lunedì 30 gennaio 2012

Addio Scalfaro, peggior presidente della storia della Repubblica

E’ morto Oscar Luigi Scalfaro, presidente della Repubblica dal 1992 al 1999, ex magistrato e “parlamentare a vita”: è stato infatti deputato dal primo parlamento all’ultimo, senza nessuna interruzione di mandato. Aveva 93 anni, e con il rispetto (doveroso) per la morte di un uomo, ci permettiamo di ripetere le cose che qui, da sempre, abbiamo scritto su di lui.

Tutti, oggi, lo ricordano come “difensore della Costituzione” o con espressioni del tipo “custode della Carta”: che è un modo, elegantissimo, per non dire nulla. E’ come ricordare un panettiere perchè “faceva il pane”, o un muratore perchè “costruiva muri”. E’ una tautologia. Infatti un Presidente della Repubblica è il difensore della Costituzione, per definizione.

La verità è che Oscar Luigi Scalfaro è stato il peggior presidente della storia della Repubblica: davvero, il peggiore. Senza dubbio alcuno.


domenica 29 gennaio 2012

RAI : col nostro canone pagherà 1 miliardo e mezzo di vecchie lire a Celentano per fargli ripetere le solite banalità

 

Adriano Celentano ci sarà. A quanto si apprende è stato raggiunto l’accordo definitivo con la Rai per la sua partecipazione del festival di Sanremo.
L’accordo – l’annuncio ufficiale è atteso a breve - confermerebbe le indiscrezioni circolate nei giorni scorsi: massima libertà a Celentano nei suoi monologhi, pur nel rispetto delle leggi e del Codice etico della Rai.
Confermato anche il compenso di Celentano, che ammonterebbe a 300 mila euro a puntata, per un massimo di 750 mila euro.

Tutto questo per sentire un povero vecchio, neanche molto erudito, che dirà le solite retoriche banalità, solite cose da bar anni 60, tipo “salviamo gli alberi, le foche, l’ambiente, … i politici sono dei delinquenti” se sono di destra, oppure sono dei birbantelli se sono tecnici o di sinistra che poi è la stessa cosa.
Ci farà la retorica su come dobbiamo vivere, risparmiando l’acqua, il petrolio , etc., mentre Lui pretende 1 miliardo e mezzo di vecchie lirette per dire “tutto quello che vuole” e fare propaganda comunista senza contraddittorio.
Farà il nome di Monti come di un buon padre di famiglia, e non nominerà Berlusconi ma troverà lo stesso il modo di parlarne male.

e questo sarebbe il grande comunicatore?

se fosse vero, al nostra miseria intellettuale avrebbe toccato il fondo.

Auto blu, cancellate con un decreto reinserite con un bando


Le auto blu, uscite dalla porta, rischiano di rientrare dalla finestra. Il governo con un decreto ha deciso la stretta sui veicoli in uso alle pubbliche amministrazioni stabilendo tetti nella spesa, nuove regole per l’uso e per l’acquisto. Ma dieci giorni dopo il ministero dell’Economia lancia un bando per acquistarne 400 nuove di zecca, personalizzabili con vari colori compreso un bel “blu ministeriale”. Il tutto per la modica cifra di 10 milioni di euro. L’incoerenza della politica, a quanto pare, non risparmia il governo dei tecnici.

Era il 13 dicembre quando il consiglio dei ministri dichiarava guerra al fenomeno, tutto italiano, delle auto di rappresentanza e di servizio in uso presso le amministrazioni pubbliche, centrali e periferiche. Nel mirino non solo le auto blu ma tutto il parco dei mezzi in dotazione presso enti, comuni, province e regioni che secondo un censimento ancora in corsosarebbero oltre 70mila. Un segnale importante per gli italiani in un momento in tempi di nuovi sacrifici, aumenti delle tariffe e liberalizzazioni. “Stop all’auto blu come status symbol” è il messaggio che passa sui giornali. Ma ecco che il 24 gennaio, sul sito del Ministero dell’economia e sul portale Aquistinretepa.it, compare un bando nel quale si annuncia proprio il contrario, cioé la disponibilità a comprare altre 400 vetture per le amministrazioni che ne faranno richiesta. La base d’asta per le imprese fornitrici è di 9.571.000 euro e il termine per le loro offerte è fissato l’8 marzo. Le cilindrate oggetto della gara sono tutte inferiori a 1600 cc con standard minimi di equipaggiamento (climatizzatore, abs, controllo di trazione e stabilità elettronici e ovviamente airbag) e accessori facoltativi ed “extracapitolato” come sensori di parcheggio e pressione pneumatici, sistema start&stop.
Gli acquisti saranno effettuati tramite il sistema centralizzato di gestione Consip in base alle diverse esigenze che perverranno dalle amministrazioni senza limitazioni. Potranno aderire amministrazioni pubbliche senza distinzioni, centrali e periferiche, enti locali e territoriali, corpi di polizia, vigili del fuoco, Asl e così via. Potrebbe essere una buona notizia per le forze dell’ordine che da anni lamentano un parco veicoli ormai obsoleto e insufficiente. Ma da una vocina del capitolato si riaffaccia il rischio che, alla fine, anche chi vorrà far man bassa di auto blu avrà la strada spianata. A leggere la documentazione allegata, le note tecniche e tutto il nutrito materiale del bando si precisa infatti che sono compresi colori base, come il grigio, e “colori di istituto”. Così tra il verde “vem” per le vetture militari e il rosso “ral” per i vigili del fuoco ecco che spunta anche un bel “blu ministeriale”. Il bando precisa poi che gli interni sono standard. Non tutti però, perché l’amministrazione potrà fare richiesta al fornitore di allestimenti diversi e aggiungere a sue spese “interni di pregio”, con relativi costi a proprio carico. Insomma, la versione base è compresa, se vuoi quella elegante a scopo di rappresentanza devi metterci del tuo. Che poi è sempre il nostro, perché che a pagare sia l’amministrazione centrale o quella periferica, sempre di soldi pubblici si tratta.

venerdì 27 gennaio 2012

Coordinamento provinciale di Ravenna

Il Coordinatore, Gianguido Bazzoni

Carissimi amici ed amiche,
ci avviciniamo al primo congresso provinciale del Popolo della Libertà che si terrà domenica 26 febbraio 2012 presso il Cube Hotel di Via Masotti, 2 (Faentina) a Ravenna (Fornace Zarattini) a partire dalle ore 9,30.
Una nuova sfida per tutti noi che in questi difficili anni abbiamo lavorato sodo per garantire anche nella nostra provincia l’unità e la tenuta del movimento voluto dal Presidente Berlusconi.
Noi non siamo di quelli che fuggono alle prime difficoltà! Noi ci siamo stati, ci siamo e ci saremo sempre per dare continuità ad un impegno  lungo diciotto anni, anche per far emergere nuove leve meritevoli che però abbiano ben presente il valore dell’unità del nostro movimento.
                Alla notizia che si sarebbero tenuti i congressi provinciali, da principio mi ero ricandidato alla guida del partito sotto il segno dell’unità e della continuità, chiedendo di essere affiancato come Vice-coordinatore vicario da un giovane promettente come Alberto Ancarani. Tuttavia, a fronte di una possibile nuova spaccatura nel partito, dovuta alla candidatura in forte contrapposizione  contro di  me di Paolo Savelli e sostenuta da un gruppo organizzato che mi ha sempre osteggiato, ho preso in considerazione la possibilità di passare la mano e proporre di eleggere subito alla guida del nostro movimento Alberto Ancarani, permettendo a Savelli di fargli da vice. Questo per chiudere definitivamente le tante lotte di potere, le diatribe, gli attacchi e le liti insensate che tanto male hanno fatto all’immagine del Popolo della Libertà e ci hanno punito elettoralmente. Sarebbe importante cercare di ricomporre un dissidio logorante fin dalla nascita del PDL  e che si è trascinato per tutto il tempo perfino con momenti drammatici come l’uscita di Fini e di un certo numero di dirigenti anche provinciali. 
Ho chiesto a colui che si vuole presentare come mio avversario in questo congresso di fare, lui pure, un passo indietro per sgombrare il campo, come intende fare il sottoscritto lasciando da parte ogni personalismo, per poter addivenire ad un accordo che superi divergenze, egoismi e rancori.
La proposta a Savelli di affiancare Alberto Ancarani, facendogli da Vice coordinatore Vicario, è fatta nel segno di cercare di valorizzare il più possibile i giovani, ma in un clima di concordia e di fattiva collaborazione per il bene del Popolo della Libertà.  La mia proposta, pur generosa nei confronti di questo gruppo guidato da Savelli, che mi ha sempre offeso ed osteggiato, non ha ancora avuto una risposta, anche se spero che prevalga il buonsenso ed il bene supremo del partito.
Sarà mia cura tenervi informati degli sviluppi, nel frattempo vi informo delle  novità che intendo portare all’interno del coordinamento provinciale e che tendono ad ampliare la rappresentanza di questo organo per farlo diventare un vero centro di coordinamento politico organizzativo. Ritengo di poter riuscire in questo intento stabilendo in sede congressuale la presenza nel coordinamento provinciale oltre che dei componenti eletti anche dei Capigruppo e dei Coordinatori comunali dei tre comuni sopra i 30.000 abitanti ed i capigruppo delle Unioni dei Comuni oltre che il Vicecoordinatore della Giovane Italia (essendo il coordinatore già membro di diritto), in questo modo  dirigenti che ricoprono gli incarichi sopraindicati non saranno inseriti nella lista congressuale da votare, aumentando persone ed energie che possono essere impegnate nella conduzione del partito. Tutto questo, come è sempre stata mia abitudine, nell’ottica di coinvolgere più  persone possibile e valorizzare idee e proposte.
Un saluto cordiale
Gianguido Bazzoni
Sono passati diciotto anni dalla "discesa in campo" di Berlusconi, il 26 gennaio del 1994.
Lo festeggiamo con il nuovo focus group che trovi qui in Forzasilvio.it - dove abbiamo elencato i dieci principali meriti che gli attribuiamo dopo tutti questi anni di impegno e di lotta e spetta a te scegliere quale sia il suo merito più grande - con un volantino che raccoglie questi dieci punti e con il lancio del nuovo portale pdl.it.
Come dice lo stesso Berlusconi nel suo messaggio per il nuovo portale, diciotto anni dopo lui non molla e anzi rilancia, proprio a partire da internet, come luogo di ascolto e di dialogo con i suoi sostenitori, a partire da qui, da Forzasilvio.it e dal nuovo portale.
Oggi è anche il nostro compleanno politico. Credo sia importante, per tutti noi essere consapevoli del cammino fatto in tutti questi anni: troppo spesso la comunicazione dei nostri avversari e quella dei media nascondono la nostra storia, tentando di farla dimenticare anche a tutti noi.
on. Antonio Palmieri
responsabile internet PDL

Perchè Nessuno dimentichi. Mai.

“Dicci tu dove tagliare la spesa” perché lo Stato deve spendere meno e interrompere la crescita inerziale della sua spesa pubblica

Davanti alle misure di liberalizzazione proposte dal governo Monti, il Pdl (assumendo che esista qualcosa con questo nome per comodità di argomentazione) si trova in particolare difficoltà. E non è guardando in casa del Pd, dove pure i problemi non mancano, che se ne può trarre qualche consolazione. Quale che sia la portata reale del pacchetto liberalizzazioni (e su questo i dubbi da un punto di vista liberale sono molti) il partito di Angelino Alfano fa fatica a far sentire la sua voce: non è convincente quando dice – come pure sarebbe lecito – “si poteva fare di più”, perché è troppo facile rispondere: “perché non l’avete fatto voi?”. E anche l’ironia dei giornali di centro-destra sul “decreto fantasma” perché scomparso per 24 ore nel tragitto tra palazzo Chigi e il Quirinale, si infrange sul ricordo del “pacchetto sviluppo” rimasto fantasma per più di un anno e poi sepolto per sempre con le dimissioni del governo Berlusconi.

Ma anche le posizioni più scettiche, quelle per intenderci di Fabrizio Cicchitto e altri, che parlano di liberalizzazioni punitive (ma è inevitabile che tutte lo siano almeno un po’), che sembrano inclini a dar ragione alle resistenze di farmacisti, tassisti, autotrasportatori, notai e quant’altro, non arrivano fino e fondo e non prendono forma politica, strette come sono tra la tentazione di accontentare corporazioni ritenute un plausibile bacino elettorale per il centro destra e i sondaggi che testimoniano invece un generale gradimento dei cittadini verso le misure del governo. Senza contare che da un centro-destra, liberale, degno di questo nome ci si aspetterebbe per default un sostegno alla riduzione del peso dello Stato nell’economia e un aumento della concorrenza.
Così al Pdl restano poche cose da dire e tutte senza grande convinzione e senza alcun coordinamento, spesso affidate alla sensibilità dei singoli esponenti e alla loro capacità di accesso mediatico. L’ultima dichiarazione del segretario, Angelino Alfano che si ricordi è di qualche giorno fa e recitava sibillinamente: “la durata del governo Monti dipende dai suoi risultati”. Un po’ poco.

Eppure il terreno di scontro di questa fase politica potrebbe essere ideale per il centro-destra se questo recuperasse un po’ di baldanza e non si facesse troppo intimidire dalle recriminazioni. E’ vero che il governo Berlusconi ha molte inadempienze e promesse non mantenute da farsi perdonare, ma questo non può inibire la sua azione futura e d’altronde quale governo democratico al mondo può vantare l’en plein nella realizzazione del proprio programma? Bastava sentire il discorso sullo Stato dell’Unione di Barack Obama per capire che anche sulle promesse mancate si può costruire un progetto di riscossa.
In fondo il tema delle liberalizzazioni, della lotta alle rendite di posizione, ai privilegi, alla burocrazia; l’impresa di inoculare maggiore concorrenza nel sistema produttivo e di ridurre proporzionalmente il peso della mano pubblica in economia; la semplificazione fiscale, l’idea che le tasse possono essere una cosa necessaria (entro certi limiti) ma non certo “bellissima” come pensava Padoa Schioppa; la convinzione – che andrebbe oggi più che mai rivendicata contro il mantra della sobrietà – che la ricerca del profitto e dell’arricchimento personale sono motori essenziali per la crescita e per il benessere generale di un paese, sono tutti elementi del patrimonio ideale e programmatico del Pdl, molto più di quanto lo siano del Pd.

Non c’è molto tempo da perdere se si vuole che il ritorno in scena della politica veda il Pdl giocare una partita da protagonista piuttosto che da comprimario, e le opportunità per riuscirci non mancano. Qui l’Occidentale ne propone una: una battaglia seria, argomentata e a lunga gittata per la riduzione della spesa pubblica. E’ un’iniziativa che abbiamo chiamato “You Cut”, sulla falsa riga dell’iniziativa presa dal leader della maggioranza repubblicana al Congresso americano Eric Cantor. E’ indirizzata in primo luogo a chi ci legge, perché vorremmo che anche i cittadini si prendessero la responsabilità di dire dove è più giusto tagliare la spesa pubblica e quindi a indicare a quali servizi, sussidi, garanzie, ecc.. sono disposti a rinunciare. Ma si rivolge anche ai legislatori e in particolare al Pdl, perché prenda il meglio delle proposte che usciranno da questo laboratorio e ne faccia materia di iniziativa legislativa o comunque le inserisca nel circuito della propria riflessione politica.

L’idea di fondo è che il perseguimento di per se sano e anche legittimo del pareggio di bilancio si trasforma in una follia suicida in presenza di una spesa pubblica in continua crescita e di un Pil in recessione; vuol dire in sostanza finanziare il pareggio con una pressione fiscale in progressione geometrica fino al totale strangolamento del paese. Pareggiare sprechi e mancata crescita a forza di tasse è esattamente quello che porterà l’Italia verso quel fallimento che si dice di voler evitare. Allora bisogna cominciare a tagliare; lo Stato deve spendere meno o almeno interrompere la crescita inerziale della sua spesa pubblica che procede ininterrotta da decenni. Non è una cosa facile. La prima e più diffusa reazione è quella che dice: tagliare gli sprechi? Sacrosanto, ma quali sono gli sprechi, dove si annidano? Questo è il primo problema. Nessun governo ha mai affrontato seriamente la questione di una “spending review” che mostri in dettaglio dove incidere col bisturi salvando le parti sane della spesa. Così per anni si è andati avanti con i “tagli lineari” tremontiani, gli unici possibili nelle condizioni date. Il secondo problema è che anche quando si individuano con una certa accuratezza i settori da tagliare nessuno ci sta a riconoscersi come tale: scattano quindi le controffensive lobbistiche, si muovono i sindacati, si raccolgono le firme dei cittadini, si occupano le strade, si fa la fila dal presidente della Repubblica che alla fine una parolina di incoraggiamento non la nega a nessuno. Così in genere si fa marcia in dietro si lascia tutto com’è.

Provate a dire che un certo aeroporto è uno spreco di danaro pubblico, o che quel particolare ospedale non serve e butta soldi, o che quella determinata sede giudiziaria potrebbe essere chiusa senza danno e con grande risparmio, o quella sede locale della Banca d’Italia, o quell’Università, o quell’ente, o quel teatro lirico, o quel finanziamento al cinema. Avrete gli artisti sui tetti, i professori in piedi sui banchi, i magistrati in sciopero, i registi al Quirinale, i cantanti lirici al Tg3. Avrete la sinistra, i suoi giornali, i suoi massimi esponenti che vi diranno che la cultura non si tocca, che la ricerca è essenziale, che l’Università è sacra, che i diritti acquisiti, che, che…
La verità è che era tutto vero (anche se non sempre) ma che oggi non lo è più: davanti al rischio di un default alla greca niente in teoria è più intoccabile e ogni cosa che si vuole salvare è un lusso che possiamo permetterci solo a spese di qualcos’altro. Per queste scelte però un governo tecnico è l’ultima cosa che serve, qui entra invece in gioco la politica e nella sua più alta e basilare espressione: la responsabilità di gestire risorse limitate salvaguardando l’interesse generale e rispondendo di quelli particolari che vengono sacrificati.

Per questo ci sentiamo di proporre a quel po’ di politica che ancora si vede nel campo liberale di avanzare idee e progetti in questa direzione, ma anche di chiamare in causa chi ci legge per indirizzare le proposte e le scelte che dovranno essere prese. Collegatevi a You Cut, e scrivete un vostro articolo (non un semplice commento), il più argomentato possibile, meglio se con dati e cifre alla mano e noi lo faremo confluire in un dossier da consegnare ai gruppi parlamentari del Pdl in vista di una auspicabile iniziativa legislativa. Buon lavoro e buon taglio!

giovedì 26 gennaio 2012

Casadio: Il turismo va bene, anzi molto bene

Come cambia il mondo: neppure le proteste sono più le stesse

Come erano le proteste all’epoca del governo Berlusconi? Colorate, pacifiche, animate da giovani e donne, e ovviamente imponenti. I politici della sinistra facevano a gara nell’arrampicarsi sui tetti delle facoltà universitarie e nel cantare Bella Ciao. I collegamenti con i talk show di Santoro, Travaglio, Floris, Lerner e soci erano garantiti e permanenti: la piazza si trasferiva immediatamente negli studi televisivi. E ovviamente aveva sempre ragione.
Come sono percepite a sinistra le proteste oggi? Irresponsabili, corporative, infiltrate dalla mafia o anche dall’estrema destra, contrarie agli interessi dell’Italia e dell’Europa. E naturalmente illegali. Due termini impazzano: “corporazioni” e “rendite di posizione”. Chi protesta oggi, lo fa solo per questo.
Ieri, nell’era Berlusconi, perfino le manifestazioni più violente – come quelle del 15 ottobre o del dicembre 2010 a Roma – erano “guastate da pochi facinorosi”, normalmente “infiltrati”. Oggi invece sono tutte indistintamente brutte sporche e cattive. Tassisti, camionisti, farmacisti.
Sia chiaro: non ci piacciono i camionisti che bloccano le strade e non ci impressionano più di tanto i notai che minacciano di rinviare i rogiti, i due estremi dell’Italia protestataria di oggi. Ma ancora di più ci sembra ridicolo l’atteggiamento dei media di sinistra che non si lasciavano sfuggire neppure una barricata, oggi sono diventati tutti ordine e distintivo.
Quando i professori mandavano in piazza gli studenti contro la riforma della scuola, era un grande fatto democratico. Se poi le donne occupavano piazza del Popolo, allora era una grande festa, cui non mancavano bambini in carrozzina e palloncini colorati. E come, sempre pochi mesi fa, non dare spazio e ragione agli “indignados” di ogni specie?
Proibito, però, manifestare oggi. In questo caso – come ha inconfutabilmente dimostrato ieri sera Gad Lerner, ci sono di mezzo la mafia e i fascisti. Insomma: è sempre più vero che il medium è il messaggio!.

mercoledì 25 gennaio 2012

Un contratto unico e nuovi ammortizzatori al posto della cassa integrazione? Sarà dura, ma noi siamo d’accordo


Entro un mese sarà pronta la riforma del lavoro. Ieri c’è stata la prima riunione tra governo e parti sociali. Entro tre-quattro settimane ci sarà il testo definitivo, ha promesso ieri il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, che ha illustrato per sommi capi le linee della riforma. L’esecutivo lavora su cinque capitoli: tipologie contrattuali, formazione-apprendistato, flessibilità, ammortizzatori sociali, servizi per il lavoro. La linea di marcia è chiara: i contratti flessibili dovranno costare di più, per favorire i contratti a tempo indeterminato. “Solo alla fine del confronto con le parti sociali si potrà parlare di contratto unico”, ha detto il ministro.
Fornero punta anche a un reddito minimo garantito per chi è senza lavoro, anche se al momento non ci sono risorse disponibili, e a limitare la cassa integrazione (Cig), solo ordinaria e di durata breve, studiando nuovi ammortizzatori. A difendere la Cig ci sono però sia la Cisl che la Cgil. Il sindacato di Susanna Camusso (“linee guida non condivise”) e la Uil sono state le confederazioni più critiche sul metodo del governo che fa prefigurare una riforma già pronta. E i partiti? Il Pd plaude all’apertura del tavolo e al tentativo di un accordo ampio. Il Pdl, per bocca dell’ex ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, critica i due pesi e le due misure del governo: finora ha agito per decreti, sul lavoro no.

lunedì 23 gennaio 2012

Cominciano appena a fare quello che da otto anni avremmo dovuto fare noi. Lasciamoli lavorare!

Per una settimana siamo andati di moda. “Liberalizzazione” è stata la parola sulla bocca di tutti. Ma davvero questa è “la prima rivoluzione liberale della storia italiana”, come ha affermato qualche entusiasta? E davvero si è fatto di più con questo decreto che negli ultimi vent’anni, come ha suggerito più d’un commentatore su Twitter?
Guardiamo il bicchiere mezzo pieno: un governo presieduto da un ex Commissario europeo alla Concorrenza, e di cui il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio è l’ex Presidente della Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, ha fatto un forte investimento simbolico sulle liberalizzazioni.
Questa è una buona notizia: l’apertura al libero mercato ci è stata presentata come un pilastro dell’azione dell’esecutivo. La decisione del governo sulla rete del gas sembra, nelle linee generali, coerente con questa ambizione, e anche – entro certo limiti – quella sui servizi pubblici locali. E tuttavia, nel merito di altri provvedimenti, non ci vergogniamo ad ammettere che abbiamo qualche perplessità.
Vale la pena sollevare già ora almeno tre perplessità di fondo:

1.    la “liberalizzazione” è un processo che dovrebbe portare a un abbattimento delle barriere legali che intralciano l’attività economica, e segnatamente l’entrata di nuovi attori in un certo settore. Che c’entrano, con le liberalizzazioni, iniziative che vanno a determinare nuovi obblighi di legge (non funzionali a un maggior grado di concorrenza)?

2.    perché si è accuratamente evitato di incidere con provvedimenti analoghi alla (giustamente, da più parti invocati) separazione della rete gas, in ambiti – quali i servizi postali e il trasporto ferroviario – in cui un intervento di quel tipo è assolutamente necessario su due fronti, ossia stimolare la concorrenza dei new comer ma anche determinare le condizioni necessarie per la dismissione dell’incumbent pubblico? Perché, insomma, in tutti quegli ambiti nei quali la liberalizzazione poteva essere propedeutica alla privatizzazione, il governo ha scelto di non procedere in quella direzione? Perché, caduti Berlusconi e Tremonti, resta a Palazzo Chigi e in via XX Settembre questa ostilità preconcetta contro le dismissioni, che come ci ha ricordato Oscar Giannino sono fondamentali per abbassare l’asticella del debito?

3.    si è investito molto su alcune categorie-simbolo (tassisti e farmacisti), a livello di comunicazione, ma alla prova dei fatti ci si è limitati a rivedere le attuali forme di pianificazione dell’offerta – senza rinunciare al principio che debba essere lo Stato a programmare l’offerta di un certo bene o servizio. In altri ambiti, si è intervenuto sulle reti distributive: andando in qualche maniera a sovrapporsi (e a superare) l’evoluzione del mercato. Ha senso? Può essere una liberalizzazione? Non discutiamo di liberalizzazioni proprio perché la pianificazione dell’offerta da parte dello Stato è risultata fallimentare? O siamo convinti che i pianificatori “buoni” riusciranno laddove quelli “cattivi” hanno fallito?

Più di tutto, però, abbiamo una preoccupazione: ci spaventa che da lunedì il dibattito pubblico possa considerare le liberalizzazioni una storia già scritta. Purtroppo molto resta da fare per liberare l’economia italiana. Oggi più che mai è importante non abbassare l’attenzione e non mollare la presa

mercoledì 18 gennaio 2012

Verso il congresso del Pdl

Go Monti, go

Liberalizzare è necessario. L’Italia è in recessione e la manovra più semplice e a costo zero per rilanciare l’economia è senza dubbio quella di aprire alla concorrenza. Liberalizzare tutto e velocemente, senza tappe intermedie. È obbligatorio, altrimenti si rimane in un limbo dove tutte le categorie si mettono di traverso per evitare di perdere una rendita da posizione dominante. La protesta dei taxi sarà forte, così come quella delle farmacie, ma non devono spaventare il Governo. Sono solo due delle piccole categorie dove esistono dei limiti d’accesso molto forti, ma chiaramente non sono le uniche che necessitano maggiore concorrenza.
E la prima bozza del decreto liberalizzazioni sembra andare nel verso giusto; certo qualche cosa in più potrebbe essere fatto, ma tutti i settori economici sono toccati, dalle autostrade fino alle assicurazioni, dal trasporto pubblico locale fino ai notai e gli avvocati. Non è bene parlare prima di quando il decreto sia definitivo, soprattutto in Italia, dove nemmeno il definitivo è definitivo, ma è bene fare pressione affinché il Governo sia incisivo.

Il 19 gennaio sarà una data cruciale per il destino dell’Italia, come ci ha giustamente ricordato Standard & Poor’s che ha provveduto a far cadere di due gradini il grado di solvibilità del nostro paese.Quali le motivazioni di tale bocciatura? I soliti motivi, si potrebbe dire. In primo luogo l’elevato livello di debito, che ci fa pagare un differenziale con la Spagna (che fino ad un mese fa aveva un interesse sul debito uguale al nostro) tra un punto e mezzo e due punti superiore. Secondo, ma non meno importante, la lungaggine nell’arrivare a tale “decreto liberalizzazioni”. I mercati si sono innervositi a vedere che la prima manovra Monti è stata troppo incentrata ad aumentare la pressione fiscale, senza intaccare gli sprechi e le inefficienze del nostro sistema paese.
È possibile che le nostre imprese paghino il 68 per cento di tasso totale di tassazione?
È possibile che la burocrazia sulle start up costi fino a mezzo punto percentuale di prodotto interno lordo all’anno?
È possibile che ogni anno vengano buttati due miliardi di euro per finanziare un trasporto pubblico locale caratterizzato da costi doppi a quelli svedesi o della Gran Bretagna?
È possibile che per le auto blu vi siano costi per lo Stato di diversi miliardi di euro l’anno?


Ora, mentre alle ultime due domande il Governo sta rispondendo con l’eliminazione di gran parte delle auto blu e una liberalizzazione del trasporto pubblico locale, sul tema tasse e diminuzione della burocrazia ancora molto, tutto è da fare.
Non è ancora finita la fase due del Governo Monti, ma dopo la prima di “più tasse”, la seconda di “più liberalizzazioni”, è bene passare velocemente ad una terza di “meno burocrazia” e meno “patrimonio pubblico”.
È bene inoltre procedere velocemente alle privatizzazioni di una parte importante del patrimonio pubblico (molto di più di quanto è stato fatto nella prima manovra Monti), per abbattere velocemente il debito e dunque diminuire la spesa per il debito che potrebbe sfondare i 100 miliardi nei prossimi anni.
Se infatti i tassi d’interesse dovessero mantenersi a lungo intorno al 7 per cento, è facile che la spesa per pagare il nostro debito (1900 miliardi di euro circa) possa crescere nel prossimo quinquennio fino alla fatidica soglia appena segnalata.


Dice un proverbio che non è bene mettere troppa carne al fuoco, ma l’Italia ha bisogno velocemente di una fase due e di una fase tre del Governo Monti, se vuole evitare di fare la fine della Grecia.

Andrea Giuricin
http://www.chicago-blog.it/

martedì 17 gennaio 2012

COMUNICATO CANDIDATURA SAVELLI

Sarà anche vero che non c’è pericolo per l’uomo ma….

Sondaggio per l’indipendenza delle regioni

Ogni tanto testiamo, all'interno, del nostro rilevamento mensile, i sentimenti d'indipendenza che nutrono gli italiani. Il tema è molto delicato, nello specifico la nostra domanda è indicata nell'immagine sopra, in alto a destra.
L'ultimo rilevamento, con analoga domanda è vecchio di quasi un anno. E' stato pubblicato in data 19 gennaio.
I dati che otteniamo in quest'ultimo sondaggio non sono troppo diversi. Il NO vince ovunque, in Veneto sarebbe testa a testa. In Lombardia i SI sarebbero al 45% e anche in Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia i SI sono molto sopra il 40%.Il Nord-Ovest ha dati più in linea con quelli dell'Emilia Romagna, poco più di 1/3 è per l'indipendenza.
Nelle Zone Rosse, Emilia Romagna a parte, i SI sono ampiamente sotto il 30%, comunque sopra il 20.
Nel Centro-Sud ovunque otteniamo dati compresi tra il 10 ed il 20%. Eccezion fatta per le isole. 1/4 degli elettori di Sicilia e Sardegna votano SI.All'interno dei partiti si nota come la LN sia compatta sul SI, interessante anche il dato del PDL, intorno al 40%. Poco sopra il 10% il dato dei principali partiti del PDN. Nel CSX ci sono dati disomogenei, SI molto bassi per PD e SEL, sensibilmente più alti per IDV.
SI piuttosto forti nel M5S.I dati interni ai partiti sono molto soggetti a variazioni tra Nord e Sud. Il PDL, per esempio, ha i SI intorno al 60% al Nord. Per PD e IDV si hanno dati più alti nelle regioni centrali

venerdì 13 gennaio 2012

TRASPARENZA COMUNE DI BAGNACAVALLO: COME VENGONO EORGATI I CONTRIBUTI?

INTERPELLANZA AL SINDACO
I sottoscritti consiglieri, del Gruppo Lega Nord – Popolo della Libertà, Francesco Zannoni e Samantha Gardin interpellano l’Amministrazione nella persona del Sindaco Laura Rossi in merito alle notizie diffuse dalla stampa riguardo un notevole ammanco avvenuto nelle casse della  Associazione AIDO.
  1. In particolare, avendo questa Amministrazione appena erogato con delibera n° 143 del 22.12.2011 un contributo di euro 400, siamo a chiedere con quali criteri vengono erogati detti contributi a fronte di un solidissimo bilancio della Associazione stessa.
  2. Inoltre chiediamo se mai questa Amministrazione ha provveduto a verificare le reali esigenze di detta Associazione ed ovviamente, se questo avviene in tutti i casi nei quali le Associazioni di volontariato, vero fiore all’occhiello del nostro territorio, sono a richiedere fondi per le loro attività.
13 gennaio 2012, Bagnacavallo Francesco Zannoni Samantha Gardin


“FAENZA C’ENTRO” BILANCIO PISTA DEL GHIACCIO: QUASI 6.000 PRESENZE UN SUCCESSO. 2.900 CON INGRESSO GRATUITO OFFERTO DAI COMMERCIANTI.


A BAGNACAVALLO IL CIRCO DELLA PACE 3.820 PRESENZE

LA CORTE COSTITUZIONALE E IL PARLAMENTO FANNO UN FAVORE A MONTI

REFERENDUM RESPINTI, COSENTINO LIBERO SU VOTO DELL’AULA. COSI SI ALLONTANA IL FANTASMA
Salvato dalla custodia cautelare, a scrutinio segreto, Nicola Cosentino. Bocciato dalla Corte costituzionale il referendum sulla legge elettorale. I due fatti politici del giorno concorrono a rassicurare i partiti – a esclusione delle forze più movimentiste come la Lega revanscista di Roberto Maroni – e il governo tecnico di Mario Monti: effetto stabilizzante per tutti. Il personale politico riempie le agenzie, i quotidiani e i telegiornali di dichiarazioni stentoree relative alla necessità di intervenire comunque sulla riforma della legge elettorale, malgrado la bocciatura della Consulta: Angelino Alfano, Pier Luigi Bersani, Pier Ferdinando Casini. Eppure, nei corridoi del Palazzo, i dirigenti dei partiti, ma anche il presidente del Consiglio Monti (e il grande regista dell’operazione tecnocratica, Giorgio Napolitano) ieri hanno tirato tutti un sospiro di sollievo: nessuna corsa verso l’ignoto per forze politiche impreparate alle urne e per coalizioni esplose o profondamente esulcerate dai nuovi equilibri; nessun rischio che qualcuno, in Parlamento, sia tentato da un ricorso alle elezioni anticipate che disarcionerebbe Monti al solo fine di evitare una riforma del sistema di voto potenzialmente sgradita o nociva di interessi elettorali. D’altra parte il cosiddetto “porcellum”, per quanto impopolare, garantisce equilibri sedimentati e non scontenta nessuno, nemmeno i suoi più accesi contestatori.  Si spiega così il timido, e inconfessabile, sussurrare che fa eco in tutte le segreterie di partito: la riforma elettorale? Non si farà. Solo Antonio Di Pietro si agita e si lamenta per il mancato arresto di Cosentino. Maroni assume un profilo mesto, ma è in realtà preoccupato dai guai nella Lega. Tutti i partiti hanno concorso a mettere in salvo il coordinatore campano del Pdl: una maggioranza superiore a quella che aveva Berlusconi nei tempi migliori. Nessuno, in Parlamento, è alla ricerca di discontinuità, nessuno ha voglia di sfidare il demone dell’incertezza. Così persino l’Idv dà un po’ l’impressione di recitare, di essere obbligata al ruolo di scena: è la contorsione giustizialista che ci si aspetta da Di Pietro; un brand, mai deludere il pubblico. Ma le convenienze politiche sono un’altra storia. © - FOGLIO QUOTIDIANO di Salvatore Merlo

LIBERALIZZAZIONI FARMACIE: CONCENTRAZIONE NEL PUBBLICO IN ROMAGNA

giovedì 12 gennaio 2012

FUORI COSENTINO DAL PDL MA FUORI ANCHE HERA DAL MONOPOLIO DEI NOSTRI COMUNI

CONTI PUBBLICI, LA BUONA EREDITA’ DI BERLUSCONI


 “Il tempo è galantuomo”, ama ripetere Silvio Berlusconi. E non è il solo a dirlo. In base ai fatti, si va diffondendo la convinzione che il governo guidato da Berlusconi non fosse tanto male, se era riuscito a tenere i conti pubblici sotto controllo senza aumentare le tasse. Una conferma è arrivata dall’Istat, che ha reso noti i dati sull’indebitamento delle Amministrazioni pubbliche nel terzo trimestre 2011, relativo quindi ai mesi di luglio, agosto e settembre dello scorso anno. Il  rapporto tra deficit e Pil è stato pari al 2,7%, inferiore di 0,8 punti percentuali sullo stesso periodo del 2010 quando era al 3,5%. Si tratta del miglior dato dal terzo trimestre del 2008.  Se poi si guarda all’insieme dei primi nove mesi del 2011, il rapporto tra deficit e Pil risulta pari al 4,3%, e quindi inferiore di 0,3 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2010 quando era al 4,6%. Anche in questo caso, è il miglior dato dai primi nove mesi del 2008. Parallelamente, nel terzo trimestre 2011 le entrate totali sono aumentate in termini tendenziali dell'1,4% mentre la loro incidenza sul Pil è stata pari al 43,7%, in lieve riduzione rispetto al 43,8% del corrispondente trimestre del 2010. In altre parole, senza affondare le mani nelle tasche dei cittadini, il governo Berlusconi era riuscito a migliorare i conti dello Stato nella convinzione che quanto più potere di acquisto si lascia ai consumatori, tanto più si sostengono le prospettive della ripresa economica che, e questo è un dato oggettivo, dipende dalla congiuntura internazionale a causa della forte integrazione dell’economia italiana in quella europea e internazionale.

mercoledì 11 gennaio 2012

TRASPARENZA COMUNE DI BAGNACAVALLO: IL CIRCO DELLA PACE, TUTTI I NUMERI DELLA QUINTA EDIZIONE

HA INCASSATO €. 30.674, PERSONE PRESENTI N. 3.820.
PERCHE IL COMUNE NON PUBBLICA LE DETERMINE E LE DELIBERE DI GIUNTA PER VERIFICARE IL COSTO REALE DELLA MANIFESTAZIONE: SPESE, INCASSI, SPONSORS, ECC. 

Domenica 8 gennaio si è concluso il Circo della Pace, l'evento speciale ideato da Ruggero Sintoni, Accademia Perduta e Alessandro Serena per il Comune di Bagnacavallo giunto alla sua quinta edizione, che ha visto venti repliche dello spettacolo "Homeless. The wandering of the circus - Casa dolce casa" ospitate sotto il tendone di piazza della Libertà a partire dal 22 dicembre, giorno dell'inaugurazione.  Ben 3.820 persone di ogni età hanno visto esibirsi gli artisti Carlo Rossi, Daniel Romila e gli acrobati, equilibristi e giocolieri della Fondazione Ocelot (Polonia) e Magyar Circus Art (Ungheria) in uno spettacolo di Marcello Chiarenza, Alessandro Serena e Cialdo Capelli La media di spettatori per ogni replica è stata per questa edizione di 191 contro i 174 di quella scorsa. L'edizione 2011-2012, che ha registrato un incasso di 30.674 euro (quasi mille euro in più dell'edizione precedente), ha avuto inoltre una notevole eco mediatica: grande attenzione al Circo della Pace è stata infatti riservata dalla stampa, dai siti web, dalle radio, dalle tv locali e nazionali, con servizi dedicati all'evento da Tg1 e Tg3. Il Circo della Pace è stato poi protagonista, quest'anno, di un ulteriore, prestigioso riconoscimento con l'invito al Festival Internazionale del Circo di Montecarlo che ne ha colto la straordinaria valenza e unicità. "Si tratta di dati significativi - sottolinea il sindaco Laura Rossi - che testimoniano come il Circo della Pace si sia confermato anche quest'anno come uno degli appuntamenti più attesi e seguiti a livello provinciale e regionale in occasione delle festività natalizie. Un progetto di grande valenza culturale e sociale che ci ha consentito di ottenere importanti patrocini istituzionali e l'apprezzamento del Presidente della Repubblica che ha conferito alla manifestazione una propria medaglia di rappresentanza per ben due

INCREDIBILE, ORA SEI RAZZISTA SE DICI DI ESSERE ITALIANO

UN MACELLAIO DEL BERGAMASCO ACCUSATO DI “NAZISMO” PER UN CARTELLO CHE INDICA LA NAZIONALITA’
Mai più vantarsi del made in Italy. Questo tricolore che tanto sbandieriamo, soprattutto negli ultimi mesi di enfasi unitaria, sta diventando scomodo. Abbiamo vissuto anni in cui il solo pronunciare la parola patria e mettere alla finestra una bandiera diventava oggetto di caccia all’uomo: era, quella, la stagione di una certa egemonia, che eliminava come nostalgie fasciste anche le più elementari espressioni di identità nazionale.In seguito la storia ha un po’ camminato. Prima gli slanci repubblicani e risorgimentali di Ciampi, poi tutto il fritto misto del centocinquantesimo anniversario, in qualche modo hanno ripulito la bandiera dalle sovrastrutture ideologiche, restituendole la sua missione originaria di unire, non certo di dividere. Un buon lavoro di tutti quanti. Ma potrebbe essere inutile. La luna di miele sembra già finita: improvvisamente, esibire il tricolore e proclamarsi italiani procura una nuova patente, nemmeno così nuova, nemmeno così originale, più che altro buona per tutti gli usi e per tutte le occasioni: razzismo. Né più, né meno. È L’Eco di Bergamo a raccontare l’esperienza surreale di Antonino Verduci, macellaio in Treviglio, vetrina direttamente sul centro storico. Non è ben chiaro come e perché, ma ad un certo punto le sue vendite hanno cominciato a scendere in modo preoccupante, per via di un’inspiegabile nomèa nata attorno al negozio: è gestito da marocchini musulmani, si raccontava in giro, magari vende carne particolare che arriva da chissà dove. Stanco di passare per quello che non è, bravo o cattivo che sia come venditore, comunque non straniero, il macellaio ha dunque deciso di avviare una personalissima

KULAK HOME

Quello che preoccupa di questi tempi è l’involuzione culturale per cui la proprietà privata diventa quasi un furto e i sogni piccolo borghesi come una casa di proprietà, un bilocale al mare, la possibilità di aiutare i figli a farsi quattro mura o avviare un’attività, meritino una sorta di stigma sociale.
“Vi è una situazione per cui il contadino ha paura di farsi un tetto di lamiera perché teme di essere dichiarato kulak, se acquista una macchina cerca di fare in modo che i comunisti non se ne accorgano. La tecnica avanzata è divenuta clandestina [...] oggi questi metodi ostacolano lo sviluppo economico. Oggi dobbiamo eliminare una serie di restrizioni per il contadino agiato da un lato e per i braccianti che vendono la propria forza lavoro dall’altro. La lotta contro i kulaki deve essere condotta con altri metodi, per altra via [...] A tutti i contadini complessivamente, a tutti gli strati di contadini bisogna dire: arricchitevi, accumulate, sviluppate le vostre aziende. Soltanto degli idioti possono dire che da noi deve sempre esserci povertà. ”
(Nicolaj Bucharin, rivoluzionario e dirigente del PCUS purgato da Stalin nel 1938)

TUTTI UGUALI, LA STORIA SI RIPETE, IL SOTTOSEGRETARIO DI MONTI (E ANCHE SEGRETARIO GENERALE CON IL GOVERNO PRODI) E LE VACANZE GRATIS “A SUA INSAPUTA”


Così fan tutti, ci risiamo. Questa volta è il turno del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Carlo Malinconico, beccato – come tanti altri – a fare vacanze e pagate da altri. Si tratta di fine settimana da 20.000 euro in strutture di lusso e di particolare interesse, tutte pagate dalla “cricca” cioè da Piscicelli, Anemone e Balducci (sempre loro, che ci volete fare)  Sul Fatto Marco Lillo ha ricostruito l’intera vicenda in maniera impeccabile, ma ogni quotidiano ormai riprende la vicenda. Aanche in questo caso stupisce la reazione del diretto interessato, che si difende affermando: “Solo ora apprendo che mi hanno pagato le vacanze” Ecco, lo dicevamo: ci risiamo. A Scajola è stata pagata la casa “a sua insaputa” (a proposito: casa che continua ad abitare, non l’ha mai venduta), a Malinconico, invece, venivano pagate le vacanze di lusso. Extra lusso, anzi. Che ci volete fare. Sono fortunati, loro.

martedì 10 gennaio 2012

L’ASL NON PAGA I FORNITORI: DA PIACENZA A RIMINI,IN MEDIA, CI METTONO 288 GIORNI, PEGGIO DELLA SICILIA E DI TUTTE LE REGIONI DEL CENTRO-NORD. L’ASL DI FORLI FANALINO DI CODA REGIONALE 17 MESI D’ATTESA

Ai primi posti ci sono le Asl di Calabria, Campania e Lazio, con i loro purtroppo ormai noti tempi biblici di pagamento dei fornitori: oltre i due anni per le prime due, 387 giorni per la regione di Polverini. Ma la vera sorpresa è l’Emilia-Romagna, con una media di 288 giorni di ritardo per saldare le fatture. Peggio della tanta bistrattata Sicilia, e di tutte le regioni del nord e del centro. Una prestazione decisamente pessima che, sul versante dei pagamenti ai fornitori delle aziende sanitarie, avvicina il sistema emiliano romagnolo a quello di Puglia (309 giorni) e Sardegna (312). Nella sostanza nel gruppo delle peggiori e ad una distanza abissale dalle regioni virtuose. A partire dalla Lombardia, le cui Asl saldano i propri debiti con i fornitori con un tempo medio di soli 112 giorni. Ancora meglio Friuli Venzia Giulia e Trentino Alto Adige, che riescono a chiudere i pagamenti in soli tre mesi. Insomma poco da sorridere per una regione, l’Emilia-Romagna che ha sempre sventolato con vanto l’eccellenza dei propri servizi. Se di eccellenza si può ancora parlare, non si può certamente più farlo nei confronti dei fornitori delle aziende sanitarie, che per essere pagati devono aspettare 8 mesi e mezzo. In media. Ma se si analizzano i dati diffusi dal centro studi della Cgia, l’associazione artigiani e piccole imprese di Mestre, si scoprirà che l’Asl di Forlì per pagare si prende quasi 17 mesi di tempo, per la precisione 509 giorni. Il Policlinico di Modena fa un po’ meno peggio, 480 giorni. Subito dopo, terza nella classifica dei peggiori a livello regionale, l’Asl di Bologna. Per l’azienda sanitaria bolognese sforato l’anno di attesa per eseguire un pagamento: 372 giorni che la tengono ben lontana dalla media nazionale di 299, già pessima di suo visto che una recente direttiva europea fissa a 60 giorni il tempo massimo di pagamento dei fornitori esterni.

LA CRISI TUTTA COLPA DI FINI, IL PARERE DI TREMONTI: PER QUESTO SUO EGOISTICO ED EGOGENTRICO MODO DI CONDURRE LA PROPRIA POLITICA PERSONALE. E’ INAFFIDABILE SOTTO TUTTI I PUNTI DI VISTA.

Aldo Cazzullo, sul Corriere della sera, ha domandato a Tremonti quale sia il motivo della caduta del Governo Berlusconi: forse a causa della crisi? Dell’Europa? O degli errori dello stesso Governo?L’ex ministro risponde riportando che tra il 2008 e 2010 sia nei sondaggi che nelle tornate elettorali, senza un solo giorno di sciopero generale, il governo ha sfidato la fatale legge di gravità che spingeva in caduta tutti gli altri governi europei, in quanto risultava positivo il trend dell’Italia tanto per l’Europa che per il mercato finanziario. Poi col 2010 è iniziato l’”annus horribilis” con la rottura politica di Fini, con la successiva illusione dei “responsabili” di reggere una maggioranza di governo …

PERCHE’ LA LEGA INVESTE MILIONI DI EURO IN TANZANIA E NON IN PADANIA?

La Lega Nord per l’indipendenza della Padania ha investito diversi milioni di euro in Tanzania e Cipro. Si tratta di operazioni finanziarie in fondi specializzati, che garantirebbero un rendimento elevato. Il Secolo XIX ha ricostruito l’intera vicenda, che oggi è su tutti i quotidiani, la Lega Nord per l’indipendenza della Padania ha investito diversi milioni di euro in Tanzania e Cipro. Si tratta di operazioni finanziarie in fondi specializzati, che garantirebbero un rendimento elevato. Il Secolo XIX ha ricostruito l’intera vicenda, che oggi è su tutti i quotidiani, e intanto si viene a sapere che i soldi investiti sono quelli del finanziamento pubblico. Mica male. Matteo Salvini, esponente di spicco della Lega, è polemico verso il suo partito: “Il nostro quotidiano è in difficoltà economiche (e rischia la chiusura, notadidaw) e molte sezioni della Lega chiedono i soldi ai militanti per pagare l’affitto a fine mese… e poi leggiamo della Tanzania. Spero che ci sia una spiegazione per ogni quattrino speso”. Già. Perché investire tutti quei soldi in Tanzania e non in Padania?

sabato 7 gennaio 2012

NUDI ALLA META


Il buco nell’acqua è una cosa simbolica. Il buco che fanno nei nostri conti è invece una cruda realtà.
E almeno i sacrifici servissero  a qualcosa. Ma invece ogni giorno che passa è sempre peggio. Abbiamo ( hanno ) messo al Governo  degli incompetenti, supponenti e boriosi che nella loro vita non sono mai entrati  in una fabbrica o in un supermercato Lo si vede ogni giorno dai provvedimenti che fanno e soprattutto da quelli che non fanno Massacro della povera gente,  tagli zero, equità solo a chiacchiere, consumi in calo, piccoli imprenditori che si suicidano, uno dietro l’altro, spread ai massimi livelli, borse a picco, risparmi che diventano carte straccia, inflazione al galoppo, disoccupazione anche di più. Ciò che fa o che non fa comunque non si vede,  perché questo governo messo lì in malo modo,  è oltre che “sobrio”, anche molto “segreto” Trapelano solo piccole cose, ma grandemente sbagliate tipo custodia degli arrestati nelle caserme, non attrezzate, tipo casa gratuita per gli zingari, mentre ai cittadini  rimettono l’ICI e aumentano i valori catastali tipo abolizione tassa per i permessi di soggiorno,  forse per paura che se ne scappino via E la credibilità?  Quella  inventata  che il Governo eletto non avrebbe avuto?  Il perché non so.   Anzi, lo so. E’ credibilità quella di Monti che ha ridicolizzato  la Parola d’onore dello Stato con i capitali scudati? La Parola d’onore dello Stato, non la sua personale, della quale non ce ne fregherebbe proprio  niente E la fretta?   La fretta di cacciare il Governo, quello vero? Dopo il “Salvitalia”, che era solo un sadico inasprimento  della piccola parte di “tasse” delle manovre di Berlusconi, NIENTE, sono ancora lì ad aspettare gli ordini dalla Merkel e a cincischiare con le parti sociali. Poi con “sobria” calma andrà in Parlamento e se va bene la miracolosa “Crescitalia” vedrà la luce in aprile. Sugli effetti poi, è nebbia fitta, molto fitta. Se la recessione ci lascia arrivare fino ad aprile !

BALNEARI IL VERTICE DEL TERZO POLO NEL MARE BLU: FINI, CASINI E RUTELLI.

IN TEMPI DI CRISI I TRE LEADER VOLANO NELL’OCEANO INDIANO PER UN BRINDISI ESOTICO. ORMAI E’ UFFICIALE: LA POLITICA E’ IN VACANZA.
In tempi di crisi della politica, il Terzo Polo se ne sta alla larga dai palazzi romani. Lontano, lontano, lontano. Alle Maldive, in barba al diktat della sobrietà. Sarà un caso, una coincidenza ma il fatto che Pierferdinando Casini, Gianfranco Fini e Francesco Rutelli abbiano passato il Capodanno tutti su un atollo maldiviano non può passare inosservato. Che si sia trattato solo di un brindisi esotico? E se invece il ritrovarsi tutti insieme su una distesa di sabbia bianca, davanti ad acque trasparenti, così distanti da quelle torbide della politica, non sia stato un modo per cominciare a parlare del futuro? Un viaggio, come dire, strategico per mettere qualche paletto per la futura campagna elettorale. Pierferdinando Casini e Gianfranco Fini (che ha festeggiato il sessantesimo compleanno in costume da bagno) non hanno spiegato le ragioni del loro viaggio extra-lusso in tempi di vacche magre, Francesco Rutelli, invece, ha subito messo le mani avanti. Nessuna ragione di Stato, a spingerlo nelle acque dell'Oceano Indiano è stato il cuore. Ha spiegato infatti che era laggiù per il viaggio di nozze mai fatto con la moglie Barbara Palombelli. L'amore, certo. Ma è difficile pensare - oltre al "cin cin" di fine anno - i tre moschettieri centristi non si siano scambiati altre parole. Gianfry, Pieferdy e Francesco: il Terzo Polo si è trasferito alle Maldive. Lontano dalla sobria Italia montiana che festeggia il Capodanno con il solito cotechino.