Il leader punta a dare la spallata a Renzi:
«Metterò mano al partito dopo il voto»
Francesco Cramer - Roma Berlusconi tira la volata al No,
tiene d'occhio con apprensione Strasburgo e medita un rimescolamento di carte
in Forza Italia. Rientrato in mattinata ad Arcore, il Cavaliere continua a
tessere la sua tela. L'ultima mossa è stata quella di varcare il portone di via
XX Settembre, sede dell'ambasciata inglese a Roma. Un incontro estremamente
cordiale con la nuova ambasciatrice Jill Morris, nominata nel luglio 2016.
Durante il colloquio Berlusconi, accompagnato da Gianni Letta e Valentino
Valentini, ha potuto ripercorrere i suoi dieci anni di politica estera,
sottolineando l'amicizia che ha sempre legato i due Stati e rievocando l'ottimo
rapporto avuto con i leader inglesi, sia laburisti sia conservatori.
Naturalmente s'è parlato pure di Brexit e, su questo punto, l'ex premier ha
sottolineato come l'eventuale vittoria del No al referendum non avrà alcun
effetto catastrofico sul Paese. Tutt'altro: la bocciatura della riforma potrà
essere il volano per fare una riforma ben più efficace ma soprattutto condivisa
e non lacerante. «Così come la fecero i padri costituenti nell'immediato
Dopoguerra». Discorso da leader, accoglienza da leader. Peccato che Berlusconi
sia un Cavaliere dimezzato a causa della decadenza votata da palazzo Madama il
27 novembre del 2013. Ma la questione non finisce qui, per l'ex premier. Il
quale guarda con apprensione a Strasburgo, sede della corte europea che
potrebbe ridonargli onorabilità ed eleggibilità. Strasburgo s'è sempre mossa
con disarmante lentezza ma a infastidire il Cavaliere è l'atteggiamento del
governo. Lo Stato italiano, infatti, proprio in questi giorni avrebbe dovuto
spedire alla Corte una contro-relazione sul caso. Ma palazzo Chigi ha chiesto
agli eurogiudici una proroga di un mese per presentare il proprio dossier,
tenendo ulteriormente il Cavaliere sulla corda. Proroga concessa
che allunga ulteriormente i tempi della sentenza. Una decisione, quella
di palazzo Chigi, che non fa piacere a Berlusconi convinto com'è di non essere
ancora riuscito a trovare un leader in grado di prendere il suo posto. Così
continua ad essere lui a guidare la baracca e dettare la linea. Il partito è
ben felice che il condottiero resti il Cavaliere anche se nessuno nasconde la
necessità di una messa a punto. Lo stesso Cavaliere lo ha anticipato nella
riunione con i big azzurri, giovedì scorso: «Metterò mano a Forza Italia ma
dopo l'esito del referendum. La priorità è la vittoria del No». In ogni caso
l'ex premier avrebbe intenzione di nominare uno o più coordinatori nazionali.
Per ora quelle funzioni sarebbero svolte di fatto dal fedelissimo Niccolò
Ghedini ma un domani potrebbero arrivare altre nomine. La tentazione sarebbe
quella di puntare su Mara Carfagna, giovane e preparata ex ministro. Ma non si
scarta neppure l'ipotesi di un direttorio dove potrebbero entrare anche
Mariastella Gelmini o lo stesso Ghedini.
Quando si parla di galloni si toccano sempre argomenti delicati e
divisivi. Ecco perché alla fine Berlusconi decide di non premere
sull'acceleratore e di aspettare il risultato del referendum. Poi si apriranno
altre partite cruciali quali quella sulla legge elettorale. E quello sarà uno
snodo determinante anche per i rapporti con gli alleati storici. Con un accordo
sul proporzionale si potrebbe allentare anche il pericolo abbraccio con il
Carroccio a trazione salviniana. Ma la strategia del Cavaliere è quella del «un
passo alla volta».
E il primo passo è quello di indebolire Renzi e rimettersi al centro del campo
della politica.
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