Da LIBERO -
Ma chi è che va in giro a dire che non mi candido?». Tipico di Silvio
Berlusconi. Quando tutti lo danno in panchina, anzi, in disarmo, lui smarca
e riscende in campo. Perché proprio non è nel suo Dna cedere il passo a un
altro. E neanche farsi di lato. Quindi, dopo aver ascoltato dai suoi
consiglieri i pro (Toti) e i contro (Verdini) di una sua corsa in
Europa, alla fine, come sempre, il Cavaliere ha deciso di dar retta solo alla pancia.
E al suo odio viscerale contro i magistrati: «Mi state privando del diritto di
esercitare a pieno la mia leadership e state togliendo il diritto di
rappresentanza politica a una larga fetta dell’elettorato italiano, impedendo
all’ultimo premier che ha ottenuto un mandato popolare di ricandidarsi». È
questa la sfida che Berlusconi lancia ai giudici per interposta persona,
parlando con i suoi fedelissimi, ai quali ieri ad Arcore ha annunciato la sua
decisione di candidarsi alle Europee, «alla faccia della magistratura e della
legge Severino». Sarà dunque di nuovo lui il capitano della squadra azzurra
nella “Champions” del 25 maggio. Ci sarà sempre lui nel simbolo di Forza
Italia. Non “un” Berlusconi (Marina, Barbara, Pier Silvio), ma “il”
Berlusconi, Silvio, pronto a misurarsi in prima persona per la quinta volta con
le urne di Strasburgo. E pazienza se scatenerà una guerra di carte bollate, che
è persa in partenza. Già, perché per effetto della legge Severino
sull’incandidabilità di chi ha riportato condanne definitive a pene superiori a
due anni, Berlusconi non potrà candidarsi. Né ora e neppure nei prossimi sei
anni. Si scriveranno fiumi di pagine sull’odissea del Tar, con tutta la sequela
di ricorsi e controricorsi, che rischiano seriamente di annullare una montagna
di voti e quindi di vanificare la corsa forzista alla conquista
dell’Europarlamento. Ma Berlusconi è pronto ad affrontare tutto questo pur di
giocarsi quella che forse sarà la sua ultima partita elettorale, almeno in
Europa.
L’idea
lo tentava già parecchio. A indurlo ulteriormente in tentazione è stato il
divieto impostogli dai giudici di partecipare all’ultimo congresso del Ppe, che
lo ha fatto andare su tutte le furie. Ma la goccia che ha fatto traboccare il
vaso è stato il resoconto dei parlamentari azzurri reduci da Dublino. «È sur
reale
che noi di Forza Italia, che siamo stati rilevanti per eleggere il futuro
candidato alla Commissione europea – Jean Claude Juncker che sfiderà Martin
Schultz - siamo determinanti per far vincere il Ppe e siamo riusciti a
infilare tra le priorità del programma la riforma della giustizia, siamo stati
costretti a presentarci lì orfani di un leader», denuncia l’ex ministro Anna
Maria Bernini. «Abbiamo vissuto personalmente, sulla nostra pelle, questo
disagio», rincara Deborah Bergamini, responsabile comunicazione di Fi, «tra
tutti i partiti del Ppe, la nostra era l’unica delegazione senza il leader».
Quando i fedelissimi sono andati a portargli i saluti calorosi di alcuni dei
leader Popolari che gli hanno inviato la loro solidarietà tramite i suoi
parlamentari, Berlusconi ha deciso di rompere gli indugi, convinto com’è di
aver anche il sostegno, se non di Angela Merkel, di buona parte del Ppe.
Così Berlusconi riscenderà in campo con i suoi classici cavalli di battaglia.
Non l’antieuropeismo, ma una linea fortemente critica verso il rigore della
Cancelliera tedesca, quindi di sfida aperta al Fiscal Compact. Su questo è
convinto di avere Renzi dalla sua parte, visti i toni che usa il premier sul
Patto di Stabilità (anche se davanti a Fabio Fazio e non alla Merkel...). Ma il
countdown giudiziario pesa sulle Europee. Sia dal punto di vista mediatico che
da quello programmatico. Il 10 aprile il tribunale di sorveglianza di Milano
deciderà se affidare Berlusconi ai domiciliari o ai servizi sociali, e quindi
anche se potrà fare campagna elettorale o no. La riforma della giustizia, tema
già nevralgico nell’agenda di Fi, assumerà un valore preponderante nel caso i
giudici decidessero di limitare il raggio d’azione del leader azzurro. Che, in
tal caso, assurgerà a vittima sacrificale, icona muta della malagiustizia
italiana. Una ragione in più per riscendere in campo, per Berlusconi.
Se
sulla sua candidatura alle Europee il Cav non ha più dubbi, la scelta dei capolista
è ancora in alto mare. Sebbene sembrino quasi scontati Raffaele Fitto al
Sud, Antonio Tajani al Centro e Giovanni Toti nel Nord-Est e ci
siano buone possibilità per Claudio Scajola nel Nord-Ovest. Sull’ex governatore
erano circolate voci di una sua candidatura per Forza Puglia, correntone ex Dc
o addirittura nuova lista scissionista del Sud, che lui a Libero
smentisce con forza: «Capisco che c’è qualcuno che sogna il fallo di reazione»,
chiosa Fitto, «ma non ho mai preso il cartellino giallo, figuriamoci quello
rosso». Però le tensioni crescono in Fi, tanto più che fatica a prendere corpo
quell’ufficio di presidenza su cui si concentrano le ambizioni di molti, forse
troppi. E Sandro Bondi, si viene a sapere, ha annunciato di essere passato
ufficialmente all’opposizione del «partito della Santanché», quello che si
riconosce nel Giornale di Alessandro Sallusti.
di
Barbara Romano
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