di Arturo Diaconale. - Se è vero ciò che diceva
Rino Formica, che “la politica è sangue e merda”, non si può non rilevare che
negli ultimi giorni abbiamo visto solo merda. Può essere che il sangue si veda
in seguito. Ovviamente in senso metaforico. Ma, di sicuro, il tentativo
dell’asse Napolitano-Letta di eliminare una volta per tutte Silvio Berlusconi
con il sostegno della “quinta colonna” guidata da Angelino Alfano presente nel
Pdl fin dai tempi del governo Monti, non fa parte della politica fatta con il
sangue e la passione. L’operazione era diretta a spezzare il Cavaliere
aggiungendo al calvario giudiziario che lo aspetta l’umiliazione della
sconfitta sul terreno politico-parlamentare per mano del suo “delfino”.Ma
Berlusconi, per nulla disposto a fare la fine di Cesare che si avvolse nella
toga per non vedere le pugnalate dei suoi, si è piegato e non si è spezzato.
Alfano-Bruto ha inferto il suo colpo. La “quinta colonna” dei diversamente
democristiani è uscita allo scoperto. Ma Silvio-Cesare
ha capito che la sollevazione guidata dal figlioccio lo avrebbe liquidato
politicamente prima ancora della eliminazione per via giudiziaria. E ha compiuto il colpo di teatro: spiazzato
i congiurati annunciando la fiducia al governo di chi lo voleva e lo vuole
cancellare dalla scena politica. Neppure quella di Berlusconi è stata una
scelta di passione. La politica alta non c’entra nulla in questa vicenda.
È
stata una decisione dettata solo dalla esigenza di ridurre al massimo i danni.
Che gli consente di rimanere, sia pure ammaccato e claudicante, sulla scena
politica. E gli dà il tempo per avviare una strategia non tanto diretta
all’impossibile ricomposizione di un
partito ormai spaccato in maniera irreversibile, quanto di intraprendere un
percorso diretto a dare vita a un soggetto politico completamente nuovo e
diverso rispetto all’attuale Pdl.
Non
si tratta di un’operazione facile. Perché, all'indomani dello sgambetto
compiuto ai suoi danni dai cortigiani, la tendenza naturale sarebbe di
costruire il nuovo soggetto sulla base del solo criterio della fedeltà
personale. Ma serve al Cavaliere e
all’Italia un partito composto solo dai falchi non traditori? La risposta è
scontata. Così come appare fin troppo evidente, alla luce di quanto avvenuto
nelle ultime ore, che in politica la fedeltà personale è sempre relativa e mai
assoluta.
Lo
sforzo di Berlusconi, proprio perché tra
non molto avrà un’agibilità politica ridotta e una libertà personale
sicuramente compressa, dovrebbe essere quello di bilanciare la fedeltà con
la capacità. Gente nuova, espressione non solo di interessi ma anche di idee,
capace di mescolarsi con i falchi e con i fedelissimi rimanendo però
assolutamente distinta e separata dagli uni e dagli altri.
Se l’obiettivo è
contribuire con questo nuovo partito alla formazione di una forza di
centrodestra simile a quella rappresentata in Europa dal Partito Popolare, è
bene tenere presente che nei popolari europei non ci sono solo i cattolici e i
democristiani ma anche i moderati e i conservatori ispirati ai valori della
laicità e delle libertà individuali. I
“diversamente democristiani” andranno con Casini, Monti e Cesa? Berlusconi faccia il partito liberale e conservatore italiano!
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