libero al terrorismo islamista, che oggi ha addirittura uno Stato. Abbiamo denunciato spesso questi errori, che, quando avevamo responsabilità di governo, ci portarono a momenti di grande tensione con la Francia di Sarkozy e con l’ alleato americano. E oggi c’ è poca soddisfazione nel dire che avevamo ragione. Speriamo che l’ Europa e l’ Occidente tutto abbiano imparato qualcosa da quelle drammatiche decisioni sbagliate».
In Libia l’ Italia ha ancora un ruolo da svolgere?
«L’ Italia non può e non deve abdicare alle proprie responsabilità verso quel territorio. Ne va della nostra sicurezza nazionale. Grazie ai nostri accordi e alla nostra politica estera la Libia di Gheddafi era diventata un alleato capace di fermare l’ enorme flusso di clandestini verso le nostre coste, che sono il confine sud dell’ Europa. Oggi non solo gli sbarchi sono ripresi, ma parte di quel territorio è sotto il controllo di un Califfato. Per rimediare agli errori oggi servono scelte coraggiose: si cambi subito il compito affidato alla missione Triton nel Mediterraneo e le nostre navi entrino nelle acque territoriali libiche per fermare le partenze invece di traghettare clandestini verso l’ Italia. E se, come credo, ciò non dovesse bastare, allora l’ Italia e l’ Europa si facciano promotrici di una coalizione di volenterosi pronta ad intervenire anche con truppe di terra per rendere inservibili i navigli idonei al trasporto di migranti».
Per sconfiggere il califfato servirebbe, a suo giudizio, un intervento di terra?
«Si. L’Occidente deve dare un segnale chiaro. La timidezza, la paura con cui negli ultimi anni abbiamo difeso i nostri valori e, aggiungo, la nostra sicurezza, hanno convinto gli estremisti islamici che il nostro è un mondo debole e conquistabile. Il ritiro delle truppe dall’ Iraq ha consentito addirittura la nascita di uno stato che propugna la conversione universale all’ Islam attraverso la violenza. L’ Occidente deve

lunedì 12 gennaio 2015

Questa è guerra, ce l’hanno dichiarata, viene dall’Islam. E la sinistra italiana al governo cieca e incompetente nega l’evidenza e ci conduce alla tragedia. Ha fallito in ogni campo. Estero, immigrazione, economia. E blocca il Parlamento parlando d’altro. Per dilettantismo e presunzione. Dinanzi alle emergenze non c'è tempo da perdere: o coesione nazionale a 360 gradi o la parola al popolo. Con il Consultellum 
l rifiuto della parola guerra, dinanzi a quanto è accaduto a Parigi, quasi che il suono sia causa di sciagure, è perfetto simbolo della cultura e del sistema di governo della sinistra. Rappresenta il culmine tragico della distanza ideologica e pratica tra la sinistra intellettuale e di governo, e la realtà.
Ridurre la questione a episodio di terrorismo, senza alzare gli occhi sugli accadimenti del mondo, è cecità criminale, perché ci disarma, ci chiede calma, dice che è un fenomeno di scalmanati, e tutto-è-sotto-controllo, quando la radiografia del mondo dice “cancro” (è una parola usata persino da Obama). E il cancro assalta l'intero organismo, esige chirurgia e chemioterapia dolorosa, impone prevenzione e stili di vita congrui. Non è un sasso tirato da un cavalcavia da quattro stupidotti.Tutto questo sarebbe qualcosa cui guarderemmo con pena e persino compassione se fosse un problema loro, della classe dirigente e dell’establishment della sinistra italiana. Il fatto è che costoro hanno in mano le leve del comando.
E questo rifiuto di guardare le cose come sono, di dare il nome giusto dei problemi, determina l'impossibilità di individuare e scegliere una soluzione incisiva, e trascina il nostro Paese in una tragedia globale.
Si badi, a proposito di Islam, non si tratta qui di analizzare una religione e i suoi precetti, ma di osservare i fenomeni che al Corano si riferiscono. C'è una guerra totalitaria. L'Islam ha uno Stato, ha un esercito, ed ha quinte colonne armate e pronte a tutto dovunque: anche tra noi. Il problema non è di convivere con milioni di musulmani in Occidente, ma di sopravvivere a una minaccia totalitaria. Questo esige politica estera, politiche di sicurezza, discorsi sull’immigrazione e sull’integrazione, che tengano conto di quel fattore devastante che non è teorico, ma operativo.
Ebbene su questi punti, il governo si esercita in parole consolatorie e generiche, non ha preso nessuna decisione operativa.
Questo è un governo di sinistra, ci verrebbe da dire, e questa è la sinistra. Questa è la sinistra italiana! Figlia di comunismo e cattocomunismocinica da una parte e buonista dall'altra per consolidare i propri assetti di potere e i propri dogmi post-sovietici. Non è solo questa la sinistra nel mondo. Lo sappiamo. Abbiamo in mente Blair. E vediamo come la sinistra tedesca abbia accettato di guardare la realtà e abbia accettato di partecipare alla “Grosse Koalition” con la Cdu-Csu. Ma da noi? Da noi la sinistra governa disastrosamente.

venerdì 9 gennaio 2015

PROCESSI: POGGIOLINI 26 ANNI – BERLUSCONI 1 ANNO


L’infinita vicenda giudiziaria di Duilio Poggiolini (chi se lo ricorda?) che da quasi vent’anni lo Stato Italiano non processa nonostante sia accusato di aver permesso la commercializzazione di sangue infetto da HIV ed epatite C e B.
Duilio Poggiolini è stato, negli anni Novanta, diretto generale del servizio farmaceutico nazionale. È stato coinvolto anche nelle indagini su Tangentopoli e la P2.
Il caso degli emoderivati infetti non fu solo italiano, ma mondiale, scoppiato agli inizi degli anni Novanta.

giovedì 8 gennaio 2015

SVEGLIA, OCCIDENTE, SVEGLIA!

 Attacco islamico al giornale satirico Charlie Hebdo, un attacco alla libertà di pensiero della Francia e dell'Europa tutta. Sveglia, Occidente, sveglia! Ci hanno dichiarato la guerra, siamo in guerra! E alla guerra bisogna combattere” (Oriana Fallaci)
E da molto tempo che sosteniamo la necessità di una guerra culturale nei confronti della minaccia totalitaria che nuota tranquilla negli ambiti dell’islam delle nostre moschee a prevalenza fondamentalista ed oggi l’ attentato di Parigi ad opera di terroristi islamici ci impone il dovere di essere intransigenti nella tutela della sicurezza interna e nell’intervento esterno, senza escludere alcuna opzione, contro il pericolo rappresentato dalle varie denominazioni jihadiste. Questo è il modo migliore di esprimere profondo cordoglio per le vittime francesi. Nessuna cedevolezza e comprensione per chi professa in Italia la sharia e la sua diffusione è più ammissibile. Da tempo le condizioni dello scontro fra Islam ed Occidente sono nuovamente di drammatica attualità, Madrid 2004, Londra 2005, Tolosa 2012; è senza fine l'elenco degli attacchi dei fondamentalisti jihadisti contro il Vecchio Continente. I cristiani sono perseguitati in maniera sistematica, le vicende prima della Libia, dell’Egitto, della Siria e poi Jhadisti legati ai tagliagole del Califfato autoproclamato dell’Iraq e del Levante e fedelissimi alla guerra santa per l’Islam a casa nostra, sono lì ad attestare che siamo nuovamente in guerra forse la terza guerra mondiale come ha accennato Papa Francesco. Per questo “Sveglia, Occidente, sveglia! Ci hanno dichiarato la guerra, siamo in guerra! E alla guerra bisogna combattere” (Oriana Fallaci). Di nuovo la sua verità la sua intransigenza ed il suo insegnamento sono rimpianti da molti, anche da quella sinistra supponente e salottiera che non la sopportava anche se non ha il coraggio di intitolarle strade e piazze. Il relativismo anche in Europa ed in Italia rinnega i costumi millenari della nostra storia ma il suo insegnamento alla faccia degli ipocriti sinistri e dei catto opportunisti rimane di straordinaria attualità là dove sottolinea lo svilimento dei valori della vita, della persona, del matrimonio, della famiglia e come sia deleterio predicare l’uguale valore di tutte le culture. Si lascia senza guida e senza regola l’integrazione degli immigrati, si consente l’illegalità diffusa dei rom . Per superare questa crisi abbiamo bisogno di più impegno e di più coraggio sui temi della nostra civiltà Di fronte alla nuova aggressione dei Jhadisti, la nuova flotta islamica, gran parte dell’occidente sembra aver perso ogni riferimento all’orgoglio di appartenere ad un mondo libero. Molti di sinistra dopo l’11 settembre se la sono presa con chi difende i valori cristiani e occidentali piuttosto che con i fondamentalisti. Il Coordinatore Rodolfo Ridolfi

mercoledì 7 gennaio 2015

SI RIMANGIANO IL FISCO GIUSTO

Il governo blocca una norma di buonsenso che depenalizzava la microevasione, quella che spesso si commette per errore Il motivo? «Avrebbe aiutato il Cavaliere». Non è vero, ma così migliaia di italiani saranno colpiti in nome dell'antiberlusconismo
Alessandro Sallusti - Il problema dell'Italia non è che un ponte inaugurato alla vigilia di Natale sulla Palermo-Agrigento sia crollato a Capodanno, e neppure che i vigili urbani di Roma, così come gli spazzini di Napoli, presentino certificati medici falsi per non lavorare la notte del 31. No, il problema di questo Paese sembra essere solo uno, lo stesso da vent'anni a questa parte: impedire a Silvio Berlusconi di fare politica, bloccando con feroci operazioni mediatiche, politiche e istituzionali anche la sola possibilità che ciò possa accadere. Pure a costo di andare contro il bene di centinaia di migliaia di cittadini. È questo il senso della mobilitazione scattata ieri per fermare l'iter di una norma contenuta nel decreto sulla riforma del fisco che, di fatto, depenalizza penalmente - non dal punto di vista amministrativo, e quindi economico - le evasioni fiscali di lieve entità. Quelle, per intenderci, che stanno sotto la soglia del tre per cento rispetto all'imponibile di una azienda, o di una persona fisica, e che sono il più delle volte frutto di errori formali più che di furberie o ladrocini. Parliamo di una norma ritenuta unanimemente saggia, utile a decongestionare i carichi giudiziari, a recuperare velocemente entrate fiscali eluse, a evitare inutili peripezie sia allo Stato che agli imprenditori. Niente, non se ne farà niente - come ha annunciato ieri il premier Renzi - perché si è scoperto che potrebbe agevolare anche Silvio Berlusconi, condannato per una presunta evasione che sta ben al di sotto di quella soglia del tre per cento. Il Cavaliere, se la nuova legge venisse approvata, potrebbe infatti vedere accorciato il suo periodo di esclusione dalla vita politica attiva. Cosa che molti italiani auspicano, che lascia altri del tutto indifferenti, ma che fa gridare allo scandalo la casta che per anni si è adoperata per la sua morte civile e politica.

sabato 3 gennaio 2015

TRENTAQUATTRESIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI PIETRO NENNI


Rodolfo Ridolfi*
Pietro Nenni scriveva nel suo ultimo articolo "Rinnovarsi o perire" "Tutto è in questione, tutto è posto di fronte all’alternativa di rinnovarsi o perire", un invito, un ammonimento. Certo è che, letta trenta quattro anni dopo, la frase di Nenni mantiene intatta la sua grande forza ideale e morale. Pietro Nenni moriva trentacinque anni orsono il 1 gennaio del 1980, quando ormai il PSI era saldamente nelle mani del suo delfino, Bettino Craxi. Il PSI sotto la guida di Bettino Craxi intraprenderà la stagione della sua modernizzazione attraverso il percorso del “socialismo tricolore” per poi concludere la sua centenaria storia sotto i colpi dei comunisti alleati con le toghe rosse. Pietro Nenni, che era nato Faenza, isola bianca della Romagna, il 9 febbraio 1891 da una famiglia umilissima e che era stato amico di Mussolini, ha rappresentato per oltre mezzo secolo la storia e gli ideali del Socialismo e del Partito Socialista Italiano. L’ultimo ricordo che ho di uno dei “famosi comizi” di Nenni è del 1974 a Faenza nel vecchio palasport e poi al Circolo Bubani dove il vecchio leader era accompagnato proprio da Craxi. Ricordo anche con sofferenza come negli anni del “prodismo incipiente” a Faenza i catto-comunisti delle coop bianche e rosse volessero addirittura cancellare Piazza Pietro Nenni e come noi socialisti di Forza Italia ci battemmo perché ciò non avvenisse.
Bettino Craxi, Pietro Nenni e Giuseppe Saragat rappresentano l’orgoglio socialista che si riprende la rivincita storica contro il Pci e la Dc del compromesso storico. Anche Forza Italia partecipa a questo ricordo perché ha dalla sua la realtà dei numeri e dei consensi che dicono che tra coloro che votavano per il Psi il 50% sceglie Forza Italia, il 20% si astiene e il restante 30 è diviso tra PD e gli altri partiti. Parlare di Nenni significa parlare anche degli anni del frontismo e della peculiare e paradossale situazione di fine anni ’40 quando Nenni e il Psi avevano i voti e i militanti, Saragat e il Psdi la classe dirigente e i quadri intermedi. Nella primavera del 1947 De Gasperi si recò negli Usa ed al rientro estromise comunisti e socialisti dal governo varando una formula di governo quadripartito centrista composta, oltre che dalla Dc, dai repubblicani di Pacciardi (Pri), dai liberali di Einaudi (Pli) e dai socialdemocratici di Saragat (Psli) che assumerà la Vicepresidenza del Consiglio dei Ministri. Dopo l’invasione sovietica dell’Ungheria (1956) magnificata da Giorgio Napolitano, Nenni si riavvicinò a Saragat, proponendo ed ottenendo la riunificazione tra le due diverse anime del socialismo italiano e, dopo aver intrapreso la via dell’autonomismo, giunse a collaborare al governo con la DC di Fanfani e di