“No alla patrimoniale”, questo il
dietrofront di Bersani, tanto per essere in linea con la tanto sbandierata
credibilità. Questa ennesima inversione
del segretario candidato a Palazzo Chigi toglie ogni velo di spocchiosa
superiorità dell’ex Pci-Pds-Ds-Pd. Sta rincorrendo in tutto e
per tutto il Cavaliere. E la stessa cosa sta facendo Monti. La patrimoniale è uno dei cavalli di battaglia del programma del Pd e di
Sel, eppure si riesce a fare marcia indietro. Se lo fa il
Berlusca lo seppelliscono di risate, se lo fa Bersani è un passo lungimirante
di una persona perbene. La solita ipocrisia che serpeggia da una certa parte
politica. La superiorità morale non è di casa nemmeno nel Pd. Basti pensare al
primo scivolone pubblico di Bersani. Tra le tante cose dette dinanzi ad una
platea di giovani al primo impatto con il voto c’è stata la rivendicazione
dell’onestà. Per il segretario del Pd l’onestà
deve essere uno dei cardini di ogni uomo e soprattutto di ogni politico. Quale
riferimento dobbiamo prendere? Forse quello di Penati che secondo l’accusa dei
pm avrebbe intascato fior di tangenti? E dov’è confluito il fiume di denaro
illecitamente percepito? Nelle sole tasche dell’ex braccio destro di Bersani o
forse in quelle del partito? Anche nella commedia tangentizia degli anni ’90 il
partito si salvò grazie al signor G che si prese tutte le colpe. Adesso sarà il
signor P a fare da parafulmine, all’insaputa
di Napolitano, Bersani e D’Alema. “Non credo ci voglia una
patrimoniale: abbiamo già una
patrimoniale sugli immobili e si chiama Imu”, questo dice il
candidato centrosinistro che non racconta favole. In pratica dice le stesse cose che dice Berlusconi.
Solo che lui è visto come un santo, mentre il Berlusca è percepito come il
diavolo. Si vede che l’esperienza francese sta facendo venir meno le certezze
piddine. Si era partiti col far piangere
i ricchi e si finisce col far piangere tutti. Anzi sono soprattutto le fasce medio-basse a soffrire di
più: soffocati da tasse e dalla mancanza di prospettive per i
propri figli. E la cosa paradossale è che Bersani,
Vendola e Monti si apprestano a governare assieme. D’altronde questo è il progetto di D’Alema, da
sempre espresso con convinzione. Che l’accordo sotto il banco sia cosa fatta
questo è chiaramente deducibile dalle continue effusioni tra Bersani e Monti e
i silenzi di Vendola. Da diversi giorni infatti non partono più dardi offensivi
dalle rispettive corti. La stessa correzione del segretario sulla polvere sotto
il tappeto non fa altro che confermare questa tendenza. Il Pd infatti non andrà
più a vedere la polvere sotto il tappeto. “Non
intendevo dire che i conti sono truccati ma bisogna vedere se
le spese obbligate sono coperte e se le previsioni di crescita ottimiste del
governo sono vere”. E’ proprio vero: quando c’è la credibilità c’è tutto. Se
dovessimo fare una lista di bugiardi un posto lo riserveremmo anche a Bersani e
Monti.
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