È stato l'anno
della svolta che ha seppellito la prima Repubblica ma anche quello degli
esordienti in politica. Dal
1994 nulla è stato più come prima. Forse perché, come il 1992, è esistito
veramente e non è stato partorito da un'idea di Stefano Accorsi. Altro che
fiction, ci sono testimonianze nell'elenco dei vitalizi della Camera che
dimostrano come quel Big Bang elettorale abbia inciso sui destini del nostro
Paese, ma anche come la politica non fosse pronta a un grande cambiamento.
Le resistenze alla novità hanno in qualche modo prevalso, ieri come
oggi, e l'impreparazione di molti, insieme all'opportunismo di alcuni, ha fatto
il resto. Più che della «gioiosa macchina da guerra» dei Progressisti di
Achille Occhetto, sbaragliata da Silvio Berlusconi, val la pena di partire da
un segno premonitore nelle circoscrizioni fiorentine. Il Pds presenta un
trentottenne consigliere comunale, il segretario fiorentino Leonardo Domenici
(-51mila euro il suo sbilancio previdenziale), destinato a diventare cinque
anni dopo sindaco del capoluogo. Gli fa idealmente posto un deputato ex dc (Ppi
e sinistra non sono ancora alleati): l'ex
sottosegretario all'Istruzione Giuseppe Matulli (-600mila euro). Se ne torna
nel Mugello a fare il sindaco del suo Paese (Marradi), poi diverrà il vice
di Domenici. Proprio in quegli anni diventa lo «sponsor» politico di uno
studente universitario e caposcout, coinvolgendolo di lì a poco nei comitati
per Prodi e nello staff di un altro diccino di sinistra, Lapo Pistelli. Sì,
Matteo Renzi nasce dalle «porte girevoli» di Montecitorio nel 1994. Certo, agli
occhi della grande stampa in quel periodo desta maggiore attenzione il
pattuglione di homines novi portati in Parlamento da Silvio Berlusconi e da
Umberto Bossi. E, in effetti, rispetto al grigiore del passato la
musica cambia. C'è il professor
Giuliano Urbani (-238mila euro), ideatore del progetto di coalizione
alternativo alla sinistra. Un'idea presentata a Gianni Agnelli e rifiutata
dall'Avvocato, restio a scomporre assetti precostituiti. Il Cavaliere ci crede
e, assieme al gruppo che aveva creduto nel suo sogno imprenditoriale, realizza
un altro sogno: dare una forma alla maggioranza del Paese. La politica, però, è
altra cosa dall'economia: la determinazione non basta. Anche perché
collaboratori come Vittorio Dotti (-317mila) inciampano nel desiderio di
visibilità della propria partner. Altri, come il capogruppo alla Camera
Raffaele Della Valle (-345mila) e come il giornalista Umberto Cecchi (-347mila
euro) non sono effettivamente preparati al clima incandescente, ma più propensi
alle antiche mediazioni.
La Forza Italia delle origini è come un elemento radioattivo: è pesante
(alle Europee di quell'anno superò il 30%) ma è instabile. Un po' perché alcuni
deputati sono più inclini al vecchio lavoro manageriale e presto vi fanno
ritorno come Paolo Vigevano (-113mila euro) e Sandro Trevisanato (-117mila
euro). Un po' perché l'ambizione di altri li porta verso altri lidi. È il caso
della casiniana Ombretta Fumagalli Carulli (-638mila euro) e di Mariella
Cavanna Scirea che nella legislatura successiva entreranno addirittura nella
maggioranza di centrosinistra.
La crisi del primo governo Berlusconi si originò dal colpo di testa di
Umberto Bossi e dall'ingerenza del presidente della Repubblica Scalfaro. Anche
la Lega, però, non era pronta. Quella fu l'ultima legislatura di Franco
Rocchetta (-343mila euro), il fondatore della Liga Veneta incorso negli strali
del Senatur. La svolta «dalemiana» di Bossi non piacque a coloro che nel
centrodestra unito credevano veramente a quel tempo, come Giuseppe Dallara
(-425mila euro), Enrico Hullweck (-149mila euro) e il senatore Renato Ellero
(-235mila). Quest'ultimo, oltre un quindicennio dopo, tornerà agli onori delle
cronache come avvocato del presunto acquirente della casa di Montecarlo nella
quale viveva il cognato di Gianfranco Fini. La sinistra del 1994, invece, non è molto diversa da quella che si
conosce oggi anche se tutti hanno indossato i vestiti nuovi del renzismo.
Ci sono pretori d'assalto come Nicola Magrone (-324mila euro), un Michele
Emiliano ante litteram , e giornalisti come il socialista Vittorio Emiliani
(-428mila euro) che poi sarà ricompensato con un posto nel cda Rai.
Rifondazione porta con sé un giovane cossuttiano torinese: Marco Rizzo
(-136mila euro). Comunista e operaista un po' fuori tempo massimo. Da Il
Giornale
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