Il vertice di maggioranza tra Alfano, Bersani, Casini e
Bocchino
si è concluso con un accordo sulle riforme istituzionali, in particolare per la riforma elettorale. Ciò che conta, in fondo,
è la legge elettorale: per tutti i partiti è la priorità numero uno. Il lavoro
e l’economia? Ma chi se ne frega, tanto è vero che ormai non si fanno più
scrupoli a dire che non ne vogliono manco parlare. Su cosa è stato raggiunto
l’accordo? Questa volta la legge elettorale sarà rivista in chiave tedesca,
almeno pare. Lo spiega a modo suo La Russa: “Possiamo chiamarlo un tedesco
bipolarizzato dove c’è l’indicazione della coalizione e del premier con un
premio di maggioranza per chi vince”. Che vuol dire? Tutto e niente. Aggiungiamo le parole di Bocchino e il quadro
è completo: L’accordo sulle riforme costituzionali prevede uno ‘sbarramento’
che potrebbe collocarsi tra il 4% e 5%. Viene anche previsto il cosiddetto
‘diritto di tribunà per le forze politiche che non raggiungono il ‘quorum’ per
entrare in Parlamento. E quindi a che serve lo sbarramento? A nulla. La verità
è che sarà una legge in pieno stile Prima Repubblica: l’indicazione del premier
sarà inutile, e presidente del consiglio e maggioranza verranno decise dopo le
elezioni. In Parlamento. Come una volta. Ma attenzione, l’accordo riguarda
anche la
diminuzione del numero dei parlamentari: Il numero dei parlamentari dovrebbe
scendere a
500 deputati e 250 senatori. È quanto prevede la bozza di accordo sulle
riforme costituzionali. «Sul numero dei parlamentari la decisione dovrebbe
essere questa: al massimo ci potrà essere una norma transitoria» ha spiegato il
leader Udc, Pier
Ferdinando Casini. I senatori dovrebbero passare da 315 a 250. I deputati da
630 a 500. In totale da 1000 ne resterebbero 750. Non è proprio un grande
taglio, anzi. Una volta si parlava di “dimezzare”, ora hanno dimezzato il
taglio. E pensare che il Senato americano è composto solo da 100 membri….
Intanto già nascono i primi problemi. I senatori
del Pd non ci stanno e dichiarano che la riforma è contraria alla linea
politica del partito:
«Apprendiamo con sorpresa che il Pd rinuncerebbe
al bipolarismo di coalizione. L’unico bipolarismo possibile in Italia. Una
soluzione in contrasto con i deliberati formali del Pd e con la sua linea
politica: quella del nuovo Ulivo aperto alle forze moderate di centro
nitidamente alternativi al centrodestra nel quadro appunto di un sistema
politico bipolare. Una tale soluzione promette frammentazione al modo della
prima Repubblica e, per venirne a capo, di nuovo governi di grande coalizione.
L’opposto di una limpida alternativa capeggiata dal Pd». Lo dichiarano i
senatori Pd Marina Magistrelli, Mauro Marino, Franco Monaco.
Sentite Alfano. Praticamente hanno inventato le “coalizioni a progetto”, probabilmente per
venire incontro al mercato del lavoro dei nostri giorni:
«La sfida del Pdl è preservare il patrimonio di
questi 18 anni e destinarlo ad un soggetto politico che non nasca da una gara
di coalizione ma che chiede al primo partito che vince di mettere su una
coalizione intorno ad un progetto. Questo è lo scopo di una nuova strategia che
probabilmente saremo chiamati a gestire». Lo afferma il segretario del Pdl, Angelino Alfano, nel corso
di una riunione al Senato con i senatori del partito.
Delirio assoluto. Chi
vince mette su una coalizione intorno ad un progetto. Traduzione: votateci, che
poi in Parlamento vediamo… daw
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