Vittorio Feltri - Finito
il tormentone della propaganda, ne comincia un altro: quello del voto. Da oggi
urne aperte. Domani pomeriggio, ore 15, chiusura e spoglio; entro sera,
all'incirca, si saprà com'è andata. Ma la discussione sull'esito dei conteggi
proseguirà chissà per quanto tempo, perché questa non è una consultazione di routine.
Probabilmente sarà l'ultima con l'attuale legge elettorale, nata per rafforzare
il bipolarismo e scopertasi, a gioco lungo, un bidone. Non poteva essere
diversamente: non esiste un sistema di voto che funzioni se non funziona la
politica. E la politica italiana ha dimostrato di essere un cimitero in cui si
agitano solamente anime morte. I partiti sono più sensibili all'egoismo che
all'intelligenza: apparati che puntano alla conservazione di se medesimi e non
pensano a riformarsi, figuriamoci se si preoccupano di riformare le strutture
obsolete del Paese. Nonostante ciò, si definiscono, tutti, riformisti. Conviene
riderci su. Se il Pd avesse capito che il vento è cambiato, avrebbe favorito
l'ascesa di Matteo Renzi: con lui
candidato non ci sarebbe stata gara; avrebbe vinto il giovanotto, dato che
piaceva anche a destra e dintorni. Silvio Berlusconi non sarebbe ridisceso in
campo, Beppe Grillo non avrebbe avuto tanto spazio, Mario Monti non si sarebbe
improvvisato tribuno di complemento. E per un paio di anni i cittadini
avrebbero atteso pazientemente che il ragazzo fiorentino terminasse il
rodaggio, salvo poi linciarlo in caso di fallimento. Invece, secondo costume
nazionale, Pier Luigi Bersani ha voluto a ogni costo anteporre l'interesse
personale (e dei propri supporter) a quello del Pd, e ora è lì che trema
davanti ai grillini volanti: ipotizza già di reclutarne qualcuno,
ingolosendolo con poltrone e relative prebende. Il comico genovese è diventato
lo spauracchio: tutti a chiedersi dove si fermerà, e molti ad augurarsi che non
si fermi. Un'incognita che impedisce perfino ai sondaggisti più esperti di
valutare le percentuali sia del M5S
sia degli altri gruppi partecipanti alla competizione.
Monti si è
rivelato una montatura, un fuoco di paglia, anzi un fuoco fatuo. I suoi due
mentori, Gianfranco Fini e Pier
Ferdinando Casini, a furia di lodare
il loden lo hanno imbrodato e si sono imbrodati: il primo è scomparso sotto le
macerie del Fli; il secondo lotta
per non affogare nella pozzanghera dei consensi residuali attribuiti all'Udc. Oscar Giannino è caduto: vittima del proprio narcisismo, grande almeno
quanto l'ingegno che lo aveva distinto nel grigiore dei giornalisti non soltanto
economici. Senza infingimenti, questa è la radiografia dei partiti tra cui ci
accingiamo a scegliere il preferito. Bella impresa. Nessuno di essi dice -
forse non la conosce - la verità: l'Europa è una iattura e l'euro un cappio. Il
solo ad averlo detto (a denti stretti) è il Cavaliere. Se invece di sussurrare, avesse gridato a voce alta che
questa Ue è la causa di ogni nostra disgrazia, e che urge ricostruirla o
fuggirne, più della metà degli italiani gli sarebbe corsa appresso. Non lo ha
fatto, nel timore di essere attaccato violentemente dai propri detrattori,
suppongo. Non ha valutato che i compatrioti, anche i più conformisti in
pubblico, nel segreto del seggio premiano chi va contro corrente. Sono
infastiditi dal luogo comune: bisogna fare così perché lo pretende l'Europa.
Della quale non si può parlar male, altrimenti sei guardato con sospetto,
peggio: con disprezzo.
L'argomento principe usato per
tacitare i critici del castello burocratico di Bruxelles è il seguente: uscire
dall'Unione significa schiattare. Ma dove sta scritto? Semmai è il contrario:
la Grecia è soffocata dall'euro, sta
agonizzando. L'Inghilterra si è
tenuta la sterlina e organizzerà un referendum per fuggire dalla Ue. Tutte cose note a Berlusconi che, in cuor
suo, medita di affrontarle. Non fosse che per questo egli merita un estremo atto di fiducia. O ci toglie
lui dalle fiamme (anche monetarie) che incendiano i Paesi del Sud Europa, o
saremo ridotti a un cumulo di cenere. Non è questione di orgoglio
tardonazionalistico: qui ne va della nostra sopravvivenza.
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