venerdì 12 novembre 2010

CHI SI OCCUPA DELLE PROBLEMATICHE CONCRETE DEL PAESE? BERLUSCONI!

Il richiamo di Giorgio Napolitano ad occuparsi con senso di responsabilità “delle problematiche concrete del Paese, chiunque sarà chiamato a governare, o a governare nuovamente” è stato generalmente interpretato come il preannuncio di una crisi imminente. Ed anche, dai più attenti, come l’auspicio di una continuità politica: in pratica, in caso di dimissioni da parte di Silvio Berlusconi, come il preannuncio di un reincarico allo stesso premier. Non sta a noi forzare il pensiero del capo dello Stato. Certo è che se c’è qualcuno che in questo momento si occupa “delle problematiche concrete del Paese” questo è proprio Berlusconi. Se c’è un governo nonostante tutto al lavoro, questo è proprio il governo attuale. Se c’è una maggioranza che continua a fare la maggioranza, questa è proprio la maggioranza di centrodestra con il Popolo della Libertà e la Lega.  Gli altri che cosa fanno? Lontani mille miglia dai problemi concreti, a cominciare da quelli delle emergenze economiche e ambientali, sono tutti presi ad alambiccare giochi di potere politici. Crisi pilotate, mozioni di sfiducia a questo e quello, bizantinismi, trasformismi e alleanze spericolate tra quella che un tempo era l’estrema destra, e quella che continua ad essere l’estrema sinistra.   Gli ultras di Fli “non escludono nulla”, neppure un accordo con Nichi Vendola. In nome di che? “Del nuovo”, dicono. Il Pd è intento a raccogliere firme. Contemporaneamente deve guardarsi appunto dalla propria sinistra, oltre che dai “rottamatori”. Il cosiddetto nuovo centro (quale?) continua ad autodefinirsi come la formula vincente per l’Italia, sennonché questo nuovo centro esiste, a stento, solo sulla carta, ed anche se si presentasse compatto alle elezioni non raccoglierebbe più di un quinto dei voti.


In questo panorama l’unico che continua a lavorare è Berlusconi. Mentre qui si discute e si elaborano funamboliche formule per il futuro, il premier è a Seul per affrontare con gli altri governanti mondiali i problemi del presente, di una crisi finanziaria internazionale che sembra continuamente rinascere dalle proprie ceneri. Ieri in America, poi in Europa, ora rischia di propagarsi alle economie emergenti: su questo Berlusconi si è fatto precedere da una lettera inviata ai colleghi del G20.

Analogo è l’impegno della squadra di ministri. Giulio Tremonti ha predisposto il pacchetto sviluppo, cioè l’emendamento alla legge di Stabilità. Ci sono i fondi per l’Università, per la cassa integrazione, per la detassazione degli straordinari, per il proseguimento degli impegni militari all’estero, per gli enti locali e per la ricerca. Insomma, per tutto ciò per cui la sinistra (e purtroppo anche il Fli) si è stracciato le vesti negli ultimi mesi. Responsabilmente, il governo non ha invece messo in bilancio spese prive di copertura: se ne parlerà quando saranno state reperite le risorse.
Un governo che volesse mollare gli ormeggi e pensasse al proprio tornaconto elettorale prometterebbe a piene mani e distribuirebbe poltrone di potere, come si faceva nella rimpianta (da alcuni) prima repubblica. Questo governo no: sa che cos’è il senso di responsabilità, il dovere, e lavora fino all’ultimo giorno. Perché i problemi sono questi, e nessuno meglio di Berlusconi – che li aveva previsti già nel 2008 – sa come affrontarli. E dunque resta la stessa domanda: perché Berlusconi si dovrebbe dimettere?





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