È già sulla carta
l'aumento previsto entro il 2019. Manovra, certo il ritocco sulle accise
Difficile
dire sì a Gentiloni e no a nuove tasse, come ha fatto ieri l'ex premier Matteo
Renzi nell'intervista alla Stampa. Perché
a legislazione invariata, cioè se il governo in carica non modificherà le
decisioni prese dai precedessori, le tasse aumenteranno eccome. Un promemoria
sull'andamento dei grandi numeri delle finanze pubbliche è il «Bilancio
semplificato» della Ragioneria generale dello Stato. Una sintesi delle
previsioni sugli andamenti dei conti pubblici che precede la pubblicazione del
Def, il documento di economia e finanza. Quello del governo Gentiloni arriverà
in aprile, conterrà gli effetti finanziari della prossima legge di bilancio,
compresi quelli di misure come il taglio del cuneo fiscale e l'aumento
dell'Iva. Se il governo Gentiloni non dovesse fare nulla, tra il 2017 e il 2019
le entrate dello Stato aumenteranno comunque di circa 30 miliardi. Nel
complesso passeranno dai 523 miliardi di quest'anno ai 552,9 del 2019. Le
entrate tributarie, cioè quelle tasse e imposte, passeranno da 463 miliardi a
497,6 nel 2019, per poi sfondare il muro dei 500 miliardi a partire dal 2020. Il
tutto mentre la spesa corrente, nelle previsioni del governo, dovrebbe
scendere: dai 502,6 miliardi al netto degli interessi sul debito, a 492,2 del
2019. In calo anche la spesa per gli interessi sul debito, da 79 a 76,7
miliardi di euro. Gli aumenti delle tasse, insomma, sono già sulla carta.
I tecnici del ministero dell'Economia
stanno lavorando alla manovra da 3,4 miliardi. Sempre più probabile l'aumento
delle accise, a valere da quest'anno. L'approvazione potrebbe slittare ai primi
di maggio, cioè oltre il termine stabilito da Bruxelles, per non influenzare le
primarie del centro sinistra. La sfida più difficile toccherà a chi sarà in
carica alla fine dell'anno. Il conto del prossimo anno è di 24 miliardi, che il
governo non riuscirà a coprire solo con i tagli alla spesa. Per raggiungere gli
obiettivi di deficit e coprire il taglio del cuneo e le altre misure sarà
necessario aumentare le imposte indirette. Il governo starebbe cercando di
disinnescare l'aumento, anche perché il mandato del segretario Pd è di non
farlo per non penalizzare i consumi.
Ma
la distanza tra Renzi e Padoan, prima che che con Gentiloni, è ormai evidente.
Oltre alle battute dell'ex presidente del consiglio, ieri un affondo sul merito
delle proposte governative è arrivato da Yoram Gutgeld, deputato Pd, commissario alla
spending review e consigliere economico di Matteo Renzi. «Il costo del lavoro
in Italia in media è di 28 euro l'ora, in Germania è a 32 (ma 38
nell'industria), in Francia 35, in Spagna 21 e in Europa dell'est da 8 in giù.
Se impegnassimo 10 miliardi per limare il costo del lavoro per le imprese lo
ridurremmo del 2%. Scenderemmo a 27,40 euro. Bene, ma non cambia la posizione
competitiva dell'Italia». Non farebbe quindi «una differenza determinante. Se
ci deve essere un taglio del cuneo, secondo il consigliere di Renzi, meglio
mettere i soldi in tasca ai lavoratori. Meglio, quindi, misure come gli 80 euro
in busta paga. Sempre neo 2018 che ci siano spazi per ridurre il salasso in
arrivo, da 30 miliardi.
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