Succede una cosa molto istruttiva. Il Partito democratico propone con ostinazione di rimettere mano all’Imu, cioè alla sua abrogazione per la prima casa. Lo fa sostenendo che occorre far pagare ai ricchi e tutelare gli altri. Ma che fa? Per una specie di vizio intimo e inestirpabile va a finire che bastona il ceto medio e medio basso.
Il “Corriere della sera” con un ottimo articolo di Dario Di Vico documenta che finirebbero per dover pagare l’Imu i proprietari di monolocali, le famiglie con numerosa prole: insomma, neanche il ceto medio. Ma il ceto medio-basso.
Questo rivela la natura del nostro alleato, e spiega il perché del nostro atteggiamento in Parlamento e in Consiglio dei ministri: difesa dei punti economici stabiliti sin dalla prima fiducia con Letta e riproposto il 2 ottobre. Letta ha un nemico interno, gran parte del suo Partito democratico, che vuole spostare l’asse programmatico a sinistra.
Con più Stato, più spese, più tasse.
Con il cavolo.
L’Imu non si tocca neanche con un fiore.
Questa è la nostra linea del Piave. E questo impone l’unità del nostro partito intorno al leader Berlusconi che ha scelto per la fiducia. Una fiducia tormentata ma decisa.
Ovvio: purché sia legata a una pacificazione civile e allo sviluppo. Condizione per avere la forza necessaria è pero la coesione nostra. La quale non è il soffocamento di voci e non esclude leali contrasti, che saranno una ricchezza e se non generano prospettive di scissioni e non confondono l’approfondimento di identità e regole con la guerra per poltrone e poltroncine.
Dunque protagonismo nella maggioranza e nel governo, lì si manifesta la nostra identità.
Per noi punto decisivo è la riforma della giustizia. Del resto Enrico Letta ha rilanciato la questione, sia pure con un po’ di nebbia, ma ci preoccupiamo noi di tradurle in questo numero del “Mattinale”.
Questa la citazione tratta dall’intervento del premier in Senato il 2 ottobre: “Più in generale, sulla giustizia il nostro lavoro potrà basarsi sulle importanti indicazioni contenute nella relazione conclusiva del gruppo di lavoro nominato dal presidente Napolitano il 30 marzo 2013. (Gruppo di lavoro sono i saggi nominati da Napolitano, ndr).
In questo quadro di opportune e urgenti riforme si collocano sia l'adempimento degli obblighi europei (a cominciare dal rispetto delle decisioni della Corte di giustizia dell'Unione europea), sia la necessità di ulteriori misure per affrontare la questione carceraria, oggetto di un annunciato messaggio del Capo dello Stato alle Camere e di un suo appassionato discorso nell'ultima visita al carcere napoletano di Poggioreale”.
Traduzione: riforma della giustizia come espressa dai saggi; leggi adeguate per rispondere all’apertura di procedure contro l’Italia sulla responsabilità civile (mancata) dei magistrati; carceri e amnistia, presumibilmente contenute nel messaggio del Capo dello Stato alle Camere.
Come intende portare avanti questi punti sostanziali, presidente Letta? Noi lo incalzeremo. Anzi cominciamo oggi. E mettiamo a tema del Parlamento anche commissioni d’indagine conoscitiva sui sei punti della giustizia connessi ai sei referendum dei radicali che abbiamo fatto nostri.
Finalino. Ci ricordiamo molto bene che Berlusconi è vittima di una ingiustizia gravissima. Ci ricordiamo molto bene che la retroattività non si fa.
Non è un mantra per consolarci, è la difesa di una pietra angolare del diritto.
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