Alessandro Sallusti - Nelle
parole di Laura Boldrini, presidente della Camera, è racchiuso il grande
imbroglio che si sta compiendo. Singoli casi giudiziari - ha detto ieri
riferendosi alla sentenza definitiva sul caso Mediaset - non devono avere
conseguenze sull'attività politica. Come dire che quello di Silvio Berlusconi è
un singolo, banale e personale caso giudiziario e non, come nella verità, un
accanimento senza precedenti contro il leader del maggior partito italiano che
come imprenditore, cioè prima della sua discesa in campo, guarda caso non fu
mai oggetto di attenzioni da parte dei pm. Ci spiace per la Boldrini, che usa
per fini politici di parte uno scranno che fu prestigioso (cosa che non porta
bene come dimostra la fine di Bertinotti, Casini e Fini, suoi predecessori), ma
mandare agli arresti Silvio Berlusconi non sarà un fatto personale del
Cavaliere di Arcore ma un grosso problema per l'Italia intera. E non potrebbe
essere diversamente, indipendentemente dalle volontà dei suoi consiglieri
(siano essi falchi o colombe), da ciò che dicono e pensano il capo dello Stato,
il premier Letta e tutto il circo mediatico di ogni ordine e grado. Silvio
Berlusconi in politica non è diventato ciò che è diventato grazie all'appoggio
di tutte, dico tutte, le categorie sopracitate. Al contrario, quasi sempre si è
mosso contro il parere e con l'ostilità dichiarata di costoro, in alcuni casi
anche degli amici fidati. Quindi, in caso di condanna, dimentichiamoci che il
Cavaliere di Arcore segua consigli e umori di alte, medie e basse cariche di
Stato e governo, di potentati economici o finanziari. Farà di testa sua,
seguendo l'unica bussola che conosce, cioè fare rotta sull'umore di quel terzo
di italiani che ha fino a ora affidato a lui la speranza di non essere
governato dalla sinistra o da una Europa germano-centrica. E allora ecco che
sarà decisivo ciò che gli verrà detto da comuni e anonimi cittadini. Come è
accaduto, per esempio, nei giorni scorsi mentre attraversava il reparto di un
ospedale dove si era recato per visite di controllo. E siccome la gente, la sua
gente, gli ha detto e gli dirà di andare avanti, non ci saranno sentenza,
magistrati, restrizioni fisiche e politiche o Boldrini che terranno. Lui andrà
avanti, più convinto e forte di prima. Il problema non sarà suo, ma del Pd e di
Napolitano che in quanto arbitro dovrà trovare il modo di ripristinare una
situazione di giustizia e di agibilità politica gravemente compromesse. Si può tornare
a votare, si può pretendere un provvedimento che annulli una sentenza assurda.
Quello che noi liberali e moderati non possiamo fare è far sentire solo il
presidente alle prese con i giochetti dei palazzi, gli intrighi dei partiti e
le paure del Pdl. Ma sono certo che questo non accadrà. Il resto verrà da solo.
mercoledì 31 luglio 2013
LA GRANDE ATTESA: COMUNQUE VADA, IL SUPEREROE AVRA’ IL SUO HAPPY ENDING
La grande attesa è in corso. La
sentenza. Il futuro confermato o cassato. Tempo sospeso. Ma da vent’anni.
Berlusconi non è un eroe romantico, Dio ne guardi. Il suo destino non è
segnato. La personalità non ha nulla di superomistico. E’ un supereroe, non un
superuomo. Il cattivissimo Hagen distrae Sigfrido segnalandogli un volo di
corvi, per pugnalarlo alle spalle; il nostro Batman o Superman non si farà
distrarre né dalle colombe né dai falchi. Non prevarranno gli scuri
dell’orchestra o gli acuti delle voci wagneriane, sarà come sempre il trionfo
del lieto fine. Giuliano Ferrara
PARTECIPA E PRENOTATI ENTRO GIOVEDI
Menù della cena: Tagliatelle al ragù di mora romagnola; Maialino arrosto con verdure gratinate Dolce ; Caffè ; acqua e vino incluso € 20,00
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martedì 30 luglio 2013
FATTI CONCRETI LA NOSTRA RICETTA DIVENTA LEGGE: ZERO FISCO PER ASSUMERE I GIOVANI.
Col decreto Lavoro-Iva che il Senato licenzierà
questa settimana qualche beneficio effettivamente arriverà in termini di
occupazione, perché le nuove norme in materia di contratto a termine
favoriranno una maggiore flessibilità nell’incontro fra domanda e offerta di
lavoro. L’azzeramento del costo contributivo per il lavoro giovanile migliorerà
i conti delle aziende che stanno assumendo lavoratori nella fascia di età tra
18 e 29 anni, ma si tratta di un intervento solo parziale e ridotto rispetto
alla gravità della crisi che il nostro mercato del lavoro sta attraversando.
Resta infatti, a causa delle resistenze del Pd, troppo rigido l'incentivo a
facilitare le assunzioni. Eppure basterebbe anche solo un provvedimento di
carattere sperimentale, di portata limitata al tempo necessario per uscire
dalla crisi. La ricetta del Pdl è
chiara. Dovremmo poter dire agli imprenditori: "Finché non saremo
fuori dalla recessione, assumete pure tutti i lavoratori che vi servono, e per
due o tre anni, se le cose non miglioreranno, vi sarà consentito di sciogliere
questi rapporti senza rischi giudiziali e con un costo di separazione di
modesta entità". E' questa la boccata di ossigeno che le associazioni
imprenditoriali aspettano, e sarebbe una misura a costo zero per l’erario. Se
il decreto resterà così, invece, difficilmente i nuovi incentivi indurranno
centinaia di migliaia di imprenditori a procedere alle assunzioni di cui
avrebbero bisogno con un contratto a tempo indeterminato.
Non bisogna dimenticare cosa diceva Marco Biagi:
"L’incentivo normativo è molto più efficace
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IL REQUIEM DI UGO SPOSETTI: “SE LA CASSAZIONE CONFERMA LA CONDANNA DI BERLUSCONI, IL PD NON REGGERÀ L’URTO E SALTERÀ IN ARIA COME UN BIRILLO”
‘’IL PD NON È PIÙ UN PARTITO. “IL PDL SI ARROCCHERÀ IN DIFESA DEL CAPO E LUI DA ARCORE SI DICHIARERÀ PRIGIONIERO POLITICO DEI MAGISTRATI COMUNISTI. BERLUSCONI DIRÀ CHE ENRICO LETTA RESTA IN PIEDI FINO A MORTE NATURALE, E NOI, PUR VOLENDOLO MANDARE A CASA, DOVREMO SOSTENERLO. COMINCERÀ ALLORA UNA FASE ANCORA PIÙ FESSA DI QUELLA ATTUALE. VIVREMO ALLA GIORNATA PER UN PO’, POI ARRIVERÀ NAPOLITANO CHE CI DIRÀ COSA DOBBIAMO FARE…” -
Senatore Sposetti, quali conseguenze prevede nel caso la Cassazione confermi la condanna di Berlusconi? «Sarà la fine di tutto, il partito non reggerà l'urto e salterà in aria come un birillo». Il Pdl pare piuttosto compatto... «Infatti non sto parlando del Pdl, ma del Pd. Siamo politicamente annientati, nessuno ha ragionato di questa vicenda sul piano politico, non la reggeremo: per noi sarà una botta tremenda e il partito imploderà». Con quali conseguenze? «Le conseguenze riguarderanno tutti, l'intero sistema politico». Il suo partito, però... «No, guardi, la fermo: ‘partito' è un termine improprio». Perché? «Lei vede un partito? Ha l'impressione che ci sia un gruppo coeso, o una leadership, o una strategia? Il Pd non è più un partito, è un insieme di persone che pensa ai propri interessi personali e cerca come può di salvarsi il... il futuro, ecco, diciamo il futuro». Sposetti, lei è uomo d'esperienza, ci spiega perché il Pd dovrebbe pagare più del Pdl la condanna di Berlusconi?
«Che vuole spiegare, le basti notare che abbiamo avuto la splendida idea di fissare una Direzione che non poteva non finire male nel giorno in cui il parlamento ha approvato un decreto del governo, il nostro governo, pieno di belle cose per il Paese...». Dunque? «Dunque sui giornali si parla solo della spaccatura del Pd. Una cosa imbarazzante, il partito è ormai animato da persone che tra un orecchio e l'altro non hanno nulla: un grande ed inesauribile vuoto cerebrale». Come pensa che reagirà Berlusconi ad un'eventuale condanna? «Il Pdl si arroccherà in difesa del Capo e lui da Arcore si dichiarerà prigioniero politico dei magistrati comunisti». E il governo? «Berlusconi dirà che Enrico Letta resta in piedi fino a morte naturale, e noi, pur volendolo mandare a casa, dovremo sostenerlo. Comincerà allora una fase ancora più fessa di quella attuale». Con quale esito? «Vivremo alla giornata per un po', poi arriverà Napolitano che ci dirà cosa dobbiamo fare. Il governo continuerà a vivacchiare con tutta la sua evidente inadeguatezza ed io avrò tempo fare l'unica cosa sensata che mi è rimasta da quando ho capito che la politica è morta: occuparmi delle piante sul balcone di casa».
lunedì 29 luglio 2013
BONDI: PACIFICAZIONE ANCHE PER I MAGISTRATI
Per il coordinatore Pdl: «È la missione
della classe dirigente». L'intera classe
dirigente è chiamata alla pacificazione. Anche i pubblici ministeri. Ad
allargare l'atmosfera da governo di larghe intese, ci ha pensato Sandro Bondi,
coordinatore nazionale del Popolo della libertà: «L'Italia ha bisogno prima di
tutto di pacificazione, di riconciliazione, di superamento di una politica
urlata di odio e di contrapposizione, di una politica non ideologica ma fondata
sull'approfondimento razionale dei contenuti, di confronto rispettoso fra le persone
e di collaborazione nell'interesse superiore degli italiani e dell'Italia», ha
fatto sapere Bondi in una nota. LA MISSIONE DEI LEADER. Il coordinatore
pidiellino ha dichiarato che «questo è il compito di leader politici veri,
questa dovrebbe essere la missione principale delle classi dirigenti di una
grande nazione come l'Italia, da cui neppure il corpo della magistratura si può
ritenere esente». «Senza questa condizione di base, che permetta di affrontare
la crisi economica e di rafforzare i poteri di chi è chiamato a governare», ha
sottolineato Bondi, «le battaglie fra i partiti, i sottopartiti, le correnti e
le sottocorrenti, e le fazioni e i clan, sono destinate ad affondare ancor più
la crisi nella rovina in cui da tempo ci dibattiamo senza intravedere una via
d'uscita. E nessuno - proprio nessuno - può pensare di governare sulle macerie
di un Paese».
LA SCOMPARSA DEL CARDINALE TONINI
Nel giorno dei funerali
del carissimo Cardinale Ersilio Tonini, vorrei dire che con lui scompare una
delle figure più rappresentative di Ravenna di tutti i tempi.
Tonini ha saputo portare
la Fede fra la gente con una naturalezza ed una autorevolezza di pensiero che
ne hanno fatto uno dei testimoni più ascoltati della Chiesa, anche fuori di
essa.
Ci mancherà sempre il
suo alto magistero e la sua umanità. Gianguido
Bazzoni
RIORGANIZZAZIONE AUSL DI RAVENNA, AUSL UNICA DELLA ROMAGNA.
LA RIORGANIZZAZIONE ELLA ASL DI ROMAGNA SI INNESTA IN UN PROCESSO
LEGISLATIVO IN ESSERE CHE CAMBIERA’ GLI EQUILIBRI DELLA SANITA’ DELL’INTERA REGIONE
Un processo però che ahimè nasce zoppo non essendo
stati modificati i livelli istituzionali di riferimento, mi riferisco alle
province, e che rischia così come è impostato di mettere in discussione il
modello sanitario emiliaromagnolo fondato sulle conferenze territoriali
sociosanitarie. Un modello che si vuole democratico che prevede appunto camere
di compensazione dove i territori danno le linee guida e riportano le esigenze
più pregnanti nei processi decisionali. Nel modello prospettato dalla bozza di
legge regionale, predisposto dalla Giunta si evita di normare alcune vicende
spinose come ad esempio quella di dove si dovrà collocare la direzione unica
della super ASL, si cerca invece di dare un impianto rispetto alla
partecipazione ai momenti decisionali di ben 75 comuni, prevedendo due livelli
di confronto e spostando di fatto nella totale disposizione dei Comuni
capoluogo di provincia il potere decisionale. Una bozza di legge che presenta
delle contraddizioni come nel caso dei poteri affidati ai Direttori generali
dove all'art. 5 comma 1 si definisce che i direttori generali operano con
poteri straordinari e poi sempre all'art. 5 comma 2 recita: "i direttori
generali in carica operano con funzioni limitate alla gestione e all'ordinaria
amministrazione. Un progetto di legge dove sfugge persino un macro progetto
della AUSL unica, onestamente mancano i riferimenti base per esprimere un
giudizio compiuto sulla fattibilità e sulla sostenibilità della stessa. Non
possiamo chiedere come legislatori un progetto industriale definito ma non
possiamo neppure limitarci ad un progetto di pure e semplici linee guida. La fase
di ristrutturazione che coinvolge gli ospedali di Ravenna è quanto di più
inopportuno oggi si possa fare in una prospettiva di ASL unica, ho già avuto
modo di scrivere i motivi di questa inopportunità, è un progetto fuori del
tempo che scavalca un percorso in essere. Una riorganizzazione che già si pone
in contrasto con quanto riportato nella bozza di legge regionale sulla ASL
unica che all'art. 3 comma 7 recita: - La riorganizzazione dei servizi sul
piano assistenziale avviene nel rispetto della programmazione regionale,
assicurando condizioni di equità di accesso e prossimità ai
servizi nei
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sabato 27 luglio 2013
LE STUDIANO TUTTE PER BLOCCARE LO SVILUPPO: DURT IL PARLAMENTO LO CANCELLI!
Il
Durt è un nuovo mostro burocratico, un adempimento inutile e
complicato che rischia di dare il colpo
di grazia alle imprese del settore costruzioni alle prese con una crisi
profonda che, solo nel 2102, ha provocato la perdita di 122.000 addetti e
61.844 aziende. Questo è il giudizio di Confartigianato Costruzioni sul Documento
Unico di Regolarità Tributaria, che quindi ha chiesto immediatamente al
Parlamento di cancellarlo. In pratica le imprese appaltatrici e
subappaltatrici, per poter essere pagate dai committenti, dovranno ottenere
dall’Agenzia delle Entrate il Durt,
il documento che attesta l’inesistenza di debiti tributari da parte
dell’azienda. 'Un meccanismo assurdo e kafkiano – ha detto Arnaldo Redaelli,
Presidente di Confartigianato Costruzioni - con il quale si chiede agli
imprenditori di comunicare periodicamente al Fisco i dati delle buste paga per
consentire all’Agenzia delle Entrate di accertare che le imprese sono in
regola. Ed è tanto più incomprensibile poichè è inutile al fine di verificare
il corretto versamento delle ritenute. L’obbligo per le imprese di versare le
ritenute è indipendente dal diritto del contribuente di scomputarle dalla
propria dichiarazione, una volta ottenuta la certificazione”. In pratica il
Durt contraddice la volontà più volte dichiarata dal Governo di semplificare
gli adempimenti a carico delle imprese e rischia di vanificare gli effetti
degli incentivi varati dall’Esecutivo per gli interventi di ristrutturazione e
risparmio energetico in edilizia. Secondo Confartigianato Costruzioni, quindi,
'se il Parlamento non cancellerà questo adempimento, ne andrà del futuro delle
nostre imprese'.
PROVINCE. FORSE E’ LA VOLTA BUONA CHE LE CANCELLANO
Dopo il colpo di mano della Consulta, il governo approva il ddl
che rivede e, al tempo stesso, svuota parte dei poteri delle Province in vista
dell’abolizione dalla Costituzione
Forse questa è la volta
buona. Forse il governo riesce, una volta per tutte, a far piazza pulita delle Province. Forse, dopo il colpo della Corte costituzionale che ai primi di
luglio aveva bocciato il riordino voluto da Mario Monti, il Consiglio dei
ministri riesce a rimettere la politica al centro approvando il disegno di
legge che riguarda "Città
metropolitane, Province, Unioni e fusioni di Comuni". Un provvedimento teso a rivedere e, al tempo
stesso, svuotare parte dei poteri delle Province in vista dell’abolizione dalla Carta
costituzionale. La Provincia è il vero immortale tra gli enti dello Stato.
Sopravvive sempre. Adesso, però, sembra che l'esecutivo voglia fare sul serio
e, con tre mosse, cancellare quello che per molti non è altro che un inutile e
costoso cuscinetto tra i Comuni e la Regione. Nonostante la determinazione
bipartisan di cambiare la Costituzione, le Province sono
riuscite a riprodursi nel corso degli anni. Manco avesse la bacchetta magica,
il legislatore è riuscito a farle passare dalle 58 istituite nel 1861 alle 89
del secondo dopoguerra alle 110 attuali. Con un piccolo accorgimento: si
ragiona su 107 Province dal momento che Aosta, Bolzano e Trento sono di fatto
Regioni. Come promesso qualche settimana fa dal premier Enrico Letta,
il ddl è solo la prima di tre mosse che dovrebbero portare alla cancellazione
definitiva dell'ente cuscinetto. Il condizionale è d'obbligo. Perché finché non
saranno sbianchettate dalla Carta, le Province continueranno a esistere e,
soprattutto, a costarci un capitale. "Si
è annunciato troppe volte in questi mesi l'abrogazione delle province - aveva
spiegato lo stesso Letta - ma fino a che la parola rimane in Costituzione
l'intervento finisce in un vicolo cieco. Noi cancelliamo la parola stessa".
Proprio per questo bisognerà mettere mano al primo comma dell'articolo 114
della Costituzione. Si passerà dalla formulla "La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province,
dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato" a "La Repubblica è costituita dai
Comuni, dalle Regioni e dallo Stato". Tutto qui? Non
proprio. Perché bisognerà modificare tutti i commi della Costituzione (e sono
ben tredici) in cui vengono anche solo menzionate le Province.
STEPRA IN LIQUIDAZIONE: FORZA ITALIA DOVEVANO PORTARE I LIBRI IN TRIBUNALE!
Provincia di
Ravenna: Comunicato stampa Ravenna, 26 luglio 2013 Discussione in
consiglio.
Questa
mattina, l’ assemblea dei soci di S.TE.P.RA. ha approvato all'unanimità la
proposta del CdA e del revisore unico dei conti di mettere in stato di
liquidazione la società, ha preso atto delle dimissioni del precedente
consiglio e ha nominato liquidatore, il commercialista Giovanni Nonni. Ieri, il
consiglio provinciale aveva esaminato l’ ordine del giorno dell’ assemblea
ordinaria e straordinaria di S.TE.P.RA.
Il consiglio aveva
così preso atto della proposta - oggetto della prossima assemblea ordinaria e
straordinaria della società S.TE.P.RA. - di utilizzare tutti gli strumenti
previsti dall articolo 2484 e seguenti del Codice Civile per rimettere in
equilibrio la società, e favorire una nuova fase di sviluppo economico del
territorio provinciale, evidenziando la necessità che la società S.TE.P.RA.
agisca per tutelare il capitale sociale e i beni patrimoniali di interesse
pubblico della società e operi per favorire una ripresa delle vendite delle
aree produttive della società allo scopo di ridurre progressivamente
l'indebitamento, riequilibrare i conti economici, valorizzare le aree di
interesse strategico per contribuire alla ripresa dello sviluppo e
dell'occupazione in provincia. Hanno votato a favore i gruppi Idv, Pd e Sel. I
gruppi di minoranza (Gruppo misto, Lega Nord, Pdl e Udc) hanno abbandonato l
aula al momento del voto.
Il capogruppo Fds
ha lasciato l aula al momento del voto con motivazioni diverse dai gruppi di
minoranza.
La proposta della
messa in liquidazione di S.TE.P.RA. ha precisato il vicepresidente della
Provincia Gianni Bessi è un atto dovuto di trasparenza ai sensi del Codice
civile con cui si dichiara che, in questa fase, la società opererà unicamente
per la graduale vendita delle aree già urbanizzate presenti su tutto il
territorio provinciale. Tale decisione mette S.TE.P.RA. nelle condizioni
migliori per raggiungere un accordo positivo con le banche, per contenere al
massimo i costi interni e consentire quindi di proseguire l attività cercando
di agganciare, nell arco di qualche anno, una migliore fase per il mercato
immobiliare. La convocazione dell assemblea straordinaria di S.TE.P.RA. è
legata al fatto che, la situazione economica e finanziaria della società dovuta
alla particolare suituazione del mercato immobiliare in Italia, rende
necessaria, per ragioni di trasparenza e miglior gestione, in questa
particolare fase, l utilizzazione dello strumento della liquidazione per
gestire in bonis questa fase di difficoltà di mercato rispetto a una azienda patrimonialmente
sana. L obiettivo è quello di consentire la riattivazione delle attività di
vendita dei beni della società costituiti da aree produttive in un quadro di
contenimento massimo dei costi gestionali, al fine di rimettere in equilibrio
la società, di tutelare i beni di interesse pubblico e favorire una nuova fase
di sviluppo economico del nostro territorio. S.TE.P.RA. infatti è una società
formalmente sana con i beni patrimoniali effettivamente disponibili e conteggiati
a bilancio con valori corretti ma si confermano gli elementi di criticità già evidenziati
nell' analisi dei dati del bilancio 2012: un elevato indebitamento di tipo oneroso
; liquidità che potrebbe divenire nel tempo non sufficiente per far fronte al
pagamento dei debiti e delle altre spese; presenza di significativi costi fissi
con particolare riferimento agli interessi passivi; andamento di mercato
praticamente bloccato nel settore degli immobili a uso produttivo, che comporta
un forte rallentamento della propensione agli insediamenti imprenditoriali e in
generale una brusca frenata delle vendite e quindi del trend delle entrate
sulla principale attività della società. Nel corso del dibattito sono
intervenuti: I capigruppo di minoranza hanno così motivato la scelta di non
partecipare alla votazione della delibera: Gianluigi
Forte, Lega Nord: Siamo al cospetto di un disastro. Ma non è stata la crisi
economica attuale a provocarlo come vorrebbe farci credere la maggioranza. All
origine del fallimento di S.TE.P.RA. c è invece una triangolazione pubblico
privato gestita da un direttore che intasca 200mila euro l anno per non fare
nulla e che non ha raggiunto risultati apprezzabili. E immorale. La
liquidazione è l unica via d uscita ma tardiva. Gianfranco Spadoni, Udc: S.TE.P.RA. è in liquidazione per le enormi
difficoltà finanziarie, così come Aeradria dell aeroporto di Rimini e il
Ridolfi di Forlì hanno già depositato i registri in tribunale. E superfluo, a
questo punto, che i partiti di maggioranza locali si domandino se l
impostazione e il modello di gestione delle imprese e delle aziende pubbliche
siano ancora validi. Ma quante risorse ha versato la Provincia nel pozzo di San
Patrizio di S.TE.P.RA. già agonizzante? Vincenzo Galassini, Forza Italia Gruppo misto:
In questa delibera si
venerdì 26 luglio 2013
STEPRA: PORTARE I LIBRI IN TRIBUNALE
Questa
mattina la Provincia ha incaricato il proprio rappresentante che parteciperà,
domani all’assemblea ordinaria e straordinaria della STEPRA (Società Consortile ARL. Sviluppo Territoriale della
Provincia di Ravenna) di proprietà della Camera di Commercio e della Provincia
di Ravenna e di tutti gli altri comuni
ravennati (100% del capitale), di aderire alla “messa in liquidazione della società” che non comporta maggiori
oneri per la Provincia di Ravenna.
La
STEPPRA ha un elevato indebitamento di tipo oneroso pari a 29,2 milioni di euro al quale si aggiungono altri debiti verso i
fornitori, liquidità non sufficiente per far fronte al pagamento dei debiti e
delle altre spese, presenza di elevati costi fissi con particolare riferimento
agli interessi passivi, ha cinque dipendenti e un direttore (costo annuo
200.000 euro).
Un consiglio di amministrazione di qualsiasi
azienda privata porterebbe subito i libri in tribunale per le decisioni in
merito. Considerata la situazione
finanziaria precedente, i libri andavano portati alcuni anni fa!
La
contrarietà di Forza Italia, denunciata dal 2001, per questo tipo di società
partecipate pubbliche (nostri euro) che non di competenza istituzionale della
Provincia, della Camera di Commercio, dei Comuni in particolare come in questo
caso, di una società che realizza urbanizzazioni, nella norma, è di competenza
privata con tutti i benefici rischi e utili. La sinistra ravennate ha insistito in questo metodo in tante altre
partecipate anche se oggi ne sta uscendo .
La liquidazione della STEPRA non è la
soluzione per la comunità ravennate perché le banche potrebbero essere
influenzate dal potere amministrativo per salvare la società pubblica, e
togliere eventuali risorse alle tante altre aziende in crisi nella Provincia di
Ravenna.
Per
Forza Italia è giunta l’ora, nella
Provincia di Ravenna di togliere ogni tabù e ferreo controllo pubblico sull’economia, e continuerà
la denuncia, affinché i responsabili rispondano del buco che sembra superi 30
milioni di euro. Il consigliere
provinciale (Forza Italia Gruppo Misto) Vincenzo Galassini
LEGGE REGIONALE ID RIORDINO SULLE ASP
Le
legge sulle ASP è una grande occasione buttata al vento, potevamo andare a
riformare un sistema di welfare che nei 10 anni da quando è entrato in funzione
ha mostrato enormi lacune e criticità: troppa burocrazia, troppe poltrone,
troppe spese, pochissima sussidiarietà. Non si supera l’idea sbagliata di fondo
della legge 2/2003 lo statalismo accentratore che a scendere crea tutti i
problemi appena accennati. Ci voleva il coraggio di cambiare strategia come
hanno fatto in altre regioni del nord, dando spazio alla pluralità delle forme
gestionali incentivate (anche fondazioni) ed alla sussidiarietà, consentendo un
maggior coinvolgimento del privato sociale. È inoltre inaccettabile che la Regione cerchi sempre più
di scaricare oneri sulle amministrazioni comunali le quali, in molti casi, già
con la legge 2/2003 si sono viste addossare carichi di spesa per gestire
servizi che prima avevano a costo zero con le IPAB ed ora li vedranno
ulteriormente aumentare in virtù dell’ulteriore accentramento e aziendalismo
pubblico delle strutture cui sono stati obbligati ad aderire. Come PdL avevamo
proposto una progetto di legge equilibrato che voleva azzerare gli oneri del
sociale per i comuni che, oggi, gravano per oltre il 50% sui bilanci. Si è
preferito invece dare qualche contentino all’estrema sinistra, vedi l’articolo
3 rispetto ai divieti di assunzione di personale, creando così il rischio di
nuovi bacini di dipendenza pubblica fuori del tempo con il dubbio che siano
utili a creare bacini di consenso. Le stesse organizzazioni che si collocano a
sinistra e qualche anno fa esultavano rispetto alla creazione delle ASP oggi
criticano aspramente questa soluzione perché troppo spostato a sinistra tanto
da scavalcarle. Un modello di gestione neo comunista dirigista lontano dai
bisogni dei territori lontano anni luce da una visione della pubblica
amministrazione improntata all’accessibilità e trasparenza moderna e
flessibile.
Continua il Presidente del Gruppo
Assembleare del PDL in Regione Emilia-Romagna Gianguido Bazzoni: “Questa
legge passa sopra la testa, scavalca, la volontà dei territori, le loro
specificità ed eccellenze, caso emblematico l’ASP di Castel Bolognese Riolo
terme, Brisighella e Casola Valsenio. Su questa riorganizzazione Il PD sui
territori ha fatto melina ed il doppio gioco. I Sindaci inoltre nel caso
specifico di Casola Valsenio e Castelbolognese non hanno ascoltato e non hanno
posto all’ordine del giorno politico del loro partito, maggioranza di governo
in Regione Emilia-Romagna, il lavoro propositivo fatto dai gruppi di lavoro e
dei comitati impegnati su questi temi teso a valutare il provvedimento senza
preclusioni di sorta ma che ha dimostrato alla fine la non convenienza e
necessità di una ASP unica nel distretto faentino. I
consiglieri regionali del PD della provincia di Ravenna, se avessero voluto,
potevano sicuramente incidere per far modificare il testo della legge al fine
di lasciare maggiori gradi di libertà sui singoli distretti, al fine di
valutare le specificità e soprattutto le efficienze concrete delle strutture
esistenti, questa latitanza grida vendetta, perché é un chiaro tradimento del
territorio che li ha eletti. La conferma di questa latitanza é dimostrata dalle
forti tensioni interne ai coordinamenti locali dello stesso PD. I cittadini non
possono capire.e giustificare queste operazioni di puro potere senza vantaggi
sul piano dei servizi alla persona”.
giovedì 25 luglio 2013
CI RISIAMO! IL GOVERNO NOMINA UN “COMMISSARIO” PER I TAGLI PER LUI 950.000€. IN TRE ANNI
Ma è proprio strepitoso questo Decreto del Fare. Oltre
agli emendamenti ad personam per salvare la doppia poltrona
a Vincenzo De Luca (Pd, viceministro e sindaco di Salerno), ecco che tra le righe di quel
provvedimento-lumaca si scorgono perle
di rara bellezza. Un esempio? Eccolo, come scrive oggi il
Messaggero: “E’ in arrivo un comitato interministeriale per vigilare sulla
spending review. Prevista la nomina di un commissario ad hoc
appositamente retribuito: 150mila euro
quest’anno, 300mila euro
nel 2014 e nel 2015 e 200mila
nel 2016″.
Alla faccia della spending
review.
BERLUSCONI SPINGE SU FORZA ITALIA: ALLA CAMERA TORNA LA TARGA. ECCO COME SARA’ IL NUOVO MOVIMENTO CHE RIEVOCA LO SPIRITO DEL ‘94
Un vero e proprio sguardo al futuro.
Nelle stanze del Pdl a
Montecitorio è rispuntata una targa con l'intestazione al "Gruppo
parlamentare Forza Italia". D'altra parte, sono ormai diverse che Silvio Berlusconi sta studiando il
nuovo volto del centrodestra. La determinazione del Cavaliere di abbandonare il
Pdl per recuperare lo spirito del ’94
è, infatti, cosa nota a tutti. Anche ai molti che, pronti a far le valige dal
più ampio contenitore pidiellino, già stanno prendendo le misure per i prossimi
incarichi nel partito. Nell’insistere sul progetto "azzurro", i più
intravedono la voglia del Cavaliere di far capire che, aldilà della sentenza della Cassazione sul
processo Mediaset, andrà avanti. Come assicurano i più stretti
collaboratori del Cavaliere, "nulla riuscirà ad abbatterlo"
e nessuna sentenza "riuscirà mai a spegnere il suo
progetto liberale".
Intanto la nuova insegna è apparsa proprio sulla parete di uno dei corridoi
interni, ben visibile sia ai deputati del Pdl sia ai colleghi di Scelta civica
e Fratelli d’Italia. Della nuova Forza
Italia, ormai, quasi più nulla è segreto: sarà, come vent’anni
fa, un movimento e non più un
partito. Lascerà che il Pdl sopravviva come contenitore o,
meglio, come "casa comune" per accogliere eventuali alleati. Punterà
all’autofinanziamento (contando sulla nuova legge sui partiti), sul radicamento
nel territorio e sarà, al netto delle conferme per gli azzurri della prima ora,
una struttura con moltissimi giovani. Basta anche con il segretario politico,
con i "triumvirati", e strada tracciata per il coordinatore unico. "Abbiamo deciso di tornare a Forza
Italia perché vorremmo, come ci riusci 20
anni fa, rivolgerci ai giovani e ai protagonisti del mondo del lavoro per
chiedere di interessarsi al nostro comune destino", si
legge allora nel post del Cavaliere su Facebook in cui inserisce anche un
appello alle "iscrizioni" spiegando che "non è giusto che solo alcuni si interessino del nostro
Paese e gli altri guardino da lontano criticando chi invece si impegna".
"Spero che con il lancio
di Forza Italia nel mese di settembre possano aggiungersi a noi tanti italiani
con il loro entusiasmo e loro passione", ha concluso il
leader del Pdl. Una speranza che guarda anche al mondo delle imprese e della società civile.
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GOVERNO: BONDI , SIGLARE PATTO PER INTERA LEGISLATURA
(ASCA) -
Roma, 24 lug - Un patto di legislatura per affrontare la crisi. Lo chiede il
coordinatore nazionale del Pdl, Sandro Bondi. ''La mia opinione - scrive in una
nota - e' che se l'Italia vuole salvarsi, non solo la politica ma le residue
classi dirigenti (cioè imprenditori, sindacati, mondo della cultura e magistrati),
se ancora vi sono classi dirigenti che pensano in termini di interessi generali
e nazionali, dovrebbero operare affinchè si possano determinare le condizioni di un
patto di legislatura. La possibilità di siglare un patto per l'intera
legislatura - dice Bondi - che potrebbe consentire al governo di affrontare seriamente la drammatica crisi economica e di
varare finalmente le riforme istituzionali, rafforzerebbe la fiducia verso
l'Italia e permetterebbe di portare a compimento quella pacificazione che,
nelle sue varie forme, appare sempre più come condizione essenziale per salvare
l'Italia dalla disgregazione''.
mercoledì 24 luglio 2013
BAZZONI: IL VOTO CONTRARIO DEL PDL ALL’ASSESTAMENTO DI BILANCIO DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA È LA BOCCIATURA DI TUTTA LA POLITICA DELLA GIUNTA ERRANI.
Una Regione che registra un avanzo di amministrazione di quasi due miliardi e mezzo di euro non
riesce a darsi una linea per supportare l’economia regionale e tutta la società
in grandissima crisi, economica e di prospettive. La Giunta Errani ha messo in
campo una “manovrina” di poche decine di milioni, in gran parte assorbiti dalla
sanità e destinati, pensiamo noi, alla copertura dei buchi delle ASL.
I fondi per l’economia e l’impresa, per il grande
dissesto idrogeologico dovuto a frane, alluvioni e terremoti, e per il turismo,
che sta vivendo il suo “annus horribilis”, sono insignificanti e dimostrano
come il PD ormai non sia più in sintonia con la società ed il territorio
regionale. Non solo i conti sono striminziti, ma non si sono sentite neppure
espressioni di volontà e di prospettive future. Nessun accenno alla chiusura di
un’ERVET inutile che serve solo a mantenere clientele intellettuali; nessuno
alla necessità di una ricognizione sul patrimonio immobiliare della Regione,
che ammonta a 100 miliardi e che in parte potrebbe essere messo a reddito;
nessuno alla necessità di diminuire la forte pressione fiscale regionale su
cittadini ed imprese, per dare un po’ di respiro, visto che il bilancio della
Regione è in forte attivo.
E’ una finanziaria regionale in “stile Merkel”
quella che l’Assemblea legislativa ha purtroppo approvato, perché l’ossessione
del bilancio perfetto e della continuità del proprio sistema di potere hanno
fatto dimenticare le reali necessità del sistema produttivo e delle famiglie
della nostra regione. Gianguido
Bazzoni
4^ CONVENTION AZZURRI DEL ’94: “VIVA FORZA ITALIA VIVA” A MARRADI 3 AGOSTO 2014
FOTO
RICORDO DELLA 3^ CONVENZIONE A RIMINI
Gurioli,
Fantinelli, Sabrina Angeli, Gabriella
Pezzuto, Forza Novantaquattro, Bettamio Galassini, Rodolfo Ridolfi, Fabio Filippi,
avv. Cataliotti, Paride Pulcinelli
DI PIETRO: “POTEVO SALVARE GARDINI”. LA CRAXI LO INSULTA E POMICINO L’ACCUSA
Non è di certo passata inosservata quella assurda e incauta
dichiarazione di Antonio
Di Pietro che
al Corriere della Sera domenica 21 luglio ha
detto: "Potevo salvare Raul Gardini. Se lo avessi arrestato
non si sarebbe suicidato". Raul Gardini si è tolto la vita proprio per evitare il
carcere. E sicuramente, se fosse finito dietro le sbarre sarebbe riuscito comunque
ad ammazzarsi. Lo sanno bene quelli che direttamente o indirettamente sono
stati protagonisti di quel periodo come Stefania Craxi e Cirino Pomicino.
La figlia di Craxi, oggi
martedì 23 luglio, a vent'anni esatti dalla morte di Gardini, scrive una
lettera al Corriere
in cui accusa l'ex pm: "Di Pietro ha dedicato
tutta l'intervista a negare la propria responsabilità nel suicidio".
"Afferma di aver promesso agli avvocati di Gardini che non lo avrebbe
arrestato e che avrebbe atteso l'imprenditore in Procura per l'interrogatorio
proprio quella mattina 23 luglio. Ma invece di recarsi in Procura quella
mattina l'imprenditore si sparò. È un gioco di parole. Tutti, da settimane,
sapevano a Milano che per Gardini le manette erano già pronte". Era noto,
rincara la Craxi, "che gli interrogatori di Di Pietro si svolgessero
accompagnati dal tintinnare delle manette e che le porte di San Vittore fossero
ben aperte per tutti coloro ai quali il tintinnare non bastava per rispondere
secondo i desideri del pm". Non solo, conclude la figlia di Bettino:
"Di Pietro fa anche la vittima: avevo contro personaggi come Craxi e Parisi, il capo della
polizia!". Peccato che nel biennio 1992/94 "si è distrutto un sistema
illecito di finanziamento della politica, ma si è
distrutto anche un sistema politico che da cinquant'anni assicurava libertà e
progresso". Quei partiti "non sono più rinati; la politica e
l'amministrazione hanno conosciuto solo passi indietro. I Di Pietro lasciamoli
nel dimenticatoio in cui si sono cacciati".
martedì 23 luglio 2013
BERLUSCONI: “FORZA ITALIA? UN PARTITO PER GIOVANI E IMPRENDITORI
“SPERO CHE A SETTEMBRE SI VOGLIANO AGGIUNGERE A NOI MIGLIAIA DI
ITALIANI
I sondaggi lo premiano, ma Silvio Berlusconi è certo che il
futuro è Forza Italia. Un futuro per nostalgici, insomma. Il Cav ribadisce le
ragioni del prossimo cambio di nome in un intervento telefonico a un evento
organizzato dall'Esercito di Silvio:
"Abbiamo deciso di tornare a Forza Italia per un motivo che riguardava il
nome Popolo della Libertà, fatto di due belle parole, ma in realtà mai
usate". Una ragione, quella del nome storpiato, che l'ex premier ha più
volte citato motivando il cambio della "ragione sociale" del partito.
Berlusconi aggiunge: "Con Forza Italia, come ci riuscì 20 anni fa,
vorremmo rivolgerci ai giovani e ai
protagonisti del mondo del lavoro per chiedere di interessarsi
al nostro comune destino". Il Cav continua: "Non è giusto che solo
alcuni si interessino del nostro Paese e gli altri guardino da lontano
criticando chi invece si impegna. Spero che con il lancio di Forza Italia nel
mese di settembre - ha concluso - possano aggiungersi a noi tanti italiani con
il loro entusiasmo e la loro passione".
SINDACO MICHELIN
Ma lavora sempre coi
soldi della simpatica fondazione che gli sgancia euro e dollari per jet supersonici?
Non sempre. Ci sono
precedenti degni di studio. Sembra la guida Michelin dei sindaci. Il Tripadvisor
dei cinque stelle nel senso degli hotel; Nel settembre del
2011 il sindaco Renzi, ad esempio, si recò a Washington. Costò ai
fiorentini 1.700 euro al giorno; Il gruppo consigliare
del Popolo della Libertà controllò gli scontrini. Dopo di che fece sapere: “il
sindaco Renzi, lo stesso che propugna i tagli ai costi della politica, e
un rinnovamento epocale, quando si tratta di se stesso smette i panni
del moralizzatore, e veste quelli della rockstar”. IL SINDACO MICHELIN Le
note spesa per la trasferta a Washington dal 18 al 21 settembre 2011 hanno una
voce curiosa. Noleggio automezzo. Uno pensa: sarà il camper, magari un
po’ all’americana. Invece no: macchinona; Si legge: “2.168
euro per l’utilizzo di una limousine (così negli Stati Uniti
viene definita una vettura di lusso con conducente), 87 dollari l’ora
per un totale di 34 ore di utilizzo”. IL SINDACO MICHELIN Il conto
totale della trasferta – per il solo sindaco, senza contare il suo
accompagnatore Giuliano da Empoli –, per 4 giorni, è stato di 6.764
euro (1.691 euro al giorno): 4.043 euro per il volo aereo; 552 euro per il soggiorno al Four Season; 2.168
euro per il noleggio
auto. IL SINDACO MICHELIN Ecco una tabella
piuttosto interessante
lunedì 22 luglio 2013
LE MEMORIE AMARE DI TONINO: “GARDINI DOVEVA RACCONTARMI TUTTO, E IO LO POTEVO SALVARE”
Per
me fu una sconfitta terribile - racconta oggi Antonio Di Pietro -. La morte di
Gardini è il vero, grande rammarico che conservo della stagione di Mani pulite.
Per due ragioni. La prima: quel 23 luglio Gardini avrebbe dovuto raccontarmi
tutto: a chi aveva consegnato il miliardo di lire che aveva portato a Botteghe
Oscure, sede del Pci; chi erano i giornalisti economici corrotti, oltre a
quelli già rivelati da Sama; e chi erano i beneficiari del grosso della
tangente Enimont, messo al sicuro nello Ior. La seconda ragione: io Gardini lo
potevo salvare. Il mattino del 23 prima delle 7 sono già a Palazzo di
Giustizia. Alle 8 e un quarto mi telefona uno degli avvocati, credo De Luca,
per avvertirmi che Gardini sta venendo da me, si sono appena sentiti. Ma poco
dopo arriva la chiamata del 113: "Gardini si è sparato in testa". Credo
di essere stato tra i primi a saperlo, prima anche dei suoi avvocati». «Mi
precipito in piazza Belgioioso, in cinque minuti sono già lì. Entro di corsa.
Io ho fatto il poliziotto, ne ho visti di cadaveri, ma quel mattino ero davvero
sconvolto. Gardini era sul letto, l'accappatoio insanguinato, il buco nella
tempia». E la pistola? «Sul comodino. Ma solo perché l'aveva raccolta il
maggiordomo, dopo che era caduta per terra. Capii subito che sarebbe partito il
giallo dell'omicidio, già se ne sentiva mormorare nei conciliaboli tra
giornalisti e pure tra forze dell'ordine, e lo dissi fin dall'inizio: nessun
film, è tutto fin troppo chiaro. Ovviamente in quella casa mi guardai attorno,
cercai una lettera, un dettaglio rivelatore, qualcosa: nulla». Scusi Di Pietro,
ma spettava a lei indagare sulla morte di Gardini? «Per carità, Borrelli affidò
correttamente l'inchiesta al sostituto di turno, non ricordo neppure chi fosse,
ma insomma un'idea me la sono fatta...».
venerdì 19 luglio 2013
BUGIARDI E PATACCARI: LA LISTA DI PROSCRIZIONE DEL PM GIULIANO FERRARA
Sul
Foglio i nomi e cognomi dei manettari che per 5 anni hanno chiesto la condanna
del generale Mori, assolto dall'accusa di aver fatto sfumare la cattura di
Provenzano nel 1995
Ci sono magistrati, giornalisti,
televisionisti, politici e membri della cosiddetta "società civile". Giuliano Ferrara, in prima pagina su Il foglio, interviene con la verve che
sempre lo contraddistingue nella vicenda dell'assoluzione del generale Mario Mori, compilando una "lista
di proscrizione" di quelli che definisce "pappagalli delle
procure" e "pataccari" in rotta. Cioè coloro che, nei cinque
anni della durata del processo conclusosi ieri, hanno sparato ad alzo zero su
Mori, accusato di aver fatto saltare la cattura del boss Bernardo Provenzano nel 1995,
sostenendone a spada tratta la colpevolezza. La fine di quello che Il Foglio
definisce "il primo capitolo del processo sulla 'trattativa
Stato-Mafia'" ci libera, secondo Ferrara, da una lista di "firmatari
della menzogna". Tra i magistrati,
il direttore del Foglio mette: Antonio Ingroia, Nino Di Matteo, Roberto Scarpinato,
Vittorio Teresi, Roberto Tartaglia, Gian Carlo Caselli, Domenico Gozzo. I giornalisti: Marco Travaglio,
Antonio Padellaro, Giovanni Bianconi, Francesco La Licata, Giuseppe Lo Bianco,
Sandra Amurri, Saverio Lodato, Salvo Palazzolo, Peter Gomez, Attilio Bolzoni,
Liana Milella, Sandra Rizza, Barbara Spinelli, Marco Lillo, Furio Colombo,
Guido Ruotolo, Paolo Flores D'Arcais. Televisionisti:
Michele Santoro, Sandro Ruotolo, Corrado Formigli, Enrico Mentana, Gad Lerner,
Vauro. Politici: Enzo
Scotti, Claudio Martelli, Antonio Di Pietro, Giuseppe Grillo, Nichi Vendola,
Sonia Alfano, Fabio Granata, Walter Veltroni, Paolo Ferrero, Beppe Lumia,
Leoluca Orlando, Rosario Crocetta, Luigi De Magistris, Luigi Li Gotti. Società civile: Gustavo Zagrebelsky,
Lorenza Carlassare, Sandra Bonsanti, Salvatore Borsellino, Carlo Freccero,
Gianni Vattimo, Roberta De Monticelli, Dario Fo, Isabella Ferrari, Fiorella
Mannoia, Moni Ovadia, Franco Battiato, Maurizio Landini.
IL VENTAGLIO DELLA REALTA’
UN GRAN NAPOLITANO SPIEGA QUAL E’
L’UNICA STRADA POSSIBILE PER PD E PDL
Ineccepibile, il discorso di
Giorgio Napolitano alla stampa parlamentare in occasione della tradizionale
Cerimonia del ventaglio ha ripreso il filo di un ragionamento politico, morale
e, come abbiamo avuto modo di sostenere, di “teologia politica” che il
presidente della Repubblica va conducendo dal giorno della sua rielezione e del
suo mirabile discorso al Parlamento: il principio di realtà. “Non ci si
avventuri a creare vuoti, a staccare spine, per il rifiuto di prendere atto di
ciò che la realtà politica post elettorale ha reso obbligato e per
un’ingiustificabile sottovalutazione delle conseguenze cui si esporrebbe il
paese”, ha ripetuto ieri chiudendo il suo intervento.
IL MOVIMENTO 5 STELLE PRESENTA IL DOSSIER SUI COSTI DELLA CAMERA: COMINCIAMO A TAGLIARE
Un barista
guadagna 110mila euro all’anno.
Ovviamente nel mondo normale no, ma a Montecitorio le cose funzionano
diversamente. Non è una novità assoluta, e già qualche mese fa si era fatto un
gran parlare delle spese folli di Camera e Senato, scoprendo che tutti i
dipendenti del Parlamento guadagnano cifre da capogiro e che per loro è
prevista pure la quindicesima. Quanto ci costa la Camera? A tornare sull’argomento è
stato il Movimento
5 Stelle,
che ha preparato un dossier sulle spese di Montecitorio, che Riccardo Nuti,
capogruppo, ha definito così: “Una scatola vuota di contenuti ma piena di
privilegi”.
Secondo i pentastellati il costo del mantenimento dei 1521 dipendenti della
Camera ammonta a 280 milioni di euro. Costo che sale vertiginosamente quando si
aggiungono i 220
milioni di euro per il personale in pensione. Vediamo un po’ nello
specifica come funziona la cosa: i dipendenti sono divisi in cinque livelli. Al
vertice della piramide stanno i 183 consiglieri, che a fine carriera guadagnano
anche 400mila euro lordi; 170 di loro incassano anche l’indennita di
funzione. Che può variare dai 600 ai 3.900 euro mensili, ovviamente in base
alla qualifiche. Spiega Riccardo Fraccaro, che si è occupato in prima persona
della questione: “L’indennità
di funzione è corrisposta a chi svolge un ruolo di responsabilità, ma nel caso
della Camera si fa all’italiana, tutti colonnelli e nessun soldato, con una
responsabilità diffusa che equivale a nessun responsabile”. Appena sotto i consiglieri
troviamo documentaristi, tecnici e ragionieri:
per loro lo stipendio di base non è niente di sconvolgente (1.800 euro netti);
il fatto è che gli scatti di anzianità sono decisamente appetitosi e portano
costoro a
guadagnare circa 20mila euro al mese dopo 25 anni di servizio.
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giovedì 18 luglio 2013
TORNA SARTORI SUL CORRIERE E SPARA A ZERO SULLA COPPIA KYENGE – BOLDRINI: “DUE RACCOMANDATE”
Pace fatta con il Corriere della Sera. Il professor Giovanni
Sartori torna a scrivere l’editoriale in prima pagina e l’oggetto della sua
ira indignata è ancora lei, “Kyenge Kashetu”, la donna “specializzata
in oculistica all’Università di Modena”. L’analisi dell’anziano
politologo è lucida e parte da un presupposto semplice: “Kyenge non sa, a
quanto pare, che l’integrazione non ha niente a che fare con il luogo di
nascita“. Esempio? “In Inghilterra, in Francia, e anche nelle
democrazie nordiche vi sono figli di immigrati addirittura di seconda
generazione (tutti debitamente promossi a ‘cittadini’ da tempo) che non si
sentono per niente francesi o inglesi. Anzi”. Ma il ministro
dell’Integrazione (adepta del terzomondismo di Livia Turco) sembra non
saperlo. ………:“Se un articolo così l’avesse pubblicato Libero, oggi ci sarebbe la fila
per chiedere le dimissioni di Belpietro, l’intervento della Corte per i Diritti
Umani, dell’Onu, della Nato, della Boldrini e di Napolitano. Invece no. Perché
il feroce pezzo contro il ministro dell’Integrazione, Cécile Kyenge, è
in prima pagina sul Corriere della Sera. E la firma è quella del politologo Giovanni
Sartori. Attacco durissimo, ma tutto va bene………
MAFIA, ASSOLTO IL GENERALE MORI: “IL FATTO NON COSTITUISCE REATO”,
Il generale Mario
Mori e il colonnello Mauro Obinu sono stati assolti dall'accusa di favoreggiamento
aggravato dall'agevolazione a Cosa nostra. La sentenza e' stata pronunciata,
dopo circa sette ore e mezza di camera di consiglio, dalla quarta sezione del
tribunale presieduta da Mario Fontana, alla presenza dei due ufficiali. L'accusa
aveva chiesto 9 anni per l'ex generale del Ros Mori e 6 anni e mezzo per il coimputato.
martedì 16 luglio 2013
KUENGE, LA GRILLINA FUCKSIA CON CALDERONI: “SOMIGLIA A UN ORANGO, CHE HA DETTO DI MALE?”
Il Movimento 5 Stelle:
"Dimissioni inutili", e il Pd s'infuria. E la senatrice M5S rincara:
"Se avessero dato del maiale al leghista, avrebbero parlato di razzismo?
GIUSTIZIA A DUE VELOCITA’. ALESSANDRA GALLI, QUINDICI GIORNI PER LA MOTIVAZIONI DELLA CONDANNA A BERLUSCONI, PERO’ DA OLTRE UN ANNO NON E’ RIUSCITA A SCRIVERE LE MOTIVAZIONI DELLA CONDANNA DI UN MANIACO VIOLENTATORE, CON IL RISULTATO CHE E’ RIMASTO LIBERO,
A margine del processo a Silvio Berlusconi per la
vicenda dei diritti tv, emerge ieri un dettaglio destinato probabilmente a
ridare fiato ai dubbi e alle polemiche di chi vede all’opera una giustizia a
due velocità: agile ed efficiente nei confronti del Cavaliere, incredibilmente
lenta in altri casi. A rendere il tema particolarmente scivoloso, c’è la
circostanza che stavolta non si tratta semplicemente di due facce del sistema
giustizia, ma di due processi affidati proprio allo stesso giudice. E che si dimostra, in
due casi diversi, giudice razzo e giudice lumaca. È il giudice che ha diretto a
tappe forzate il processo d’appello a Berlusconi, e che però da oltre un anno
non è riuscita a scrivere le motivazioni della condanna di un maniaco violentatore, con il risultato che il pericoloso soggetto è
rimasto liberamente in circolazione. Il giudice si chiama Alessandra Galli, ed è il magistrato che lo scorso 8 maggio
nell’aula della seconda sezione penale lesse il dispositivo della sentenza che
confermava in pieno la condanna per frode fiscale inflitta a Berlusconi in
primo grado: quattro anni di carcere, cinque anni di interdizione dai pubblici
uffici. È la sentenza che il prossimo 30 luglio approderà al vaglio della
Cassazione, al termine di un tragitto processuale percorso a ritmi da
Frecciarossa per evitare il rischio della prescrizione.
A fare i salti mortali per evitare che i reati si inabissassero aveva iniziato Edoardo d’Avossa, il giudice del processo di primo grado, che era uscito dalla camera di consiglio con le motivazioni già scritte e le aveva lette tutte d’un fiato agli esterrefatti avvocati difensori. Ma anche Alessandra Galli, quando il
A fare i salti mortali per evitare che i reati si inabissassero aveva iniziato Edoardo d’Avossa, il giudice del processo di primo grado, che era uscito dalla camera di consiglio con le motivazioni già scritte e le aveva lette tutte d’un fiato agli esterrefatti avvocati difensori. Ma anche Alessandra Galli, quando il
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