giovedì 11 novembre 2010

LA NUOVA RICETTA DEI FINIANI: PIU’ IMMIGRATI PER TUTTI

ALLA CAMERA IL TRIPLO TRADIMENTO DEI FINIANI. VOTANO CON LA SINISTRA A FAVORE DEI CLANDESTINI

Fli manda sotto il governo tre volte su una mozione sul trattato Italia-Libia. Fallisce il tentativo di Frattini: "Così facciamo entrare tutti". Alcuni finiani votano contro le indicazioni di Bocchino. Futuro e Libertà affonda il governo schierandosi c on Bersani e Di Pietro. E lo fa votando un emendamento che vorrebbe rimettere in discussione il trattato Italia-Libia sul contrasto all’immigrazione clandestina. Con il rischio dell’apertura indiscriminata delle nostre frontiere. Ma quello che i finiani ieri hanno rivendicato come un successo certifica anche una spaccatura ormai difficilmente ricucibile tra la parte più dura e quella moderata del partito: un gruppo di esponenti di Fli, tra cui Silvano Moffa, Roberto Menia, Giuseppe Consolo e Donato Lamorte, hanno votato contro le indicazioni del capogruppo Italo Bocchino su un emendamento dell’Idv. Nonostante quest’ultimo sia andato platealmente a cercare di convincere uno per uno i suoi colleghi a non dissociarsi. Beccandosi cori di proteste e fischi da parte di tutto il Parlamento. Tutto avviene nel tardo pomeriggio, quando il Pdl presenta una mozione con alcuni aggiornamenti del trattato fra Italia e Libia. Un aggiornamento necessario visto che all’inizio di ottobre i ministri della Ue hanno firmato un accordo con Gheddafi proprio su quel documento. Ma il radicale del Pd Matteo Mecacci presenta un emendamento nel quale si chiede che la Libia si impegni ad accogliere anche le raccomandazione dell’Onu sui diritti degli immigrati oltre ad aprire un ufficio a Tripoli dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati.


Impegno nobile ma che, come spiega più tardi il ministro degli esteri Franco Frattini arrivato di corsa in aula per scongiurare l’incidente diplomatico, si scontra con la "realpolitik" seguita dall’Italia e dall’Europa: sconfessare gli accordi appena raggiunti – che contengono comunque la tutela dei diritti degli immigrati ma anche il respingimento degli irregolari – significherebbe riaprire completamente le frontiere dell’Europa. Minaccia che la Libia rilancia immediatamente: noi non siamo la polizia di frontiera. Ma la possibilità di far andare sotto il governo, mettendo in atto quella «guerriglia» annunciata da tempo è un’occasione troppo ghiotta per i finiani: così Italo Bocchino annuncia che Futuro e Libertà appoggerà l’emendamento del centrosinistra. In aula sale la tensione, qualche deputato di Fli dell’ala moderata si apparta a discutere con i colleghi della maggioranza. E Roberto Menia arriva quasi allo scontro fisico con Maurizio Bianconi, evitato solo perché in mezzo si mette Denis Verdini. Ma alla fine l’emendamento passa con i voti di Pd, Idv e Udc, battendo il governo. Esulta Italo Bocchino – «abbiamo detto che abbiamo le mani libere...» – gongola anche Pier Ferdinando Casini: «Un voto al giorno leva il medico di torno». In aula Franco Frattini prova a far ragionare i deputati di Fli: «L'Ue ha parlato chiaro con un accordo sottoscritto da due commissari con due ministri libici – spiega – Se non usiamo le parole di quell'accordo rompendo la collaborazione Ue in materia migratoria apriamo le porte a tutti quello che vogliono entrare liberamente in Italia». Parole inutili perché i finiani ormai sono decisi a mandare in apnea la maggioranza. Così, mentre il Pdl ritira la mozione modificata, l’opposizione la fa propria e la mette in votazione. E la maggioranza viene battuta per la seconda volta in una manciata di minuti con 281 si contro 270 no. E subito dopo arriva il terzo ko, quando passa anche un testo dell’Udc. Ma è a quel punto che Futuro e Libertà si divide. Italo Bocchino dà ordine di astenersi su un’altra mozione dell’Italia dei Valori, in modo da farla passare e dare un ulteriore smacco al Governo.''Il 'partito moderno' anzi 'futurista' di Gianfranco Fini, sta rivelando di portare nel suo dna qualcosa di strutturalmente e di inaccettabilmente vecchio: la pretesa radicaleggiante di dividere il mondo in buoni e cattivi, in arretrati e progrediti culturalmente, sulla base di una promessa e di un pregiudizio ideologico''. Lo scrive Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, rispondendo all'intervento di un lettore che, citando alcuni passaggi del discorso di Fini, ironicamente spiega di non accettare l'idea che la famiglia fondata sul matrimonio sia sintomo di arretratezza culturale. ''Il ronzio di fondo che accompagna le dichiarazioni del leader ricorda - spiega Tarquinio - le sicumere dell'anticlericalismo proprio, con le sue ambizioni e le sue miserie, di una certa Italia liberale in tutto e con tutti tranne che nei confronti dei cattolici. Un retorico elogio della confusione, all'insegna del più piacione dei relativismi. Nonostante l'ostentato richiamo all'idea di una laicità positiva''. ''Il neoleader di Fli e attuale presidente della Camera - prosegue il direttore di Avvenire - si mostra pronto a ridurre la 'famiglia tradizionale' a una possibilità, a una mera variabile in un catalogo di desideri codificati, manco a dirlo, secondo 'gli standard europei'. Bizzarro, deludente e rischioso argomentare che si somma all'altrettanto pericolosa scelta di campo che l'ha indotto a osteggiare una legge, quella sul 'fine vita', tesa a scongiurare la surrettizia e anti-umana introduzione di pratiche eutanasiche nel nostro ordinamento. Come potrebbero - conclude Tarquinio - non tenerne conto con lucidità i potenziali interlocutori politici di Fini?''.


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