Il Ministro per la Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta, con un intervento sul quotidiano “Il Giornale” parla della situazione italiana citando un’analisi del premio Nobel per Paul Krugman e di Erik Nielsen, capo economista Unicredit, dove si parla dello stato di salute dell’economia italiana e del Regno unito, con riferimento ai debiti aggregati. “Raccontata da dentro e letta sui nostri giornali, l’Italia appare un disastro, un eterno pericolo. Vista da fuori, da occhi esperti e competenti, sembra assai piu’ solida”. Invece, spiega Brunetta, a “sorpresa il giudizio è a favore del nostro Paese: in riferimento a questi parametri, l’Italia sta infatti meglio della Gran Bretagna”. Se gli italiani non lo sanno, denuncia il ministro, “il merito è tutto dell’assordante silenzio dei commentatori e osservatori nazionali”. Il ministro inizia la sua riflessione dal Financial Times dell’11 ottobre, su cui Nielsen “solleva alcuni interessanti interrogativi. Il declassamento dell’Italia, a opera delle agenzie di rating, trova giustificazione nei fondamentali economici proprio quando l’Italia ha fatto manovre di consolidamento fiscale piu’ severe di quelle programmate dagli altri principali Paesi?”. E ancora: “I mercati operano scelte razionali e giuste dal punto di vista economico quando comprano titoli inglesi con un rendimento dell’1,6%?”.
La risposta: “No, secondo Nielsen Gran Bretagna e Italia sono comparabili in termini di reddito, ricchezza e dimensione; differiscono invece per l’entita’ del debito pubblico, piu’ alto di circa 40 punti percentuali (in rapporto al Pil) quello del nostro Paese. Tuttavia, il debito privato degli inglesi e’ significativamente piu’ elevato, cosi’ che la posizione debitoria italiana e’ complessivamente piu’ solida”. L’analisi “delle incongruenze e dei paradossi su quanto successo in Gran Bretagna e in Italia nel corso della crisi” prosegue, e Brunetta conclude: “Dopo innumerevoli attacchi all’azione di governo e critiche masochistiche sulla solidita’ del Paese – provenienti da piu’ o meno autorevoli analisti economici accademici e non, dai principali quotidiani nazionali, da associazioni di categoria e dalle opposizioni – viene cosi’ da chiedersi se non sia arrivato il momento di smetterla con i soliti luoghi comuni, analizzando finalmente la situazione con obiettiva serieta’. In altri termini, occorre riflettere su come migliorare la produttivita’ delle imprese e diminuire il costo del lavoro. Temi su cui il Governo ha fatto e deve fare ancora la sua parte, ma che investono innanzi tutto il ruolo delle imprese e la loro capacita’ di investire. Morale? Il provincialismo autolesionista tipico di certi ambienti italiani danneggia l’economia e l’immagine del Paese tanto al suo interno quanto all’estero, traducendosi in inspiegabili spread e anomali andamenti di Borsa”.
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