ECCO CHI COMANDA IN ITALIA
Il capo della procura di Milano, Bruti Liberati, ha indirizzato una circolare interna ai suoi aggiunti e ai suoi pm, che sostanzialmente vieta l’arresto per clandestinità. I magistrati si sostituiscono al parlamento e cancellano di fatto la norma che dispone l’arresto per gli stranieri espulsi. Bruti Liberati ai pm di Milano: "Valgono le indicazioni Ue, non le regole italiane". Stessa linea a Roma, Firenze e Lecce
Luca Fazzo - Paola Fucilieri
Milano - È una legge della Repubblica Italiana, approvata nel 2002 dal Parlamento, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale e mai abrogata. Ma per quattro procuratori della Repubblica la legge che prevede il carcere per gli immigrati clandestini non esiste più. I quattro procuratori hanno ordinato- o vivamente «suggerito » - ai loro sostituti di considerare estinta la norma. E i sostituti si sono immediatamente adeguati. A Milano, Firenze, Roma e Lecce, nessuno straniero viene più arrestato, come pure prevederebbe la legge, per violazione dell’obbligo di lasciare il Paese. È un caso- più unico che raro - in cui una decisione parlamentare viene rimossa dall’ordinamento senza bisogno di passare per ricorsi alla Corte Costituzionale né referendum. Le ragioni di questa scelta sono dettagliatamente spiegate (anche se in termini a volte impervi per un profano) nella circolare che uno dei quattro procuratori, il milanese
Edmondo Bruti Liberati, ha inviato a tutti i pm del suo ufficio. Nella circolare, che il Giornale ha potuto leggere, Bruti sostiene che la legge è superata e spedita in soffitta dalla direttiva europea del 2008, un documento approvato dal Parlamento e dal Consiglio dell’Unione Europea che richiama i paesi membri a prassi rispettose dei diritti umani degli immigrati extracomunitari. La direttiva europea non è mai stata tradotta in una legge italiana, ed era stata finora considerata alla stregua di un suggerimento, nobile quanto si vuole, ma pur sempre un suggerimento. Tant’è vero che ognuno dei 27 paesi membri dell’Unione continua a legiferare, in tema di immigrazione, come meglio gli aggrada. Ma in Italia - o almeno a Milano, Firenze, Roma e Lecce - le cose stanno diversamente. La maggior parte dei giudici italiani, a dire il vero, hanno sempre considerato l’inasprimento delle norme sull’immigrazione - introdotto nel 2002 con il cosiddetto «pacchetto sicurezza», modificando la vecchia legge Bossi-Fini - una legge ingiusta, e hanno sempre cercato i modi più efficienti per non applicarla. Il cuore della legge, cioè i commi 5ter e 5quater dell’articolo 14, prevedono il carcere da uno a cinque anni per lo straniero che non rispetta l’ordine di espulsione. Per neutralizzare questa norma molti tribunali hanno, per esempio, ipotizzato che se lo straniero sostiene di non essere potuto tornare in patria perché privo di mezzi non può essere punito. Ma si trattava di escamotage giuridici, che non toglievano alle forze di polizia la possibilità di arrestare i clandestini recidivi. Invece la circolare di Bruti Liberati fa piazza pulita dei due commi contestati: «La sopravvenienza della direttiva sembra doversi sostanzialmente ricondurre alla categoria della abolitio criminis», scrive il procuratore. «Sembra doversi ritenere che le previsioni chiare e precise della direttiva abbiano, secondo le direttive della corte di giustizia dell’Unione Europea, “ efficacia diretta verticale” e se ne imponga dunque immediata e diretta applicazione, anche in assenza di norme di adeguamento del diritto interno».
Ed ecco l’indicazione di Bruti a tutti i pm: se la polizia insiste ad arrestare chi viola la legge, voi scarcerateli subito: «Nel caso di arresto eseguito per il reato di cui all’articolo 14, comma 5ter e 5quater, dovendosi ormai qualificare lo stesso come eseguito al di fuori dei casi previsti dalla legge, si ritiene che debba essere disposta l’immediata liberazione dell’arrestato». È una frase importante, perché dice in sostanza che l’arresto dei clandestini è un arresto illegale. E infatti il questore di Milano, Alessandro Marangoni, per evitare guai alle sue Volanti, ha diramato un ordine di servizio: basta arresti. In tempi di rapporti tesi tra politica e magistratura, la decisione di Bruti Liberati rischia di aprire nuove polemiche: anche perché un altro procuratore, il torinese Marcello Maddalena (non certo sospettabile di sudditanza verso il potere politico) ha preso una posizione diametralmente opposta.
Possiamo pensare quel che vogliamo del «pacchetto sicurezza», sostiene in sostanza Maddalena, ma fino a quando sarà in vigore il nostro dovere di magistrati è di applicarlo, e non basta certo una direttiva Ue a farlo decadere. Con il paradossale risultato che se uno straniero espulso dall’Italia viene sorpreso a gironzolare per Torino lo arrestano e lo processano, e se invece lo fermano a Milano non gli fanno niente.
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