mercoledì 19 ottobre 2011

PENATI RESTA LIBERO, PAPA DENTRO

Penati resta libero, Papa resta dentro. Senza voler paragonare due inchieste che in comune hanno solo la temporaneità, non si può però non notare la discrepanza di comportamenti tra la magistratura monzese, garantista, e quella di Napoli, che tiene rinchiuso in carcere da ormai tre mesi il deputato del Pdl coinvolto nell'inchiesta P4. La Procura di Monza ha rinunciato a chiedere al tribunale del riesame di Milano l'arresto per Penati e Vimercati, indagati nell'inchiesta sul presunto giro di tangenti legate alle aree ex Falck e Marelli con la motivazione che non sussistono più le esigenze cautelari, visto che i due indagati si sono presentati spontaneamente all'interrogatorio e hanno ricostruito i fatti. Papa ha fatto lo stesso, ma con due differenze fondamentali:
  1. prima del voto della Camera che ha dato l'autorizzazione al suo arresto aveva chiesto più volte ma invano di essere ascoltato dai pm napoletani;
  2. i lunghi interrogatori resi ai suoi ex colleghi e rivali della Procura in cui aveva lavorato per anni non hanno fatto venir meno le esigenze cautelari, nonostante Papa resti a tutti gli effetti un deputato della Repubblica e continui ad essere burocraticamente inserito nel conteggio del plenum.
E poi, a marcare le differenze tra l'inchiesta di Monza e quella di Napoli c'è il diverso uso dello strumento delle intercettazioni come strumento d'indagine: a Monza praticamente nessuna, a Napoli decine di migliaia. Questo per dire che la giustizia è uguale per tutti, ma per qualcuno lo è di più. Dopo quella



per l'area ex Falck, infatti, l'ex capo della segreteria di Bersani deve rispondere anche della nuova accusa di corruzione per l'acquisto da parte della Provincia di Milano, nel 2005, del 15 per cento delle quote della società Serravalle allora detenute dal costruttore Gavio. L'acquisto della Serravalle avvenne a un prezzo altissimo, assolutamente fuori mercato, e generò un fiume di milioni di euro che secondo i magistrati sarebbe in parte rientrato anche nelle tasche dei compratori, tutti esponenti vicini alla sinistra. I pm non hanno dubbi: "Ci sono gravi indizi sulla base di dichiarazioni di reato sull'illiceità della costruzione di un'operazione finanziaria per l'acquisto a prezzo fuori mercato di azioni comprensivo di un ritorno economico per i partecipanti all'operazione". Quella che sta emergendo, insomma, è una vera e propria Tangentopoli che allunga le proprie ombre sul Partito Democratico. Dunque, secondo la procura di Monza, nel passaggio di azioni dal costruttore Gavio alla Provincia di Milano e nel successivo travaso di milioni nella scalata Unipol-Bnl, si nasconderebbe una colossale mazzetta, ovviamente rossa (coperta con una finta caparra immobiliare) che sarebbe finita nelle casse di Botteghe Oscure. Un'accusa che dovrà ovviamente trovare conferma nel dibattimento processuale, al quale i magistrati monzesi arriveranno senza aver mai disposto la carcerazione del principale imputato. A Napoli, invece, vige evidentemente un altro tipo di giustizia: la giustizia politica.

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