mercoledì 31 luglio 2013

NON POSSIAMO FAR SENTIRE SOLO IL PRESIDENTE BERLUSCONI.


Alessandro Sallusti - Nelle parole di Laura Boldrini, presidente della Camera, è racchiuso il grande imbroglio che si sta compiendo. Singoli casi giudiziari - ha detto ieri riferendosi alla sentenza definitiva sul caso Mediaset - non devono avere conseguenze sull'attività politica. Come dire che quello di Silvio Berlusconi è un singolo, banale e personale caso giudiziario e non, come nella verità, un accanimento senza precedenti contro il leader del maggior partito italiano che come imprenditore, cioè prima della sua discesa in campo, guarda caso non fu mai oggetto di attenzioni da parte dei pm. Ci spiace per la Boldrini, che usa per fini politici di parte uno scranno che fu prestigioso (cosa che non porta bene come dimostra la fine di Bertinotti, Casini e Fini, suoi predecessori), ma mandare agli arresti Silvio Berlusconi non sarà un fatto personale del Cavaliere di Arcore ma un grosso problema per l'Italia intera. E non potrebbe essere diversamente, indipendentemente dalle volontà dei suoi consiglieri (siano essi falchi o colombe), da ciò che dicono e pensano il capo dello Stato, il premier Letta e tutto il circo mediatico di ogni ordine e grado. Silvio Berlusconi in politica non è diventato ciò che è diventato grazie all'appoggio di tutte, dico tutte, le categorie sopracitate. Al contrario, quasi sempre si è mosso contro il parere e con l'ostilità dichiarata di costoro, in alcuni casi anche degli amici fidati. Quindi, in caso di condanna, dimentichiamoci che il Cavaliere di Arcore segua consigli e umori di alte, medie e basse cariche di Stato e governo, di potentati economici o finanziari. Farà di testa sua, seguendo l'unica bussola che conosce, cioè fare rotta sull'umore di quel terzo di italiani che ha fino a ora affidato a lui la speranza di non essere governato dalla sinistra o da una Europa germano-centrica. E allora ecco che sarà decisivo ciò che gli verrà detto da comuni e anonimi cittadini. Come è accaduto, per esempio, nei giorni scorsi mentre attraversava il reparto di un ospedale dove si era recato per visite di controllo. E siccome la gente, la sua gente, gli ha detto e gli dirà di andare avanti, non ci saranno sentenza, magistrati, restrizioni fisiche e politiche o Boldrini che terranno. Lui andrà avanti, più convinto e forte di prima. Il problema non sarà suo, ma del Pd e di Napolitano che in quanto arbitro dovrà trovare il modo di ripristinare una situazione di giustizia e di agibilità politica gravemente compromesse. Si può tornare a votare, si può pretendere un provvedimento che annulli una sentenza assurda. Quello che noi liberali e moderati non possiamo fare è far sentire solo il presidente alle prese con i giochetti dei palazzi, gli intrighi dei partiti e le paure del Pdl. Ma sono certo che questo non accadrà. Il resto verrà da solo.



LA GRANDE ATTESA: COMUNQUE VADA, IL SUPEREROE AVRA’ IL SUO HAPPY ENDING


La grande attesa è in corso. La sentenza. Il futuro confermato o cassato. Tempo sospeso. Ma da vent’anni. Berlusconi non è un eroe romantico, Dio ne guardi. Il suo destino non è segnato. La personalità non ha nulla di superomistico. E’ un supereroe, non un superuomo. Il cattivissimo Hagen distrae Sigfrido segnalandogli un volo di corvi, per pugnalarlo alle spalle; il nostro Batman o Superman non si farà distrarre né dalle colombe né dai falchi. Non prevarranno gli scuri dell’orchestra o gli acuti delle voci wagneriane, sarà come sempre il trionfo del lieto fine. Giuliano Ferrara


PARTECIPA E PRENOTATI ENTRO GIOVEDI


 Menù della cena:  Tagliatelle al ragù di mora romagnola;  Maialino arrosto con verdure gratinate  Dolce ; Caffè ; acqua e vino incluso € 20,00
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martedì 30 luglio 2013

FATTI CONCRETI LA NOSTRA RICETTA DIVENTA LEGGE: ZERO FISCO PER ASSUMERE I GIOVANI.


Col decreto Lavoro-Iva che il Senato licenzierà questa settimana qualche beneficio effettivamente arriverà in termini di occupazione, perché le nuove norme in materia di contratto a termine favoriranno una maggiore flessibilità nell’incontro fra domanda e offerta di lavoro. L’azzeramento del costo contributivo per il lavoro giovanile migliorerà i conti delle aziende che stanno assumendo lavoratori nella fascia di età tra 18 e 29 anni, ma si tratta di un intervento solo parziale e ridotto rispetto alla gravità della crisi che il nostro mercato del lavoro sta attraversando. Resta infatti, a causa delle resistenze del Pd, troppo rigido l'incentivo a facilitare le assunzioni. Eppure basterebbe anche solo un provvedimento di carattere sperimentale, di portata limitata al tempo necessario per uscire dalla crisi. La ricetta del Pdl è chiara. Dovremmo poter dire agli imprenditori: "Finché non saremo fuori dalla recessione, assumete pure tutti i lavoratori che vi servono, e per due o tre anni, se le cose non miglioreranno, vi sarà consentito di sciogliere questi rapporti senza rischi giudiziali e con un costo di separazione di modesta entità". E' questa la boccata di ossigeno che le associazioni imprenditoriali aspettano, e sarebbe una misura a costo zero per l’erario. Se il decreto resterà così, invece, difficilmente i nuovi incentivi indurranno centinaia di migliaia di imprenditori a procedere alle assunzioni di cui avrebbero bisogno con un contratto a tempo indeterminato.
Non bisogna dimenticare cosa diceva Marco Biagi: "L’incentivo normativo è molto più efficace

IL REQUIEM DI UGO SPOSETTI: “SE LA CASSAZIONE CONFERMA LA CONDANNA DI BERLUSCONI, IL PD NON REGGERÀ L’URTO E SALTERÀ IN ARIA COME UN BIRILLO”


‘’IL PD NON È PIÙ UN PARTITO. “IL PDL SI ARROCCHERÀ IN DIFESA DEL CAPO E LUI DA ARCORE SI DICHIARERÀ PRIGIONIERO POLITICO DEI MAGISTRATI COMUNISTI. BERLUSCONI DIRÀ CHE ENRICO LETTA RESTA IN PIEDI FINO A MORTE NATURALE, E NOI, PUR VOLENDOLO MANDARE A CASA, DOVREMO SOSTENERLO. COMINCERÀ ALLORA UNA FASE ANCORA PIÙ FESSA DI QUELLA ATTUALE. VIVREMO ALLA GIORNATA PER UN PO’, POI ARRIVERÀ NAPOLITANO CHE CI DIRÀ COSA DOBBIAMO FARE…” -
Senatore Sposetti, quali conseguenze prevede nel caso la Cassazione confermi la condanna di Berlusconi? «Sarà la fine di tutto, il partito non reggerà l'urto e salterà in aria come un birillo». Il Pdl pare piuttosto compatto... «Infatti non sto parlando del Pdl, ma del Pd. Siamo politicamente annientati, nessuno ha ragionato di questa vicenda sul piano politico, non la reggeremo: per noi sarà una botta tremenda e il partito imploderà». Con quali conseguenze? «Le conseguenze riguarderanno tutti, l'intero sistema politico». Il suo partito, però... «No, guardi, la fermo: ‘partito' è un termine improprio». Perché? «Lei vede un partito? Ha l'impressione che ci sia un gruppo coeso, o una leadership, o una strategia? Il Pd non è più un partito, è un insieme di persone che pensa ai propri interessi personali e cerca come può di salvarsi il... il futuro, ecco, diciamo il futuro». Sposetti, lei è uomo d'esperienza, ci spiega perché il Pd dovrebbe pagare più del Pdl la condanna di Berlusconi?
«Che vuole spiegare, le basti notare che abbiamo avuto la splendida idea di fissare una Direzione che non poteva non finire male nel giorno in cui il parlamento ha approvato un decreto del governo, il nostro governo, pieno di belle cose per il Paese...». Dunque?  «Dunque sui giornali si parla solo della spaccatura del Pd. Una cosa imbarazzante, il partito è ormai animato da persone che tra un orecchio e l'altro non hanno nulla: un grande ed inesauribile vuoto cerebrale». Come pensa che reagirà Berlusconi ad un'eventuale condanna? «Il Pdl si arroccherà in difesa del Capo e lui da Arcore si dichiarerà prigioniero politico dei magistrati comunisti». E il governo? «Berlusconi dirà che Enrico Letta resta in piedi fino a morte naturale, e noi, pur volendolo mandare a casa, dovremo sostenerlo. Comincerà allora una fase ancora più fessa di quella attuale». Con quale esito? «Vivremo alla giornata per un po', poi arriverà Napolitano che ci dirà cosa dobbiamo fare. Il governo continuerà a vivacchiare con tutta la sua evidente inadeguatezza ed io avrò tempo fare l'unica cosa sensata che mi è rimasta da quando ho capito che la politica è morta: occuparmi delle piante sul balcone di casa».

lunedì 29 luglio 2013

BONDI: PACIFICAZIONE ANCHE PER I MAGISTRATI


Per il coordinatore Pdl: «È la missione della classe dirigente». L'intera classe dirigente è chiamata alla pacificazione. Anche i pubblici ministeri. Ad allargare l'atmosfera da governo di larghe intese, ci ha pensato Sandro Bondi, coordinatore nazionale del Popolo della libertà: «L'Italia ha bisogno prima di tutto di pacificazione, di riconciliazione, di superamento di una politica urlata di odio e di contrapposizione, di una politica non ideologica ma fondata sull'approfondimento razionale dei contenuti, di confronto rispettoso fra le persone e di collaborazione nell'interesse superiore degli italiani e dell'Italia», ha fatto sapere Bondi in una nota. LA MISSIONE DEI LEADER. Il coordinatore pidiellino ha dichiarato che «questo è il compito di leader politici veri, questa dovrebbe essere la missione principale delle classi dirigenti di una grande nazione come l'Italia, da cui neppure il corpo della magistratura si può ritenere esente». «Senza questa condizione di base, che permetta di affrontare la crisi economica e di rafforzare i poteri di chi è chiamato a governare», ha sottolineato Bondi, «le battaglie fra i partiti, i sottopartiti, le correnti e le sottocorrenti, e le fazioni e i clan, sono destinate ad affondare ancor più la crisi nella rovina in cui da tempo ci dibattiamo senza intravedere una via d'uscita. E nessuno - proprio nessuno - può pensare di governare sulle macerie di un Paese».




LA SCOMPARSA DEL CARDINALE TONINI


Nel giorno dei funerali del carissimo Cardinale Ersilio Tonini, vorrei dire che con lui scompare una delle figure più rappresentative di Ravenna di tutti i tempi.
Tonini ha saputo portare la Fede fra la gente con una naturalezza ed una autorevolezza di pensiero che ne hanno fatto uno dei testimoni più ascoltati della Chiesa, anche fuori di essa.
Ci mancherà sempre il suo alto magistero e la sua umanità. Gianguido Bazzoni

RIORGANIZZAZIONE AUSL DI RAVENNA, AUSL UNICA DELLA ROMAGNA.


LA RIORGANIZZAZIONE ELLA ASL DI ROMAGNA SI INNESTA IN UN PROCESSO LEGISLATIVO IN ESSERE CHE CAMBIERA’ GLI EQUILIBRI DELLA  SANITA’ DELL’INTERA REGIONE
Un processo però che ahimè nasce zoppo non essendo stati modificati i livelli istituzionali di riferimento, mi riferisco alle province, e che rischia così come è impostato di mettere in discussione il modello sanitario emiliaromagnolo fondato sulle conferenze territoriali sociosanitarie. Un modello che si vuole democratico che prevede appunto camere di compensazione dove i territori danno le linee guida e riportano le esigenze più pregnanti nei processi decisionali. Nel modello prospettato dalla bozza di legge regionale, predisposto dalla Giunta si evita di normare alcune vicende spinose come ad esempio quella di dove si dovrà collocare la direzione unica della super ASL, si cerca invece di dare un impianto rispetto alla partecipazione ai momenti decisionali di ben 75 comuni, prevedendo due livelli di confronto e spostando di fatto nella totale disposizione dei Comuni capoluogo di provincia il potere decisionale. Una bozza di legge che presenta delle contraddizioni come nel caso dei poteri affidati ai Direttori generali dove all'art. 5 comma 1 si definisce che i direttori generali operano con poteri straordinari e poi sempre all'art. 5 comma 2 recita: "i direttori generali in carica operano con funzioni limitate alla gestione e all'ordinaria amministrazione. Un progetto di legge dove sfugge persino un macro progetto della AUSL unica, onestamente mancano i riferimenti base per esprimere un giudizio compiuto sulla fattibilità e sulla sostenibilità della stessa. Non possiamo chiedere come legislatori un progetto industriale definito ma non possiamo neppure limitarci ad un progetto di pure e semplici linee guida. La fase di ristrutturazione che coinvolge gli ospedali di Ravenna è quanto di più inopportuno oggi si possa fare in una prospettiva di ASL unica, ho già avuto modo di scrivere i motivi di questa inopportunità, è un progetto fuori del tempo che scavalca un percorso in essere. Una riorganizzazione che già si pone in contrasto con quanto riportato nella bozza di legge regionale sulla ASL unica che all'art. 3 comma 7 recita: - La riorganizzazione dei servizi sul piano assistenziale avviene nel rispetto della programmazione regionale, assicurando    condizioni di equità di accesso e prossimità ai servizi nei

sabato 27 luglio 2013

LE STUDIANO TUTTE PER BLOCCARE LO SVILUPPO: DURT IL PARLAMENTO LO CANCELLI!


Il Durt è un nuovo mostro burocratico, un adempimento inutile e complicato che rischia di dare il colpo di grazia alle imprese del settore costruzioni alle prese con una crisi profonda che, solo nel 2102, ha provocato la perdita di 122.000 addetti e 61.844 aziende. Questo è il giudizio di Confartigianato Costruzioni sul Documento Unico di Regolarità Tributaria, che quindi ha chiesto immediatamente al Parlamento di cancellarlo. In pratica le imprese appaltatrici e subappaltatrici, per poter essere pagate dai committenti, dovranno ottenere dall’Agenzia delle Entrate il Durt, il documento che attesta l’inesistenza di debiti tributari da parte dell’azienda. 'Un meccanismo assurdo e kafkiano – ha detto Arnaldo Redaelli, Presidente di Confartigianato Costruzioni - con il quale si chiede agli imprenditori di comunicare periodicamente al Fisco i dati delle buste paga per consentire all’Agenzia delle Entrate di accertare che le imprese sono in regola. Ed è tanto più incomprensibile poichè è inutile al fine di verificare il corretto versamento delle ritenute. L’obbligo per le imprese di versare le ritenute è indipendente dal diritto del contribuente di scomputarle dalla propria dichiarazione, una volta ottenuta la certificazione”. In pratica il Durt contraddice la volontà più volte dichiarata dal Governo di semplificare gli adempimenti a carico delle imprese e rischia di vanificare gli effetti degli incentivi varati dall’Esecutivo per gli interventi di ristrutturazione e risparmio energetico in edilizia. Secondo Confartigianato Costruzioni, quindi, 'se il Parlamento non cancellerà questo adempimento, ne andrà del futuro delle nostre imprese'.


PROVINCE. FORSE E’ LA VOLTA BUONA CHE LE CANCELLANO


Dopo il colpo di mano della Consulta, il governo approva il ddl che rivede e, al tempo stesso, svuota parte dei poteri delle Province in vista dell’abolizione dalla Costituzione
Forse questa è la volta buona. Forse il governo riesce, una volta per tutte, a far piazza pulita delle Province. Forse, dopo il colpo della Corte costituzionale che ai primi di luglio aveva bocciato il riordino voluto da Mario Monti, il Consiglio dei ministri riesce a rimettere la politica al centro approvando il disegno di legge che riguarda "Città metropolitane, Province, Unioni e fusioni di Comuni".  Un provvedimento teso a rivedere e, al tempo stesso, svuotare parte dei poteri delle Province in vista dell’abolizione dalla Carta costituzionale. La Provincia è il vero immortale tra gli enti dello Stato. Sopravvive sempre. Adesso, però, sembra che l'esecutivo voglia fare sul serio e, con tre mosse, cancellare quello che per molti non è altro che un inutile e costoso cuscinetto tra i Comuni e la Regione. Nonostante la determinazione bipartisan di cambiare la Costituzione, le Province sono riuscite a riprodursi nel corso degli anni. Manco avesse la bacchetta magica, il legislatore è riuscito a farle passare dalle 58 istituite nel 1861 alle 89 del secondo dopoguerra alle 110 attuali. Con un piccolo accorgimento: si ragiona su 107 Province dal momento che Aosta, Bolzano e Trento sono di fatto Regioni. Come promesso qualche settimana fa dal premier Enrico Letta, il ddl è solo la prima di tre mosse che dovrebbero portare alla cancellazione definitiva dell'ente cuscinetto. Il condizionale è d'obbligo. Perché finché non saranno sbianchettate dalla Carta, le Province continueranno a esistere e, soprattutto, a costarci un capitale. "Si è annunciato troppe volte in questi mesi l'abrogazione delle province - aveva spiegato lo stesso Letta - ma fino a che la parola rimane in Costituzione l'intervento finisce in un vicolo cieco. Noi cancelliamo la parola stessa". Proprio per questo bisognerà mettere mano al primo comma dell'articolo 114 della Costituzione. Si passerà dalla formulla "La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato" a "La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Regioni e dallo Stato". Tutto qui? Non proprio. Perché bisognerà modificare tutti i commi della Costituzione (e sono ben tredici) in cui vengono anche solo menzionate le Province.

STEPRA IN LIQUIDAZIONE: FORZA ITALIA DOVEVANO PORTARE I LIBRI IN TRIBUNALE!


Provincia di Ravenna: Comunicato stampa Ravenna, 26 luglio 2013 Discussione in consiglio.
Questa mattina, l’ assemblea dei soci di S.TE.P.RA. ha approvato all'unanimità la proposta del CdA e del revisore unico dei conti di mettere in stato di liquidazione la società, ha preso atto delle dimissioni del precedente consiglio e ha nominato liquidatore, il commercialista Giovanni Nonni. Ieri, il consiglio provinciale aveva esaminato l’ ordine del giorno dell’ assemblea ordinaria e straordinaria di S.TE.P.RA.
Il consiglio aveva così preso atto della proposta - oggetto della prossima assemblea ordinaria e straordinaria della società S.TE.P.RA. - di utilizzare tutti gli strumenti previsti dall articolo 2484 e seguenti del Codice Civile per rimettere in equilibrio la società, e favorire una nuova fase di sviluppo economico del territorio provinciale, evidenziando la necessità che la società S.TE.P.RA. agisca per tutelare il capitale sociale e i beni patrimoniali di interesse pubblico della società e operi per favorire una ripresa delle vendite delle aree produttive della società allo scopo di ridurre progressivamente l'indebitamento, riequilibrare i conti economici, valorizzare le aree di interesse strategico per contribuire alla ripresa dello sviluppo e dell'occupazione in provincia. Hanno votato a favore i gruppi Idv, Pd e Sel. I gruppi di minoranza (Gruppo misto, Lega Nord, Pdl e Udc) hanno abbandonato l aula al momento del voto.
Il capogruppo Fds ha lasciato l aula al momento del voto con motivazioni diverse dai gruppi di minoranza.
La proposta della messa in liquidazione di S.TE.P.RA. ha precisato il vicepresidente della Provincia Gianni Bessi è un atto dovuto di trasparenza ai sensi del Codice civile con cui si dichiara che, in questa fase, la società opererà unicamente per la graduale vendita delle aree già urbanizzate presenti su tutto il territorio provinciale. Tale decisione mette S.TE.P.RA. nelle condizioni migliori per raggiungere un accordo positivo con le banche, per contenere al massimo i costi interni e consentire quindi di proseguire l attività cercando di agganciare, nell arco di qualche anno, una migliore fase per il mercato immobiliare. La convocazione dell assemblea straordinaria di S.TE.P.RA. è legata al fatto che, la situazione economica e finanziaria della società dovuta alla particolare suituazione del mercato immobiliare in Italia, rende necessaria, per ragioni di trasparenza e miglior gestione, in questa particolare fase, l utilizzazione dello strumento della liquidazione per gestire in bonis questa fase di difficoltà di mercato rispetto a una azienda patrimonialmente sana. L obiettivo è quello di consentire la riattivazione delle attività di vendita dei beni della società costituiti da aree produttive in un quadro di contenimento massimo dei costi gestionali, al fine di rimettere in equilibrio la società, di tutelare i beni di interesse pubblico e favorire una nuova fase di sviluppo economico del nostro territorio. S.TE.P.RA. infatti è una società formalmente sana con i beni patrimoniali effettivamente disponibili e conteggiati a bilancio con valori corretti ma si confermano gli elementi di criticità già evidenziati nell' analisi dei dati del bilancio 2012: un elevato indebitamento di tipo oneroso ; liquidità che potrebbe divenire nel tempo non sufficiente per far fronte al pagamento dei debiti e delle altre spese; presenza di significativi costi fissi con particolare riferimento agli interessi passivi; andamento di mercato praticamente bloccato nel settore degli immobili a uso produttivo, che comporta un forte rallentamento della propensione agli insediamenti imprenditoriali e in generale una brusca frenata delle vendite e quindi del trend delle entrate sulla principale attività della società. Nel corso del dibattito sono intervenuti: I capigruppo di minoranza hanno così motivato la scelta di non partecipare alla votazione della delibera: Gianluigi Forte, Lega Nord: Siamo al cospetto di un disastro. Ma non è stata la crisi economica attuale a provocarlo come vorrebbe farci credere la maggioranza. All origine del fallimento di S.TE.P.RA. c è invece una triangolazione pubblico privato gestita da un direttore che intasca 200mila euro l anno per non fare nulla e che non ha raggiunto risultati apprezzabili. E immorale. La liquidazione è l unica via d uscita ma tardiva. Gianfranco Spadoni, Udc: S.TE.P.RA. è in liquidazione per le enormi difficoltà finanziarie, così come Aeradria dell aeroporto di Rimini e il Ridolfi di Forlì hanno già depositato i registri in tribunale. E superfluo, a questo punto, che i partiti di maggioranza locali si domandino se l impostazione e il modello di gestione delle imprese e delle aziende pubbliche siano ancora validi. Ma quante risorse ha versato la Provincia nel pozzo di San Patrizio di S.TE.P.RA. già agonizzante? Vincenzo Galassini, Forza Italia Gruppo misto: In questa delibera si


venerdì 26 luglio 2013

STEPRA: PORTARE I LIBRI IN TRIBUNALE


Questa mattina la Provincia ha incaricato il proprio rappresentante che parteciperà, domani all’assemblea ordinaria e straordinaria della STEPRA (Società Consortile ARL. Sviluppo Territoriale della Provincia di Ravenna) di proprietà della Camera di Commercio e della Provincia di Ravenna  e di tutti gli altri comuni ravennati (100% del capitale), di aderire alla “messa in liquidazione della società” che non comporta maggiori oneri per la Provincia di Ravenna.
La STEPPRA ha un elevato indebitamento di tipo oneroso pari a 29,2 milioni di euro al quale si aggiungono altri debiti verso i fornitori, liquidità non sufficiente per far fronte al pagamento dei debiti e delle altre spese, presenza di elevati costi fissi con particolare riferimento agli interessi passivi, ha cinque dipendenti e un direttore (costo annuo 200.000 euro).
 Un consiglio di amministrazione di qualsiasi azienda privata porterebbe subito i libri in tribunale per le decisioni in merito. Considerata la situazione finanziaria precedente, i libri andavano portati alcuni anni fa!
La contrarietà di Forza Italia, denunciata dal 2001, per questo tipo di società partecipate pubbliche (nostri euro) che non di competenza istituzionale della Provincia, della Camera di Commercio, dei Comuni in particolare come in questo caso, di una società che realizza urbanizzazioni, nella norma, è di competenza privata con tutti i benefici rischi e utili. La sinistra ravennate ha insistito in questo metodo in tante altre partecipate anche se oggi ne sta uscendo .
 La liquidazione della STEPRA non è la soluzione per la comunità ravennate perché le banche potrebbero essere influenzate dal potere amministrativo per salvare la società pubblica, e togliere eventuali risorse alle tante altre aziende in crisi nella Provincia di Ravenna.
Per Forza Italia è giunta l’ora, nella Provincia di Ravenna di togliere ogni tabù e ferreo controllo  pubblico sull’economia, e  continuerà  la denuncia, affinché i responsabili rispondano del buco che sembra superi 30 milioni di euro. Il consigliere provinciale (Forza Italia Gruppo Misto) Vincenzo Galassini

LEGGE REGIONALE ID RIORDINO SULLE ASP


Le legge sulle ASP è una grande occasione buttata al vento, potevamo andare a riformare un sistema di welfare che nei 10 anni da quando è entrato in funzione ha mostrato enormi lacune e criticità: troppa burocrazia, troppe poltrone, troppe spese, pochissima sussidiarietà. Non si supera l’idea sbagliata di fondo della legge 2/2003 lo statalismo accentratore che a scendere crea tutti i problemi appena accennati. Ci voleva il coraggio di cambiare strategia come hanno fatto in altre regioni del nord, dando spazio alla pluralità delle forme gestionali incentivate (anche fondazioni) ed alla sussidiarietà, consentendo un maggior coinvolgimento del privato sociale. È inoltre inaccettabile che la Regione cerchi sempre più di scaricare oneri sulle amministrazioni comunali le quali, in molti casi, già con la legge 2/2003 si sono viste addossare carichi di spesa per gestire servizi che prima avevano a costo zero con le IPAB ed ora li vedranno ulteriormente aumentare in virtù dell’ulteriore accentramento e aziendalismo pubblico delle strutture cui sono stati obbligati ad aderire. Come PdL avevamo proposto una progetto di legge equilibrato che voleva azzerare gli oneri del sociale per i comuni che, oggi, gravano per oltre il 50% sui bilanci. Si è preferito invece dare qualche contentino all’estrema sinistra, vedi l’articolo 3 rispetto ai divieti di assunzione di personale, creando così il rischio di nuovi bacini di dipendenza pubblica fuori del tempo con il dubbio che siano utili a creare bacini di consenso. Le stesse organizzazioni che si collocano a sinistra e qualche anno fa esultavano rispetto alla creazione delle ASP oggi criticano aspramente questa soluzione perché troppo spostato a sinistra tanto da scavalcarle. Un modello di gestione neo comunista dirigista lontano dai bisogni dei territori lontano anni luce da una visione della pubblica amministrazione improntata all’accessibilità e trasparenza moderna e flessibile.

Continua il Presidente del Gruppo Assembleare del PDL in Regione Emilia-Romagna Gianguido Bazzoni: “Questa legge passa sopra la testa, scavalca, la volontà dei territori, le loro specificità ed eccellenze, caso emblematico l’ASP di Castel Bolognese Riolo terme, Brisighella e Casola Valsenio. Su questa riorganizzazione Il PD sui territori ha fatto melina ed il doppio gioco. I Sindaci inoltre nel caso specifico di Casola Valsenio e Castelbolognese non hanno ascoltato e non hanno posto all’ordine del giorno politico del loro partito, maggioranza di governo in Regione Emilia-Romagna, il lavoro propositivo fatto dai gruppi di lavoro e dei comitati impegnati su questi temi teso a valutare il provvedimento senza preclusioni di sorta ma che ha dimostrato alla fine la non convenienza e necessità di una ASP unica nel distretto faentino. I consiglieri regionali del PD della provincia di Ravenna, se avessero voluto, potevano sicuramente incidere per far modificare il testo della legge al fine di lasciare maggiori gradi di libertà sui singoli distretti, al fine di valutare le specificità e soprattutto le efficienze concrete delle strutture esistenti, questa latitanza grida vendetta, perché é un chiaro tradimento del territorio che li ha eletti. La conferma di questa latitanza é dimostrata dalle forti tensioni interne ai coordinamenti locali dello stesso PD. I cittadini non possono capire.e giustificare queste operazioni di puro potere senza vantaggi sul piano dei servizi alla persona”.



giovedì 25 luglio 2013

CI RISIAMO! IL GOVERNO NOMINA UN “COMMISSARIO” PER I TAGLI PER LUI 950.000€. IN TRE ANNI


Ma è  proprio strepitoso questo Decreto del Fare. Oltre agli emendamenti ad personam per salvare la doppia poltrona a Vincenzo De Luca (Pd, viceministro e sindaco di Salerno), ecco che tra le righe di quel provvedimento-lumaca si scorgono perle di rara bellezza. Un esempio? Eccolo, come scrive oggi il Messaggero: “E’ in arrivo un comitato interministeriale per vigilare sulla spending review. Prevista la nomina di un commissario ad hoc appositamente retribuito: 150mila euro quest’anno, 300mila euro nel 2014 e nel 2015 e 200mila nel 2016″.
Alla faccia della spending review.

BERLUSCONI SPINGE SU FORZA ITALIA: ALLA CAMERA TORNA LA TARGA. ECCO COME SARA’ IL NUOVO MOVIMENTO CHE RIEVOCA LO SPIRITO DEL ‘94


Un vero e proprio sguardo al futuro. Nelle stanze del Pdl a Montecitorio è rispuntata una targa con l'intestazione al "Gruppo parlamentare Forza Italia". D'altra parte, sono ormai diverse che Silvio Berlusconi sta studiando il nuovo volto del centrodestra. La determinazione del Cavaliere di abbandonare il Pdl per recuperare lo spirito del ’94 è, infatti, cosa nota a tutti. Anche ai molti che, pronti a far le valige dal più ampio contenitore pidiellino, già stanno prendendo le misure per i prossimi incarichi nel partito. Nell’insistere sul progetto "azzurro", i più intravedono la voglia del Cavaliere di far capire che, aldilà della sentenza della Cassazione sul processo Mediaset, andrà avanti. Come assicurano i più stretti collaboratori del Cavaliere, "nulla riuscirà ad abbatterlo" e nessuna sentenza "riuscirà mai a spegnere il suo progetto liberale". Intanto la nuova insegna è apparsa proprio sulla parete di uno dei corridoi interni, ben visibile sia ai deputati del Pdl sia ai colleghi di Scelta civica e Fratelli d’Italia. Della nuova Forza Italia, ormai, quasi più nulla è segreto: sarà, come vent’anni fa, un movimento e non più un partito. Lascerà che il Pdl sopravviva come contenitore o, meglio, come "casa comune" per accogliere eventuali alleati. Punterà all’autofinanziamento (contando sulla nuova legge sui partiti), sul radicamento nel territorio e sarà, al netto delle conferme per gli azzurri della prima ora, una struttura con moltissimi giovani. Basta anche con il segretario politico, con i "triumvirati", e strada tracciata per il coordinatore unico. "Abbiamo deciso di tornare a Forza Italia perché vorremmo, come ci riusci 20 anni fa, rivolgerci ai giovani e ai protagonisti del mondo del lavoro per chiedere di interessarsi al nostro comune destino", si legge allora nel post del Cavaliere su Facebook in cui inserisce anche un appello alle "iscrizioni" spiegando che "non è giusto che solo alcuni si interessino del nostro Paese e gli altri guardino da lontano criticando chi invece si impegna". "Spero che con il lancio di Forza Italia nel mese di settembre possano aggiungersi a noi tanti italiani con il loro entusiasmo e loro passione", ha concluso il leader del Pdl. Una speranza che guarda anche al mondo delle imprese e della società civile.


GOVERNO: BONDI , SIGLARE PATTO PER INTERA LEGISLATURA


 (ASCA) - Roma, 24 lug - Un patto di legislatura per affrontare la crisi. Lo chiede il coordinatore nazionale del Pdl, Sandro Bondi. ''La mia opinione - scrive in una nota - e' che se l'Italia vuole salvarsi, non solo la politica ma le residue classi dirigenti (cioè imprenditori, sindacati, mondo della cultura e magistrati), se ancora vi sono classi dirigenti che pensano in termini di interessi generali e nazionali, dovrebbero operare affinchè  si possano determinare le condizioni di un patto di legislatura. La possibilità di siglare un patto per l'intera legislatura - dice Bondi - che potrebbe consentire al governo di affrontare seriamente la drammatica crisi economica e di varare finalmente le riforme istituzionali, rafforzerebbe la fiducia verso l'Italia e permetterebbe di portare a compimento quella pacificazione che, nelle sue varie forme, appare sempre più come condizione essenziale per salvare l'Italia dalla disgregazione''.


mercoledì 24 luglio 2013

BAZZONI: IL VOTO CONTRARIO DEL PDL ALL’ASSESTAMENTO DI BILANCIO DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA È LA BOCCIATURA DI TUTTA LA POLITICA DELLA GIUNTA ERRANI.


Una Regione che registra un avanzo di amministrazione di quasi due miliardi e mezzo di euro non riesce a darsi una linea per supportare l’economia regionale e tutta la società in grandissima crisi, economica e di prospettive. La Giunta Errani ha messo in campo una “manovrina” di poche decine di milioni, in gran parte assorbiti dalla sanità e destinati, pensiamo noi, alla copertura dei buchi delle ASL.
I fondi per l’economia e l’impresa, per il grande dissesto idrogeologico dovuto a frane, alluvioni e terremoti, e per il turismo, che sta vivendo il suo “annus horribilis”, sono insignificanti e dimostrano come il PD ormai non sia più in sintonia con la società ed il territorio regionale. Non solo i conti sono striminziti, ma non si sono sentite neppure espressioni di volontà e di prospettive future. Nessun accenno alla chiusura di un’ERVET inutile che serve solo a mantenere clientele intellettuali; nessuno alla necessità di una ricognizione sul patrimonio immobiliare della Regione, che ammonta a 100 miliardi e che in parte potrebbe essere messo a reddito; nessuno alla necessità di diminuire la forte pressione fiscale regionale su cittadini ed imprese, per dare un po’ di respiro, visto che il bilancio della Regione è in forte attivo.
E’ una finanziaria regionale in “stile Merkel” quella che l’Assemblea legislativa ha purtroppo approvato, perché l’ossessione del bilancio perfetto e della continuità del proprio sistema di potere hanno fatto dimenticare le reali necessità del sistema produttivo e delle famiglie della nostra regione.         Gianguido Bazzoni


4^ CONVENTION AZZURRI DEL ’94: “VIVA FORZA ITALIA VIVA” A MARRADI 3 AGOSTO 2014


FOTO RICORDO DELLA 3^ CONVENZIONE A RIMINI
Gurioli, Fantinelli, Sabrina Angeli,  Gabriella Pezzuto, Forza Novantaquattro, Bettamio  Galassini, Rodolfo Ridolfi, Fabio Filippi, avv. Cataliotti,  Paride Pulcinelli


DI PIETRO: “POTEVO SALVARE GARDINI”. LA CRAXI LO INSULTA E POMICINO L’ACCUSA


Non è di certo passata inosservata quella assurda e incauta dichiarazione di Antonio Di Pietro che al Corriere della Sera domenica 21 luglio ha detto: "Potevo salvare Raul Gardini. Se lo avessi arrestato non si sarebbe suicidato". Raul Gardini si è tolto la vita proprio per evitare il carcere. E sicuramente, se fosse finito dietro le sbarre sarebbe riuscito comunque ad ammazzarsi. Lo sanno bene quelli che direttamente o indirettamente sono stati protagonisti di quel periodo come Stefania Craxi e Cirino Pomicino.  La figlia di Craxi, oggi martedì 23 luglio, a vent'anni esatti dalla morte di Gardini, scrive una lettera al Corriere in cui accusa l'ex pm: "Di Pietro ha dedicato tutta l'intervista a negare la propria responsabilità nel suicidio". "Afferma di aver promesso agli avvocati di Gardini che non lo avrebbe arrestato e che avrebbe atteso l'imprenditore in Procura per l'interrogatorio proprio quella mattina 23 luglio. Ma invece di recarsi in Procura quella mattina l'imprenditore si sparò. È un gioco di parole. Tutti, da settimane, sapevano a Milano che per Gardini le manette erano già pronte". Era noto, rincara la Craxi, "che gli interrogatori di Di Pietro si svolgessero accompagnati dal tintinnare delle manette e che le porte di San Vittore fossero ben aperte per tutti coloro ai quali il tintinnare non bastava per rispondere secondo i desideri del pm". Non solo, conclude la figlia di Bettino: "Di Pietro fa anche la vittima: avevo contro personaggi come Craxi e Parisi, il capo della polizia!". Peccato che nel biennio 1992/94 "si è distrutto un sistema illecito di finanziamento della politica, ma si è distrutto anche un sistema politico che da cinquant'anni assicurava libertà e progresso". Quei partiti "non sono più rinati; la politica e l'amministrazione hanno conosciuto solo passi indietro. I Di Pietro lasciamoli nel dimenticatoio in cui si sono cacciati".

martedì 23 luglio 2013

BERLUSCONI: “FORZA ITALIA? UN PARTITO PER GIOVANI E IMPRENDITORI


“SPERO CHE A SETTEMBRE SI VOGLIANO AGGIUNGERE A NOI MIGLIAIA DI ITALIANI
I sondaggi lo premiano, ma Silvio Berlusconi è certo che il futuro è Forza Italia. Un futuro per nostalgici, insomma. Il Cav ribadisce le ragioni del prossimo cambio di nome in un intervento telefonico a un evento organizzato dall'Esercito di Silvio: "Abbiamo deciso di tornare a Forza Italia per un motivo che riguardava il nome Popolo della Libertà, fatto di due belle parole, ma in realtà mai usate". Una ragione, quella del nome storpiato, che l'ex premier ha più volte citato motivando il cambio della "ragione sociale" del partito. Berlusconi aggiunge: "Con Forza Italia, come ci riuscì 20 anni fa, vorremmo rivolgerci ai giovani e ai protagonisti del mondo del lavoro per chiedere di interessarsi al nostro comune destino". Il Cav continua: "Non è giusto che solo alcuni si interessino del nostro Paese e gli altri guardino da lontano criticando chi invece si impegna. Spero che con il lancio di Forza Italia nel mese di settembre - ha concluso - possano aggiungersi a noi tanti italiani con il loro entusiasmo e la loro passione".


SINDACO MICHELIN


 Ma lavora sempre coi soldi della simpatica fondazione che gli sgancia euro e dollari per jet supersonici? Non sempre. Ci sono precedenti degni di studio. Sembra la guida Michelin dei sindaci. Il Tripadvisor dei cinque stelle nel senso degli hotel; Nel settembre del 2011 il sindaco Renzi, ad esempio, si recò a Washington. Costò ai fiorentini 1.700 euro al giorno; Il gruppo consigliare del Popolo della Libertà controllò gli scontrini. Dopo di che fece sapere: “il sindaco Renzi, lo stesso che propugna i tagli ai costi della politica, e un rinnovamento epocale, quando si tratta di se stesso smette i panni del moralizzatore, e veste quelli della rockstar”.  IL SINDACO MICHELIN Le note spesa per la trasferta a Washington dal 18 al 21 settembre 2011 hanno una voce curiosa. Noleggio automezzo. Uno pensa: sarà il camper, magari un po’ all’americana. Invece no: macchinona; Si legge: “2.168 euro per l’utilizzo di una limousine (così negli Stati Uniti viene definita una vettura di lusso con conducente), 87 dollari l’ora per un totale di 34 ore di utilizzo”.  IL SINDACO MICHELIN Il conto totale della trasferta – per il solo sindaco, senza contare il suo accompagnatore Giuliano da Empoli –, per 4 giorni, è stato di 6.764 euro (1.691 euro al giorno): 4.043 euro per il volo aereo; 552 euro per il soggiorno al Four Season; 2.168 euro per il noleggio auto. IL SINDACO MICHELIN Ecco una tabella piuttosto interessante

lunedì 22 luglio 2013

LE MEMORIE AMARE DI TONINO: “GARDINI DOVEVA RACCONTARMI TUTTO, E IO LO POTEVO SALVARE”


Per me fu una sconfitta terribile - racconta oggi Antonio Di Pietro -. La morte di Gardini è il vero, grande rammarico che conservo della stagione di Mani pulite. Per due ragioni. La prima: quel 23 luglio Gardini avrebbe dovuto raccontarmi tutto: a chi aveva consegnato il miliardo di lire che aveva portato a Botteghe Oscure, sede del Pci; chi erano i giornalisti economici corrotti, oltre a quelli già rivelati da Sama; e chi erano i beneficiari del grosso della tangente Enimont, messo al sicuro nello Ior. La seconda ragione: io Gardini lo potevo salvare. Il mattino del 23 prima delle 7 sono già a Palazzo di Giustizia. Alle 8 e un quarto mi telefona uno degli avvocati, credo De Luca, per avvertirmi che Gardini sta venendo da me, si sono appena sentiti. Ma poco dopo arriva la chiamata del 113: "Gardini si è sparato in testa". Credo di essere stato tra i primi a saperlo, prima anche dei suoi avvocati». «Mi precipito in piazza Belgioioso, in cinque minuti sono già lì. Entro di corsa. Io ho fatto il poliziotto, ne ho visti di cadaveri, ma quel mattino ero davvero sconvolto. Gardini era sul letto, l'accappatoio insanguinato, il buco nella tempia». E la pistola? «Sul comodino. Ma solo perché l'aveva raccolta il maggiordomo, dopo che era caduta per terra. Capii subito che sarebbe partito il giallo dell'omicidio, già se ne sentiva mormorare nei conciliaboli tra giornalisti e pure tra forze dell'ordine, e lo dissi fin dall'inizio: nessun film, è tutto fin troppo chiaro. Ovviamente in quella casa mi guardai attorno, cercai una lettera, un dettaglio rivelatore, qualcosa: nulla». Scusi Di Pietro, ma spettava a lei indagare sulla morte di Gardini? «Per carità, Borrelli affidò correttamente l'inchiesta al sostituto di turno, non ricordo neppure chi fosse, ma insomma un'idea me la sono fatta...».

ANDATE IN COMUNE A FIRMARE PER I REFERENDUM SULLA GIUSTIZIA: IMPORTANTE!

venerdì 19 luglio 2013

BUGIARDI E PATACCARI: LA LISTA DI PROSCRIZIONE DEL PM GIULIANO FERRARA


Sul Foglio i nomi e cognomi dei manettari che per 5 anni hanno chiesto la condanna del generale Mori, assolto dall'accusa di aver fatto sfumare la cattura di Provenzano nel 1995

Ci sono magistrati, giornalisti, televisionisti, politici e membri della cosiddetta "società civile". Giuliano Ferrara, in prima pagina su Il foglio, interviene con la verve che sempre lo contraddistingue nella vicenda dell'assoluzione del generale Mario Mori, compilando una "lista di proscrizione" di quelli che definisce "pappagalli delle procure" e "pataccari" in rotta. Cioè coloro che, nei cinque anni della durata del processo conclusosi ieri, hanno sparato ad alzo zero su Mori, accusato di aver fatto saltare la cattura del boss Bernardo Provenzano nel 1995, sostenendone a spada tratta la colpevolezza. La fine di quello che Il Foglio definisce "il primo capitolo del processo sulla 'trattativa Stato-Mafia'" ci libera, secondo Ferrara, da una lista di "firmatari della menzogna". Tra i magistrati, il direttore del Foglio mette: Antonio Ingroia, Nino Di Matteo, Roberto Scarpinato, Vittorio Teresi, Roberto Tartaglia, Gian Carlo Caselli, Domenico Gozzo. I giornalisti: Marco Travaglio, Antonio Padellaro, Giovanni Bianconi, Francesco La Licata, Giuseppe Lo Bianco, Sandra Amurri, Saverio Lodato, Salvo Palazzolo, Peter Gomez, Attilio Bolzoni, Liana Milella, Sandra Rizza, Barbara Spinelli, Marco Lillo, Furio Colombo, Guido Ruotolo, Paolo Flores D'Arcais. Televisionisti: Michele Santoro, Sandro Ruotolo, Corrado Formigli, Enrico Mentana, Gad Lerner, Vauro. Politici: Enzo Scotti, Claudio Martelli, Antonio Di Pietro, Giuseppe Grillo, Nichi Vendola, Sonia Alfano, Fabio Granata, Walter Veltroni, Paolo Ferrero, Beppe Lumia, Leoluca Orlando, Rosario Crocetta, Luigi De Magistris, Luigi Li Gotti. Società civile: Gustavo Zagrebelsky, Lorenza Carlassare, Sandra Bonsanti, Salvatore Borsellino, Carlo Freccero, Gianni Vattimo, Roberta De Monticelli, Dario Fo, Isabella Ferrari, Fiorella Mannoia, Moni Ovadia, Franco Battiato, Maurizio Landini.


IL VENTAGLIO DELLA REALTA’


UN GRAN NAPOLITANO SPIEGA QUAL E’ L’UNICA STRADA POSSIBILE PER PD E PDL
Ineccepibile, il discorso di Giorgio Napolitano alla stampa parlamentare in occasione della tradizionale Cerimonia del ventaglio ha ripreso il filo di un ragionamento politico, morale e, come abbiamo avuto modo di sostenere, di “teologia politica” che il presidente della Repubblica va conducendo dal giorno della sua rielezione e del suo mirabile discorso al Parlamento: il principio di realtà. “Non ci si avventuri a creare vuoti, a staccare spine, per il rifiuto di prendere atto di ciò che la realtà politica post elettorale ha reso obbligato e per un’ingiustificabile sottovalutazione delle conseguenze cui si esporrebbe il paese”, ha ripetuto ieri chiudendo il suo intervento.


IL MOVIMENTO 5 STELLE PRESENTA IL DOSSIER SUI COSTI DELLA CAMERA: COMINCIAMO A TAGLIARE


Un barista guadagna 110mila euro all’anno. Ovviamente nel mondo normale no, ma a Montecitorio le cose funzionano diversamente. Non è una novità assoluta, e già qualche mese fa si era fatto un gran parlare delle spese folli di Camera e Senato, scoprendo che tutti i dipendenti del Parlamento guadagnano cifre da capogiro e che per loro è prevista pure la quindicesima. Quanto ci costa la Camera? A tornare sull’argomento è stato il Movimento 5 Stelle, che ha preparato un dossier sulle spese di Montecitorio, che Riccardo Nuti, capogruppo, ha definito così: “Una scatola vuota di contenuti ma piena di privilegi”. Secondo i pentastellati il costo del mantenimento dei 1521 dipendenti della Camera ammonta a 280 milioni di euro. Costo che sale vertiginosamente quando si aggiungono i 220 milioni di euro per il personale in pensione. Vediamo un po’ nello specifica come funziona la cosa: i dipendenti sono divisi in cinque livelli. Al vertice della piramide stanno i 183 consiglieri, che a fine carriera guadagnano anche 400mila euro lordi; 170 di loro incassano anche l’indennita di funzione. Che può variare dai 600 ai 3.900 euro mensili, ovviamente in base alla qualifiche. Spiega Riccardo Fraccaro, che si è occupato in prima persona della questione: “L’indennità di funzione è corrisposta a chi svolge un ruolo di responsabilità, ma nel caso della Camera si fa all’italiana, tutti colonnelli e nessun soldato, con una responsabilità diffusa che equivale a nessun responsabile”. Appena sotto i consiglieri troviamo documentaristi, tecnici e ragionieri: per loro lo stipendio di base non è niente di sconvolgente (1.800 euro netti); il fatto è che gli scatti di anzianità sono decisamente appetitosi e portano costoro a guadagnare circa 20mila euro al mese dopo 25 anni di servizio.

giovedì 18 luglio 2013

TORNA SARTORI SUL CORRIERE E SPARA A ZERO SULLA COPPIA KYENGE – BOLDRINI: “DUE RACCOMANDATE”


Pace fatta con il Corriere della Sera. Il professor Giovanni Sartori torna a scrivere l’editoriale in prima pagina e l’oggetto della sua ira indignata è ancora lei, “Kyenge Kashetu”, la donna “specializzata in oculistica all’Università di Modena”. L’analisi dell’anziano politologo è lucida e parte da un presupposto semplice: “Kyenge non sa, a quanto pare, che l’integrazione non ha niente a che fare con il luogo di nascita. Esempio? “In Inghilterra, in Francia, e anche nelle democrazie nordiche vi sono figli di immigrati addirittura di seconda generazione (tutti debitamente promossi a ‘cittadini’ da tempo) che non si sentono per niente francesi o inglesi. Anzi”. Ma il ministro dell’Integrazione (adepta del terzomondismo di Livia Turco) sembra non saperlo. ………:“Se un articolo così l’avesse pubblicato Libero, oggi ci sarebbe la fila per chiedere le dimissioni di Belpietro, l’intervento della Corte per i Diritti Umani, dell’Onu, della Nato, della Boldrini e di Napolitano. Invece no. Perché il feroce pezzo contro il ministro dell’Integrazione, Cécile Kyenge, è in prima pagina sul Corriere della Sera. E la firma è quella del politologo Giovanni Sartori. Attacco durissimo, ma tutto va bene………



1. LE CONSEGUENZE POLITICHE DELLA KAZAKATA RISCHIANO DI RIBALTARSI PESANTEMENTE SU RENZI. VENERDÌ IL VOTO DI SFIDUCIA AD ALFANO AL SENATO VEDRÀ ADDIRITTURA ALLARGARSI LA MAGGIORANZA POICHÉ MARONI E LEGA VOTERANNO A FAVORE DEL VICEPREMIER
2. SE I RENZIANI AL SENATO NON PARTECIPERANNO AL VOTO, O VOTERANNO PER IL SI' ALLA MOZIONE DI SFIDUCIA DI GRILLINI E VENDOLIANI FARANNO UN CLAMOROSO AUTOGOL
3. RENZI PUÒ ANCORA SALVARSI SOLO SE FERMA LA SUA RINCORSA AD ELEZIONI CHE NON SONO PIÙ ALL’ORIZZONTE, PERCHÉ BERLUSCONI HA MESSO IN RIGA VERDINI E SANTADECHE’ E BELLA NAPOLI NON PRENDERA' LE SUE DECISIONI SULLE FIBRILLAZIONI POLITICHE MA SUI NUMERI
4. SE RENZI RISCHIA, ALFANO, NONOSTANTE IL VOTO CHE LO SALVA, NE ESCE CON LE OSSA ROTTE NEL RUOLO PIÙ DELICATO TRA I TRE CHE RICOPRE, QUELLO DI MINISTRO DELL’INTERNO



MAFIA, ASSOLTO IL GENERALE MORI: “IL FATTO NON COSTITUISCE REATO”,


Il generale Mario Mori e il colonnello Mauro Obinu sono stati assolti dall'accusa di favoreggiamento aggravato dall'agevolazione a Cosa nostra. La sentenza e' stata pronunciata, dopo circa sette ore e mezza di camera di consiglio, dalla quarta sezione del tribunale presieduta da Mario Fontana, alla presenza dei due ufficiali. L'accusa aveva chiesto 9 anni per l'ex generale del Ros Mori e 6 anni e mezzo per il coimputato.


martedì 16 luglio 2013

KUENGE, LA GRILLINA FUCKSIA CON CALDERONI: “SOMIGLIA A UN ORANGO, CHE HA DETTO DI MALE?”


Il Movimento 5 Stelle: "Dimissioni inutili", e il Pd s'infuria. E la senatrice M5S rincara: "Se avessero dato del maiale al leghista, avrebbero parlato di razzismo?




GIUSTIZIA A DUE VELOCITA’. ALESSANDRA GALLI, QUINDICI GIORNI PER LA MOTIVAZIONI DELLA CONDANNA A BERLUSCONI, PERO’ DA OLTRE UN ANNO NON E’ RIUSCITA A SCRIVERE LE MOTIVAZIONI DELLA CONDANNA DI UN MANIACO VIOLENTATORE, CON IL RISULTATO CHE E’ RIMASTO LIBERO,


A margine del processo a Silvio Berlusconi per la vicenda dei diritti tv, emerge ieri un dettaglio destinato probabilmente a ridare fiato ai dubbi e alle polemiche di chi vede all’opera una giustizia a due velocità: agile ed efficiente nei confronti del Cavaliere, incredibilmente lenta in altri casi. A rendere il tema particolarmente scivoloso, c’è la circostanza che stavolta non si tratta semplicemente di due facce del sistema giustizia, ma di due processi affidati proprio allo stesso giudice. E che si dimostra, in due casi diversi, giudice razzo e giudice lumaca. È il giudice che ha diretto a tappe forzate il processo d’appello a Berlusconi, e che però da oltre un anno non è riuscita a scrivere le motivazioni della condanna di un maniaco violentatore, con il risultato che il pericoloso soggetto è rimasto liberamente in circolazione. Il giudice si chiama Alessandra Galli, ed è il magistrato che lo scorso 8 maggio nell’aula della seconda sezione penale lesse il dispositivo della sentenza che confermava in pieno la condanna per frode fiscale inflitta a Berlusconi in primo grado: quattro anni di carcere, cinque anni di interdizione dai pubblici uffici. È la sentenza che il prossimo 30 luglio approderà al vaglio della Cassazione, al termine di un tragitto processuale percorso a ritmi da Frecciarossa per evitare il rischio della prescrizione.
A fare i salti mortali per evitare che i reati si inabissassero aveva iniziato
Edoardo d’Avossa, il giudice del processo di primo grado, che era uscito dalla camera di consiglio con le motivazioni già scritte e le aveva lette tutte d’un fiato agli esterrefatti avvocati difensori. Ma anche Alessandra Galli, quando il