martedì 6 agosto 2013

E IO PAGO: STEPRA FINISCE IN LIQUIDAZIONE PER TROPPI DEBITI. CONTRATTO DI SOLIDARIETA’ PER I DIPENDENTI

Una delle aree produttive da valorizzare di Stepra, a Bagnacavallo, come illustrato sul sito internet della società pubblica

LA SOCIETA’ DI PROPRIETA’ PUBBLICA, NON UN COMPITO ISTITUZIONALE, DOVEVA PROMUOVERE INSEDIAMENTI PRODUTTIVI SUL TERRITORIO PROVINCIALE, DOVEVA PIUTTOSTO PORTARE I LIBRI IN TRIBUNALE E ACCERTARE LE RESPONSABILITA’!
di Federica Angelini. La società nata per sostenere e promuovere gli insediamenti produttivi nel territorio provinciale, Stepra, viene messa in liquidazione. Troppi debiti a fronte di un patrimonio di fatto non vendibile. Troppi i costi fissi che è impossibile abbattere, si parla di circa 1milione 600mila euro l'anno tra personale e (soprattutto) oneri passivi. La società posseduta da Provincia e Camera di Commercio per oltre il 96 percento e per il resto dai Comuni del territorio potrebbe arrivare a chiusura anche se per ora si parla di una scelta reversibile nel caso cambiassero le condizioni di mercato. Per ora, appunto, si parla di messa in liquidazione, ossia la sua unica attività sarà quella di tentare di vendere il proprio patrimonio per far fronte ai debiti, dopo che sono fallite le recenti trattative con imprenditori per i lotti di Bagnacavallo, Bassette e Solarolo e dopo che, soprattutto, le banche hanno sollecitato misure straordinarie per favorire le vendite. Del resto sono fondamentalmente loro, le banche, le principali creditrici di quei circa 25,5 milioni di euro di debiti della società. Ma i soci parlano di una società comunque sana sulla base di una stima del valore dei terreni di proprietà di Stepra pari a quasi 26,7 milioni.  Peccato che al momento il patrimonio sia, appunto, invendibile. Da qui, la messa in liquidazione. La decisione è stata formalmente presa il 26 luglio dall’assemblea dei soci. Intanto, la società era guidata da un cda dimissionario. Quest’ultimo era stato nominato il 7 marzo ma, per nuove normative entrate in vigore, a maggio era stato poi costretto a dimettersi. A farne parte erano Alberto Rebucci, Paola Morigi e Carlo Boattini, tutti dirigenti di enti pubblici che ora non possono più avere il doppio incarico e che non percepivano alcun stipendio per il ruolo in Stepra. Tra le motivazioni che


 hanno portato alla decisione, si legge nella documentazione, anche la considerazione che sia «improbabile la nomina di un nuovo Cda che sia disposto (ai sensi delle normative vigenti) a non percepire alcun compenso per lo svolgimento delle proprie funzioni» essendo, come detto, imposto dalla legge il ricorso a personale esterno agli enti soci. I lavoratori, cinque dipendenti e un direttore, saranno in contratto di solidarietà. Del resto, si legge sempre nell'istruttoria, «l’atto di liquidazione permettere di attuare con minori vincoli le operazioni “straordinarie” della gestione, quali il contenimento dei costi, in particolare anche del personale». Per quanto sia più volte specificato che qualsiasi risparmio in termini di personale sarebbe di modesta entità. L’operazione ha ovviamente la benedizione della maggioranza in consiglio provinciale (con l’eccezione della Fds): «La proposta di messa in liquidazione – ha commentato il consigliere Daniele Bassi – si caratterizza per trasparenza, senso di responsabilità e correttezza istituzionale». Ma offre una sponda alle forze di opposizione che avevano invece sempre attaccato l’esistenza stessa della società pubblica. Parla esplicitamente di "mala gestio" l’Udc e di triste e prevedibile fine per la società. Anche Vincenzo Galassini eletto nelle file del Pdl e che ora ha dato vita al gruppo Forza Italia ribadisce la posizione da sempre contraria a questo tipo di società e sostiene che «la liquidazione della Stepra non è la soluzione per la comunità ravennate perché le banche potrebbero essere influenzate dal potere amministrativo per salvare la società pubblica e togliere eventuali risorse alle tante altre aziende in crisi nella provincia di Ravenna». Galassini promette di volerci vedere più chiaro. Al momento del voto in consiglio, i gruppi di opposizione e la Fds sono usciti dall’aula.  A votare a favore sono rimasti Pd, Idv e Sel.



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