mercoledì 21 dicembre 2011

SCUOLA, POCHE IDEE MA SBAGLIATE


Il nuovo ministro dell’Istruzione, prof. Francesco Profumo, ha detto che bisogna tornare ad applicare la legge e ad assumere il personale docente attraverso pubblici concorsi, anche per abbassare l’età media del corpo insegnante che è di circa 40 anni. La notizia, in sé, è buona, ma la sua applicazione dovrà fare i conti con la situazione creatasi nel corso di almeno quattro decenni. Perché la scuola nel recente passato è stata considerata dalla sinistra alla stregua di un ammortizzatore sociale o di un lavoro socialmente utile: fornire un reddito a un numero elevato di persone che entravano in una mastodontica “graduatoria” nella quale si faceva a gomitate per avere qualche punto in più e arrivare, ma non sempre, all’assegnazione di una cattedra in via definitiva. Così, in cima al fenomeno del precariato, bisogna mettere l’insegnamento perché la scuola è stata la cenerentola, almeno dal ’68 in poi. L’ex ministro Mariastella Gelmini ha cercato di razionalizzare, decidendo di chiudere l’afflusso alle graduatorie, e di procedere ad esaurimento, ma di una massa di pretendenti arrivata a 244 mila abilitati all’insegnamento, contro un fabbisogno annuo di circa 20 mila, con in più 30 mila “laureati abilitati” fuori graduatoria. I rinnovati “Tirocini formativi attivi” intanto produrranno, dal 2012, 20 mila aspiranti docenti all’anno. La legge attuale prevede che metà delle docenze venga assegnata in base alla

 
graduatoria e metà per concorso. Il ministro Profumo vuole rispettare la legge per cui circa 10 mila nuovi docenti verranno selezionati tramite concorso. Con il che si raddoppiano, come minimo, i tempi di attesa per coloro che sono già in graduatoria, i quali difficilmente porteranno forze fresche, cioè difficilmente abbasseranno l’età media del corpo docente italiano. C’è quindi da attendersi una protesta da parte del folto esercito degli aspiranti in graduatoria.
Questo dimostra, ancora una volta, che le cattive riforme e le cattive prassi avviate negli anni ’70 – come il ricorso al debito pubblico, massimo ammortizzatore sociale, è bene ricordarlo sempre – vengono poi al pettine trent’anni dopo e chi deve porvi rimedio si trova, ovviamente, in grandi difficoltà.

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