CHIEDO SCUSA PER IL MANCATO AGGIORNAMENTO
NEL PERIODO DELLE ELEZIONI MA SONO RICOVERATO IN OSPEDALE A FAENZA, DA
VENERDI 21 HO VOTATO FORZA ITALIA, ORA
STO BENE SPERO DI TORNARE A CASA PRESTO, Galassini
La fine del Pd – Il Partito democratico
non esiste più. È finito ieri, al termine di una calda seduta parlamentare per
il voto finale alla Camera dei deputati sul cosiddetto Jobs Act. Ben 40 democratici
sono usciti dall’Aula, insieme alle opposizioni, al momento della votazione,
2 hanno votato contro, altri 2 si sono astenuti. 44 parlamentari del Pd contro
Renzi e il suo governo. Una maggioranza che non c’è, questo ci hanno detto le
laceranti spaccature dentro il Partito democratico.
Il ‘P’ contro il ‘D’ – Durissima la presa di
posizione di Rosy Bindi, ex Presidente del Pd: “Oltre a non condividere il
merito, io ho voluto prendere le distanze dal messaggio che il premier ha
costruito in questi mesi. Le sue parole hanno scavato un solco tra il governo,
il segretario del Pd e il mondo del lavoro, la parte più sofferente dell'Italia”.
A una domanda sull'eventuale scissione, l'esponente democratica risponde che
“se il Pd torna a essere il partito dell'Ulivo, che unisce e accompagna il
Paese, non ci sarà bisogno di alternative. Ma se il Pd è quello di questi
ultimi mesi, è chiaro che ci sarà bisogno di una forza politica nuova”.
Scissione in vista per il Pd. Guerra intestina senza esclusione di colpi.
Stato confusionale – Il voto sul cosiddetto
Jobs Act di ieri alla Camera ha certificato lo stato confusionale della
maggioranza che sostiene questo moribondo governo. Ieri il Jobs Act è stato
approvato per il rotto della cuffia con l’esecutivo in imbarazzante difficoltà
e costretto a convocare d’urgenza in Aula ministri e sottosegretari, che sono
arrivati con il fiatone per evitare l’incombente rischio della mancanza del
numero legale.
Scatola vuota – La protesta delle
opposizioni, che in massa hanno deciso di non partecipare al voto finale sul
provvedimento, denuncia l’imbroglio di
questa non riforma che peggiorerà il nostro mercato del lavoro, che non produce
nuovi posti, e che irrigidisce ulteriormente uno scenario che invece andava
fortemente semplificato. Renzi non sta portando avanti nessuna riforma del
mercato del lavoro. Questo deve essere chiaro all’opinione pubblica.
Collasso democratico – Sono i 148 deputati
incostituzionali che Renzi vuole usare per cambiare la Costituzione a colpi di
maggioranza. Non si fa, non si può. A proposito: non sono ancora stati
convalidati. Tra di loro c’è la ministra delle Riforme Boschi, ovvero la
incostituzionale che cambia la Costituzione. A Renzi che fa sapere “andiamo
avanti comunque”, cioè a prescindere dal sì o dal no di Berlusconi, rispondiamo
che questo modo di agire significherebbe usare deputati incostituzionali per
far passare a colpi di una maggioranza incostituzionale una riforma
costituzionale. Saremmo al collasso democratico. Un premier già di suo non
eletto, butterebbe nella spazzatura ogni decoro democratico.
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