mercoledì 20 aprile 2011

LE BANCHE LA FANNO SEMPRE FRANCA

PER INCASTRARE BERLUSCONI SI SONO INVENTATI LA CORRUZIONE POSDATATAM LE INTERCETTAZIONI NON AUTORIZZATE, I PROCESSI SENZA VITTIME, PER DEI POVERI CRISI SPENNATI DAI POTENTI (CASO PARMALAT) I PM NON HANNO TROVATO NEPPURE UNA ROGATORIA.

di Alessandro Sallusti
 
Grande questa giustizia, forte con i deboli (e con i nemici) e debole con i forti (e gli amici, vero Fini?). Ieri nel palazzo di giustizia di Milano sono successe due cose. La prima: un linciaggio giudiziario e mediatico, supportato addirittura dal capo dello Stato in persona, contro Roberto Lassini, vittima di malagiustizia politica, candidato alle co­munali di Milano nelle liste Pdl, autore del famoso manifesto «Via le Br dalle procure». La seconda: l'assoluzione di sei banche (tutte estere) coinvolte nel crac della Parmalat, cioè una truffa ai danni di centinaia di migliaia di piccoli risparmiatori rimasti in bolletta. Il buon senso dice che qualche cosa non torna in questa sentenza. In ogni caso, perché i vertici di una banca, a naso, dovrebbero assumersi la responsabilità nei confronti di clienti ai quali hanno piazzato titoli spazzatura. Non sapevano dei furbetti di Parma? Difficile da credere, ma in ogni caso peggio per loro. Penso che neppure l'amministratore delegato della Thyssen fosse a conoscenza dei dettagli dell'impianto di sicurezza, eppure per quel rogo che provocò sei morti si è beccato 16 anni di carcere per «dolo eventuale». Mi sembra questo un indizio che la giustizia, così disinibita in tutti i campi, abbia il vizio di fermarsi sulla porta delle grandi banche, esattamente come la stampa (che in Italia è controllata dalle banche, alla faccia del conflitto di interessi) e spesso i governi di ogni colore. E viene pure il dubbio che se la Procura di Milano avesse usa­to contro gli istituti di credito la stessa determinazione e gli stessi mezzi usati per spiare le notti di Arcore, probabilmente oggi i risparmiatori avrebbero otte­nuto giustizia e risarcimenti. Viene il dubbio che se Napolitano avesse speso per tutelare i truffati Parmalat la stessa autorevolezza e lanciato gli stessi moniti scagliati contro il povero e indifeso Lassini, le cose sa­rebbero andate diversamente. Ma si sa, oggi merita attenzione, impegno e protezioni soltanto chi è contro Berlusconi. Gli altri che si arrangino, non ci sono uomini e tempo per tutto, come ci spiegano ogni sera le toghe che imperversano nei dibattiti televisivi. Ieri Fini, che da tempo non ne azzecca una, dopo aver incontrato i suoi amici dell'Associazione magistrati (forse per questo non ha avuto tempo di presenziare alla prima udienza civile del processo sulla casa di Montecarlo) ha sentenziato: le toghe sono il pilastro della legalità.

Un vero genio, vallo a dire ai 40mila cittadini che si erano costituiti parte civile nel processo Parmalat fiduciosi di riavere indietro almeno parte del mal­tolto. Per queste persone va fatta, subito, la riforma della giustizia, che piaccia o no al Quirinale, a Bersani, al presidente della Camera. Il problema di questo Paese non sono Ruby e Roberto Lassini. Per incastrare Berlusconi si sono inventati la corruzione posdatata, le intercettazioni non autorizzate, i proces­si senza vittime. Per dei poveri cristi spennati dai potenti non hanno trovato neppure una rogatoria un po' sospetta. Altro che manifesto, questa sì, egregio presidente Napolitano, è un’«intollerabile offesa, una ignobile provocazione».

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