sabato 11 dicembre 2010

L’ANPI MI CONTESTA? CHE ONORE!

Noto ancora con straordinaria sorpresa di come sia poco avvezzo l’ANPI alla dialettica politica e di come confonda le offese con il legittimo diritto di dissentire e non condividere.

Io, che sono per tradizione e per cultura antifascista e anticomunista, soprattutto berlusconiana, nipote di un partigiano socialista della Brigata Lavacchini deportato a Mathausen perché colpevole di avere diffuso l’Avanti, contestato il Duce e salvato 4 aviatori americani nel 1944, mai stato fascista a differenza di Bulow e Giuseppe D’Alema, persevero nel mio giudizio su quanti ritengono da giovanissimi di iscriversi all’ANPI e non ci sono manifestazioni di sorta che mi possano far cambiare idea oppure che mi intimoriscano.

Sono abituata ai fischi, agli applausi, sarei interdetta solamente dal fatto di non riuscire ad essere presente in consiglio comunale per godermi il teatrino, possibilità assai plausibile, sarei veramente dispiaciuta di non potermi pavoneggiare dal mio scranno consiliare visto che mi contestano dopo nomi ben più illustri del mio come Pansa, Stella e Bruno Vespa.

I colleghi consiglieri sanno che mi sarà difficile essere presente anche se ce la metterò tutta per non mancare, ma se proprio dovessi mancare queste mie righe servono per togliere ogni dubbio su un mio atto di codardia o paura di essere contestata. Mi sembra che l’ANPI abbia ben pochi scopi da perseguire se perde tempo a contestare anche me.


D’altronde nel paese dove sono nata nella frazione di Crespino ci fu un feroce eccidio per rappresaglia compiuto dai nazisti anche i partigiani per lungo tempo non sono stati ricordati bene ma piuttosto come “partigiani del formaggio” e come coloro che stavano a guardare sui monti mentre i civili venivano trucidati dai nazisti.

Riporto anche volentieri ciò che scrisse Marino Pascoli, giovane giornalista e comandante partigiano di fede mazziniana, assassinato, su La Voce di Romagna del 6 dicembre 1947 : «Prima di tutto dobbiamo distinguere i partigiani veri dai partigiani falsi. I partigiani veri sono coloro che hanno corso sul serio dei rischi, che hanno combattuto con fede per la liberazione d’Italia e questi, a dir il vero, sono pochi. I partigiani falsi che purtroppo sono la maggioranza, sono coloro che hanno fatto i teppisti mascherati, i collezionisti di omicidi, e che andarono in giro col mitra, quando non vi era più pericolo, a fare gli eroi. Questa gente anche se è riuscita a munirsi di un brevetto o di un certificato, anche se oggi milita indebitamente nelle fila dei partigiani, non bisogna avere nessuna esitazione a chiamarla teppa. Teppa da reato comune, macchiata di sangue, di prepotenza e di ricatti……”, Raffaella Ridolfi

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