martedì 16 luglio 2013

GIUSTIZIA A DUE VELOCITA’. ALESSANDRA GALLI, QUINDICI GIORNI PER LA MOTIVAZIONI DELLA CONDANNA A BERLUSCONI, PERO’ DA OLTRE UN ANNO NON E’ RIUSCITA A SCRIVERE LE MOTIVAZIONI DELLA CONDANNA DI UN MANIACO VIOLENTATORE, CON IL RISULTATO CHE E’ RIMASTO LIBERO,


A margine del processo a Silvio Berlusconi per la vicenda dei diritti tv, emerge ieri un dettaglio destinato probabilmente a ridare fiato ai dubbi e alle polemiche di chi vede all’opera una giustizia a due velocità: agile ed efficiente nei confronti del Cavaliere, incredibilmente lenta in altri casi. A rendere il tema particolarmente scivoloso, c’è la circostanza che stavolta non si tratta semplicemente di due facce del sistema giustizia, ma di due processi affidati proprio allo stesso giudice. E che si dimostra, in due casi diversi, giudice razzo e giudice lumaca. È il giudice che ha diretto a tappe forzate il processo d’appello a Berlusconi, e che però da oltre un anno non è riuscita a scrivere le motivazioni della condanna di un maniaco violentatore, con il risultato che il pericoloso soggetto è rimasto liberamente in circolazione. Il giudice si chiama Alessandra Galli, ed è il magistrato che lo scorso 8 maggio nell’aula della seconda sezione penale lesse il dispositivo della sentenza che confermava in pieno la condanna per frode fiscale inflitta a Berlusconi in primo grado: quattro anni di carcere, cinque anni di interdizione dai pubblici uffici. È la sentenza che il prossimo 30 luglio approderà al vaglio della Cassazione, al termine di un tragitto processuale percorso a ritmi da Frecciarossa per evitare il rischio della prescrizione.
A fare i salti mortali per evitare che i reati si inabissassero aveva iniziato
Edoardo d’Avossa, il giudice del processo di primo grado, che era uscito dalla camera di consiglio con le motivazioni già scritte e le aveva lette tutte d’un fiato agli esterrefatti avvocati difensori. Ma anche Alessandra Galli, quando il



processo d’appello è stato assegnato alla sua sezione, ha dato il suo contributo decisivo per arrivare a sentenza in tempo utile: basta ricordare le visite fiscali inviate in ospedale per controllare se Berlusconi fosse davvero malato, i ripetuti dinieghi di rinvio per impedimento elettorale, le motivazioni della condanna depositate nel termine minimo previsto dal codice, e quasi mai rispettato nei processi normali, ovvero quindici giorni. E questa solerzia non termina con la fine del processo: è dalla Corte d’appello di Milano che parte all’inizio di luglio il segnale d’allarme sulla prescrizione anticipata che – dopo un articolo sul Corriere della Sera – porta la Cassazione ad anticipare al prossimo 30 luglio l’ultimo grado di giudizio. Così raccontato, l’operato di Alessandra Galli risponde pienamente ai doveri di un magistrato, che ha anche il compito di evitare che i processi a lui affidati si trascinino all’infinito. Ma, poiché le energie umane non sono illimitate, le risorse mentali e organizzative che la dottoressa ha dovuto dedicare al processo per i diritti tv hanno avuto uno sgradevole effetto collaterale.
Il giudice Galli doveva scrivere le motivazioni di un altro processo, assai meno noto al grande pubblico: il
processo per stupro a carico di un dentista milanese, accusato di avere drogato le sue pazienti e avere ripetutamente abusato di loro. Fu il figlio del dentista, da una schermata di computer dimenticata accesa, a scoprire le immagini delle poverette che il medico aveva immortalato durante gli abusi.
Nel giugno dell’anno scorso il processo d’appello approda alla seconda sezione penale della Corte d’appello di Milano. Presidente è il giudice Flavio Lapertosa; Alessandra Galli è giudice a latere e relatore. Il 12 luglio la Corte dichiara il dentista colpevole del reato di
violenza sessuale aggravata dallo stato di soggezione delle vittime, e gli infligge sette anni di carcere. Ma oggi, ad esattamente un anno di distanza dalla sentenza, il dentista è ancora a piede libero.
La sentenza nei suoi confronti infatti non è ancora definitiva perché manca il giudizio di Cassazione. E il processo in Cassazione non si può tenere per il semplice motivo che le motivazioni della condanna emessa in appello non sono mai state depositate: né al momento della lettura della sentenza, né nei quindici giorni successivi, e neanche nei sessanta o novanta giorni che per il codice di procedura penale sono il limite di ritardo invalicabile.
Il dentista è sempre a zonzo, anche se per la giustizia è colpevole al di là di ogni ragionevole dubbio di un delitto terribile. Il giudice che deve scrivere le motivazioni della sua condanna è il relatore del suo processo, Alessandra Galli.

Nessun commento:

Posta un commento