lunedì 25 febbraio 2013

L’ITALIA SI GIOCA LA SOPRAVVIVENZA BERLUSCONI PUO’ TOGLIERCI DALLE FIAMME CHE INCENDIANO IL SUD EUROPA: MERITA UN ESTREMO ATTO DI FIDUCIA.


Vittorio Feltri - Finito il tormentone della propaganda, ne comincia un altro: quello del voto. Da oggi urne aperte. Domani pomeriggio, ore 15, chiusura e spoglio; entro sera, all'incirca, si saprà com'è andata. Ma la discussione sull'esito dei conteggi proseguirà chissà per quanto tempo, perché questa non è una consultazione di routine. Probabilmente sarà l'ultima con l'attuale legge elettorale, nata per rafforzare il bipolarismo e scopertasi, a gioco lungo, un bidone. Non poteva essere diversamente: non esiste un sistema di voto che funzioni se non funziona la politica. E la politica italiana ha dimostrato di essere un cimitero in cui si agitano solamente anime morte. I partiti sono più sensibili all'egoismo che all'intelligenza: apparati che puntano alla conservazione di se medesimi e non pensano a riformarsi, figuriamoci se si preoccupano di riformare le strutture obsolete del Paese. Nonostante ciò, si definiscono, tutti, riformisti. Conviene riderci su. Se il Pd avesse capito che il vento è cambiato, avrebbe favorito l'ascesa di Matteo Renzi: con lui candidato non ci sarebbe stata gara; avrebbe vinto il giovanotto, dato che piaceva anche a destra e dintorni. Silvio Berlusconi non sarebbe ridisceso in campo, Beppe Grillo non avrebbe avuto tanto spazio, Mario Monti non si sarebbe improvvisato tribuno di complemento. E per un paio di anni i cittadini avrebbero atteso pazientemente che il ragazzo fiorentino terminasse il rodaggio, salvo poi linciarlo in caso di fallimento. Invece, secondo costume nazionale, Pier Luigi Bersani ha voluto a ogni costo anteporre l'interesse personale (e dei propri supporter) a quello del Pd, e ora è lì che trema davanti ai grillini volanti: ipotizza già di reclutarne qualcuno, ingolosendolo con poltrone e relative prebende. Il comico genovese è diventato lo spauracchio: tutti a chiedersi dove si fermerà, e molti ad augurarsi che non si fermi. Un'incognita che impedisce perfino ai sondaggisti più esperti di valutare le percentuali sia del M5S sia degli altri gruppi partecipanti alla competizione.


Monti si è rivelato una montatura, un fuoco di paglia, anzi un fuoco fatuo. I suoi due mentori, Gianfranco Fini e Pier Ferdinando Casini, a furia di lodare il loden lo hanno imbrodato e si sono imbrodati: il primo è scomparso sotto le macerie del Fli; il secondo lotta per non affogare nella pozzanghera dei consensi residuali attribuiti all'Udc. Oscar Giannino è caduto: vittima del proprio narcisismo, grande almeno quanto l'ingegno che lo aveva distinto nel grigiore dei giornalisti non soltanto economici. Senza infingimenti, questa è la radiografia dei partiti tra cui ci accingiamo a scegliere il preferito. Bella impresa. Nessuno di essi dice - forse non la conosce - la verità: l'Europa è una iattura e l'euro un cappio. Il solo ad averlo detto (a denti stretti) è il Cavaliere. Se invece di sussurrare, avesse gridato a voce alta che questa Ue è la causa di ogni nostra disgrazia, e che urge ricostruirla o fuggirne, più della metà degli italiani gli sarebbe corsa appresso. Non lo ha fatto, nel timore di essere attaccato violentemente dai propri detrattori, suppongo. Non ha valutato che i compatrioti, anche i più conformisti in pubblico, nel segreto del seggio premiano chi va contro corrente. Sono infastiditi dal luogo comune: bisogna fare così perché lo pretende l'Europa. Della quale non si può parlar male, altrimenti sei guardato con sospetto, peggio: con disprezzo.
L'argomento principe usato per tacitare i critici del castello burocratico di Bruxelles è il seguente: uscire dall'Unione significa schiattare. Ma dove sta scritto? Semmai è il contrario: la Grecia è soffocata dall'euro, sta agonizzando. L'Inghilterra si è tenuta la sterlina e organizzerà un referendum per fuggire dalla Ue. Tutte cose note a Berlusconi che, in cuor suo, medita di affrontarle. Non fosse che per questo egli merita un estremo atto di fiducia. O ci toglie lui dalle fiamme (anche monetarie) che incendiano i Paesi del Sud Europa, o saremo ridotti a un cumulo di cenere. Non è questione di orgoglio tardonazionalistico: qui ne va della nostra sopravvivenza.

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