On. Paolo Russo. Non
ho mai visto il Parlamento confezionare una peggiore norma. Nata male e cresciuta
peggio. Nasce male perché questo disegno
di legge governativo, figlio di un decreto legge, demolito dalla Corte
Costituzionale (sentenza 220/2013), pretenderebbe di sostituirsi ad una novella
costituzionale. Insomma una fattispecie tipicamente italiana: da una parte la necessità
di gettare in pasto alla pubblica opinione una notizia salvifica ed attesa come
quella dell'abolizione delle province, dall'altra la furbizia legislativa di
chi non potendo o sapendo fare altro si orienta a sottrarre poteri e funzioni
all'ente provincia al fine di renderlo asfittico. Rimane però in piedi tutto il
costoso ambaradan istituzionale (dirigenti, sedi, organi...!). Farò solo due
esempi per spiegare quanto questa norma, in via di approvazione nello sconcerto
di quanti pur sono stati auditi (costituzionalisti, corte dei conti), sia
irragionevole, inapplicabile, incostituzionale e per giunta foriera di maggiori
oneri per le casse pubbliche.
Il sindaco delle
istituende città metropolitane (sono 20 in Europa ed in Italia ci avviamo a
prevederne ben 18!) di diritto e, sostanzialmente, grazie ad una procedura
farraginosa, per sempre, sarà il sindaco della città capoluogo. Questo
significa che il cittadino di San Donato Milanese, per esempio, potrà eleggere
il suo sindaco, ma non potrà mai contribuire con la sua scelta ad eleggere il
sindaco metropolitano che pur deciderà su questioni rilevanti che lo riguardano
(servizi di area vasta come gestione rifiuti, reti, urbanistica, strade...). Al contrario il cittadino residente a Milano
con il suo voto sceglierà il sindaco di Milano e quindi anche il sindaco
metropolitano. Una sorta di asimmetria elettorale dove chi governa è eletto
altrove. Come se il nostro presidente della repubblica fosse eletto da un Parlamento
straniero.
Milioni
di cittadini saranno quindi amministrati per competenze delicate, penso ai
dissesti idrogeologici da potestà non giudicabili , non sostituibili con il
voto, o meglio non con il voto di quei cittadini che pur amministrati sono
residenti nei comuni della provincia. Nel caso di Napoli si determinerebbe la
singolare
condizione
che circa 700.000 elettori tutti della città deciderebbero per conto dei 2 milioni
e mezzo di elettori residenti nei comuni della provincia.
È
evidente che una siffatta bizzarra costruzione istituzionale non può funzionare
e si determinerà la naturale e giustificata reazione che tutti i comuni della
provincia attiveranno le procedure per uscire dalla città metropolitana
(rendiamo grazie per la libertà concessa...sic!) con il risultato che alla
provincia si aggiungerà una micro città metropolitane che corrisponderà
all'urbe capoluogo.
Se
l'obiettivo di Renzi e del suo ministro Delrio era quello di abolire le
province il risultato è quello di raddoppiare enti e competenze in un ginepraio
di sovrapposizioni, incertezze e inefficienze che pagheranno i cittadini.
Potrebbe
un malevolo pensare che questa operazione di distorsione istituzionale nel
rendere, ope legis, i sindaci delle città capoluogo anche sindaci delle città
metropolitane è funzionale al Pd che in questo modo si troverebbe per legge ad
avere ben 17 su 18 sindaci metropolitani seppur mai eletti. Se così fosse
saremmo al cospetto di un raggiro, di una truffa di una vera e propria
sottrazione del libero esercizio del voto.
E poi
le province diventano con la norma approvata alla Camera, un mostro
istituzionale con elezione di secondo livello. Quei sindaci e quei consiglieri
eletti per fare i sindaci ed i consiglieri che d'un colpo diventano platea
elettorale per un altro organo, per altri organismi.
Ma le vogliamo
abolire queste province? E allora senza indugi due righe di riforma
costituzionale e via a fare cose serie e subito
Vogliamo
costruire sistemi istituzionali capaci di competere in Europa e nel mondo con
Londra piuttosto che Chicago o Parigi e Pechino? E allora riconosciamo lo
status di città metropolitana a Napoli, Milano e Roma, consentiamo l'elezione
diretta costruendo municipalità sub metropolitane e cogliamo questa occasione
per una riforma vera che elimini gli sperperi e le sovrapposizioni.
Si
fermi la maggioranza ed il governo finché è in tempo, si eviti di approvare una
norma "tampone" in attesa di una futuribile riforma costituzionale.
Si dia dignità e ruolo alle regioni in questa fase costituente valorizzando
finalmente quel ruolo di programmazione che potrebbe consentire quel necessario
salto di qualità.
Si
consentano forme di governo del territorio per funzioni omogenee e senza
angusti limiti geografici e soprattutto si ragioni, come fecero i costituenti,
non di persone giuridiche (enti Frankstein frutto di trapianti ed autoinnesti
), ma di persone fisiche (quella collettività che può riscattare la propria
voglia di contare e partecipare).
A chi
serve questo risiko improbabile fatto di strappi costituzionali e lacerazioni
territoriali?
Mi
chiedo quanto dovranno pagare i cittadini italiani lo scotto di un segretario
del Pd, appena eletto e per questo con tanta voglia di apparire, anche a costo
di mistificare la realtà?
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