Dopo il voto
la Borsa italiana è stata la peggiore d'Europa, bruciando 2,5 miliardi al
giorno. Colpa delle manfrine del leader del Pd con Grillo
di Davide Giacalone. L’Italia politica ha le
gambe che tremano e la febbre che porta al delirio. Più d’uno straparla, magari
provando a rincorrere i consensi persi, ma fuori tempo massimo. Mettiamo in fila qualche numero
e vediamo se si riesce a ragionare: dopo le elezioni la Borsa di Milano è stata
la peggiore d’Europa e ha bruciato 17 miliardi di euro, quasi 2,5 miliardi al
giorno (e ieri ha perso un altro 0,85 per cento); lo spread è cresciuto (ieri
ha toccato i 345 punti) , facendo aumentare il costo del debito pubblico,
ma anche riflettendosi sul credito ai privati, tenuto conto che, nel
corso del 2012 le imprese italiane hanno pagato 14 miliardi di euro in
più di quelle tedesche, per avere soldi dalle banche; che sono comunque
pochi, visto che Unimpresa calcola in 38 miliardi di euro il minor
credito dell’anno scorso; e nel mentre la Cgia di Mestre rileva che la metà
delle imprese ha cominciato a rateizzare il pagamento di salari e stipendi,
l’Istat fissa all’11,7 per cento i disoccupati, con una concentrazione
del 38,7 per cento fra i giovani (senza contare quelli in cassa integrazione,
che sono disoccupati, ma non compaiono come tali). DEMAGOGIA Ora
prendete questi numeri e considerate che nelle parole della politica trovate al
primo posto il taglio del finanziamento
pubblico dei partiti, che ammonta a 159 milioni di euro. Sono dei deficienti.
Il terrore li ha ingrilliti. Io sono per il finanziamento privato e la
cancellazione di quello pubblico, ma prima di tutto sono per la serietà e la
razionalità: stanno parlando del nulla, mentre l’Italia prende una piega
inquietante.
Su tutta questa storia
della «casta» s’è giocato e profittato fin troppo. Credo d’essermene tenuto
lontano, ma per quel che ho ceduto chiedo perdono. Il problema del mondo
politico italiano non sono i privilegi, ma l’incapacità, l’inconcludenza. Certo
che certi privilegi, oltre tutto stupidissimi, fanno imbestialire, certo che
vitalizi così pingui gridano vendetta, nel mentre i più giovani sono avviati
verso un avvenire senza pensione e i più anziani impediti ad andarci, ma
smontare quelle vergogne serve a rendere più credibile e accettabile la vita
pubblica, non a risolvere neanche uno dei problemi più impellenti. I pochi
numeri che ho messo in fila, cui tanti altri se ne potrebbero aggiungere,
dimostrano che l’urgenza è tutta economica e per niente moralistica.
La nuova ondata d’incapaci al
potere vuole fare un referendum (on line?!) sull’euro. Ma a parte la
strampalatezza di una simile ipotesi si deve considerare che ove una tale forza
politica fosse determinante per la nascita di un governo l’Italia sarebbe già
fuori dall’euro. E, con la nostra uscita, finirebbe anche l’euro.
Tale esito è implicito nel fatto
che nessuno potrebbe credere alla nostra capacità di tenere saldo il rispetto
del Fiscal compact (che criticai), né, del resto, potremmo negoziare alcun
cambiamento dei trattati, visto che il Paese più interessato a maggiore
integrazione si ritrova con al governo un partito che ne vuole di meno. No, è
una strada impercorribile.
IL BIVIO Quindi
resta solo il bivio: governo retto da Partito democratico e Popolo della
Libertà o nuove elezioni. Farle subito non sarebbe una rivincita, né per
il Pd né per il Pdl, ma una riperdita. Ammesso e non concesso che sappiano
prendere qualche voto in più, comunque si ritroverebbero, come accadde in
Grecia, a dovere fare una coalizione fra loro. Mentre è più probabile che i
voti in più li prenda chi punta allo sfascio e usa il moralismo plebeo per
attribuire agli avversari le responsabilità e i costi della crisi. Il che,
purtroppo, è in parte anche vero. Il Pdl ha manifestato la disponibilità. Tocca
al Pd, con la direzione convocata domani, mandare a riposo chi ha perso la
testa.
Ripercorrete i numeri che ho
citato e preparatevi, in caso di riconvocazione delle urne, a vederli tutti
peggiorare. Magari potrà capitare che presi dalla paura taglino i 159 milioni.
Ma non sarà un atto preveggente, semplicemente una scelta che segue al suicidio
politico
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