Piero Sansonetti - Dunque il partito dei Pm c'è. E' reale,
organizzato, ha una sua rete di comunicazione. Ieri avevamo scritto di partito
dei Pm dopo la dichiarazione di resa di Matteo Renzi (che aveva rinunciato a
porre la fiducia sulla riforma del processo per "rispetto" verso
l'Anm). Usavamo però il termine "partito" come una metafora, ci
riferivamo a un partito virtuale. Oggi invece il nostro giornale è venuto in
possesso di una mail inviata a centinaia di Pm da uno dei magistrati più vicini
a Piercamillo Davigo, nella quale si esulta per il successo politico ottenuto
dalla Anm che ha costretto Renzi a dichiarare la subalternità del governo al
potere della magistratura. La mail non è pubblica, e in teoria avrebbe dovuto
restare segreta. Sfortunatamente - diciamo così: sfortunatamente - proprio noi
del Dubbio siamo entrati in possesso di questo documento e oggi ve lo
proponiamo. La "segretezza" non toglie nulla alla realtà di un vero e
proprio partito politico che si considera tale e che si organizza per influire
direttamente sull'attività legislativa e per condizionare la politica ai suoi
massimi livelli.
Questo partito trova la sua forza da una parte nella struttura dell'Anm (che formalmente è un sindacato), dall'altra in una vastissima rete di sostegno parlamentare diffusa in tutti i partiti e in tutti gli schieramenti, che gli permette, su un certo numero di argomenti, di avere il pieno controllo dell'attività legislativa. L'esistenza di un partito dei Pm - che agisce sia orizzontalmente rispetto ai partiti tradizionali, Pd, Forza Italia, 5 Stelle, Lega, eccetera, sia "verticalmente", cioè da una posizione di evidente superiorità sugli altri partiti - pone tre problemi. Il primo riguarda lo squilibrio dei mezzi nella lotta politica. Il secondo riguarda la legittimità costituzionale di questo partito. Il terzo problema riguarda la sua linea politica. Lo squilibrio dei mezzi è evidente. I Pm hanno poteri infinitamente
Questo partito trova la sua forza da una parte nella struttura dell'Anm (che formalmente è un sindacato), dall'altra in una vastissima rete di sostegno parlamentare diffusa in tutti i partiti e in tutti gli schieramenti, che gli permette, su un certo numero di argomenti, di avere il pieno controllo dell'attività legislativa. L'esistenza di un partito dei Pm - che agisce sia orizzontalmente rispetto ai partiti tradizionali, Pd, Forza Italia, 5 Stelle, Lega, eccetera, sia "verticalmente", cioè da una posizione di evidente superiorità sugli altri partiti - pone tre problemi. Il primo riguarda lo squilibrio dei mezzi nella lotta politica. Il secondo riguarda la legittimità costituzionale di questo partito. Il terzo problema riguarda la sua linea politica. Lo squilibrio dei mezzi è evidente. I Pm hanno poteri infinitamente
superiori a quelli di qualunque altro deputato o ministro: possono
mandare un avviso di garanzia (e stroncare la carriera), possono aprire
indagini sui propri competitori politici, possono persino arrestarli o spiare
loro il telefono con una certa facilità. La presenza nell'agone politico di un
partito con tanti poteri "deforma", è del tutto evidente, il normale
funzionamento della democrazia, e modifica radicalmente le sue regole. La
legittimità costituzionale del partito dei giudici è largamente discutibile.
Perché la magistratura rappresenta un "ordine " dello Stato
indipendente e autonomo da ogni altro potere. Domanda: può un ordine dello
Stato rinunciare alla sua "universalità" e costituirsi in
"parte", in "fazione", cioè in partito politico, senza perdere
la sua autorevolezza e senza violare il principio della tripartizione e
indipendenza dei poteri? O invece l'atto di organizzarsi in partito costituisce
una violazione della legalità costituzionale? Chi deve rispondere a questa
domanda? C'è una autorità che dovrà prendere in esame la e mail del magistrato
che noi oggi pubblichiamo?
Infine c'è la domanda sulla linea politica del partito dei Pm. Che non è secondaria. Provo a spiegare perché. Ieri sul "Corriere della Sera" Aldo Cazzullo anticipava alcuni brani di un libro scritto a quattro mani da Piercamillo Davigo e dall'ex magistrato Gherardo Colombo. In questi libro Davigo conferma e rafforza la sua tesi sulla corruzione generalizzata della politica, e annuncia di voler processare "le primarie", cioè la principale (forse ormai l'unica) attività democratica del Pd, diciamo del primo partito di governo. Poi spiega che il problema dell'Italia non è "la repressione" ma è il fatto che "c'è poca repressione", auspicando, si direbbe, una società con caratteristiche autoritarie e criticando le mollezze liberali del regime democratico che ha sostituito il fascismo. Infine Davigo si spinge fino a dare una veste ideologica alle sue idee. Si dichiara "giansenista". Voi sapete che vuol dire "giansenista? Un certo Cornelius Jansen, teologo olandese, nei primi decenni del seicento fondò una teoria religiosa che si chiamò "giansenismo" e fu fortemente osteggiata dai gesuiti (e poi dichiarata eresia dalla Chiesa cattolica). Il giansenismo sostiene che l'uomo (non parliamo poi della donna...) nasce malvagio e corrotto e solo in alcuni casi (abbastanza rari), attraverso la grazia di Dio, diventa una persona perbene e ottiene la salvezza. La maggioranza dell'umanità, però, è destinata al delitto e all'inferno.
Par di capire che nel giansenismo rammodernato di Davigo la grazia di Dio è sostituita dall'intervento dei Pm. C'è poco da scherzare. Si tratta della dottrina politica più reazionaria che mai si sia manifestata, da secoli, nel nostro paese. Non a caso Davigo rivendica la radice medievale della sua ispirazione intellettuale. Ora il problema è questo: come possono le componenti della magistratura, assai numerose, che si ispirano agli ideali liberali, o alla cultura cattolica, o ai valori della sinistra, far parte di un partito reazionario e oscurantista, il quale, peraltro, si propone esplicitamente di mettere sotto controllo la democrazia italiana?
Infine c'è la domanda sulla linea politica del partito dei Pm. Che non è secondaria. Provo a spiegare perché. Ieri sul "Corriere della Sera" Aldo Cazzullo anticipava alcuni brani di un libro scritto a quattro mani da Piercamillo Davigo e dall'ex magistrato Gherardo Colombo. In questi libro Davigo conferma e rafforza la sua tesi sulla corruzione generalizzata della politica, e annuncia di voler processare "le primarie", cioè la principale (forse ormai l'unica) attività democratica del Pd, diciamo del primo partito di governo. Poi spiega che il problema dell'Italia non è "la repressione" ma è il fatto che "c'è poca repressione", auspicando, si direbbe, una società con caratteristiche autoritarie e criticando le mollezze liberali del regime democratico che ha sostituito il fascismo. Infine Davigo si spinge fino a dare una veste ideologica alle sue idee. Si dichiara "giansenista". Voi sapete che vuol dire "giansenista? Un certo Cornelius Jansen, teologo olandese, nei primi decenni del seicento fondò una teoria religiosa che si chiamò "giansenismo" e fu fortemente osteggiata dai gesuiti (e poi dichiarata eresia dalla Chiesa cattolica). Il giansenismo sostiene che l'uomo (non parliamo poi della donna...) nasce malvagio e corrotto e solo in alcuni casi (abbastanza rari), attraverso la grazia di Dio, diventa una persona perbene e ottiene la salvezza. La maggioranza dell'umanità, però, è destinata al delitto e all'inferno.
Par di capire che nel giansenismo rammodernato di Davigo la grazia di Dio è sostituita dall'intervento dei Pm. C'è poco da scherzare. Si tratta della dottrina politica più reazionaria che mai si sia manifestata, da secoli, nel nostro paese. Non a caso Davigo rivendica la radice medievale della sua ispirazione intellettuale. Ora il problema è questo: come possono le componenti della magistratura, assai numerose, che si ispirano agli ideali liberali, o alla cultura cattolica, o ai valori della sinistra, far parte di un partito reazionario e oscurantista, il quale, peraltro, si propone esplicitamente di mettere sotto controllo la democrazia italiana?
Nessun commento:
Posta un commento