martedì 30 luglio 2013

FATTI CONCRETI LA NOSTRA RICETTA DIVENTA LEGGE: ZERO FISCO PER ASSUMERE I GIOVANI.


Col decreto Lavoro-Iva che il Senato licenzierà questa settimana qualche beneficio effettivamente arriverà in termini di occupazione, perché le nuove norme in materia di contratto a termine favoriranno una maggiore flessibilità nell’incontro fra domanda e offerta di lavoro. L’azzeramento del costo contributivo per il lavoro giovanile migliorerà i conti delle aziende che stanno assumendo lavoratori nella fascia di età tra 18 e 29 anni, ma si tratta di un intervento solo parziale e ridotto rispetto alla gravità della crisi che il nostro mercato del lavoro sta attraversando. Resta infatti, a causa delle resistenze del Pd, troppo rigido l'incentivo a facilitare le assunzioni. Eppure basterebbe anche solo un provvedimento di carattere sperimentale, di portata limitata al tempo necessario per uscire dalla crisi. La ricetta del Pdl è chiara. Dovremmo poter dire agli imprenditori: "Finché non saremo fuori dalla recessione, assumete pure tutti i lavoratori che vi servono, e per due o tre anni, se le cose non miglioreranno, vi sarà consentito di sciogliere questi rapporti senza rischi giudiziali e con un costo di separazione di modesta entità". E' questa la boccata di ossigeno che le associazioni imprenditoriali aspettano, e sarebbe una misura a costo zero per l’erario. Se il decreto resterà così, invece, difficilmente i nuovi incentivi indurranno centinaia di migliaia di imprenditori a procedere alle assunzioni di cui avrebbero bisogno con un contratto a tempo indeterminato.
Non bisogna dimenticare cosa diceva Marco Biagi: "L’incentivo normativo è molto più efficace




dell’incentivo economico". Oggi in Italia si stanno perdendo 30.000 posti di lavoro al mese e la disoccupazione giovanile è quasi al 40 per cento, dunque non sarebbe certo uno scandalo offrire ai giovani nel prossimo triennio la possibilità di un rapporto a tempo indeterminato ma senza le vecchie garanzie.
La differenza tra collaborazione autonoma e lavoro subordinato determina un aumento di costo per le imprese tra il 40 e il 50 per cento, oltre a tutta la maggiore rigidità che caratterizza il lavoro subordinato rispetto a quello autonomo. Così stando le cose, è evidente che siamo davanti a un bivio: o torniamo indietro, alla netta separazione tra protetti e non protetti nel mercato del lavoro, sospendendo le norme di contrasto all’abuso delle collaborazioni autonome previste dalla legge Fornero; o si mettono a disposizione di lavoratori e imprese un rapporto di lavoro subordinato più flessibile. Su questo il governo Letta deve essere più coraggioso.
Per dirla in modo più chiaro: per ridurre la disoccupazione giovanile serve innanzitutto una profonda modifica della Legge Fornero. Si tratta di interventi che non costano e possono dare subito buoni risultati perché favoriscono la propensione ad assumere che è stata mortificata da una normativa rigida per quanto riguarda le tipologie contrattuali diverse dal contratto a tempo indeterminato.



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