Mentre il governo si accinge a discutere operativamente di riforme e a concretizzare il federalismo ecco a Milano sfilare il corteo di protesta contro il governo di molti sindaci lombardi per i tagli ai bilanci pubblici.
Non facciamo fatica a immaginare i baldanzosi sindaci del Pd ammuinare in piazza, ma facciamo una gran fatica a capire la protesta di primi cittadini che sfilano contro il governo di cui fanno parte.
Rischia di essere una sceneggiata che ripropone da una parte la Roma ladrona e dall’altra, nel paesello,la maschera degli onesti.
Ma di che si tratta in realtà?
Della stessa questione che attanaglia il governo nazionale che non può indebitarsi oltre un certo limite perché il patto con l’Unione europea non glielo consente.
Lo stesso vale per gli enti locali nei confronti del governo nazionale. Ogni anno i comuni sottoscrivono un patto di stabilità che li tiene vincolati a spendere entro una certa soglia. Se la superano vengono multati e sanzionati in vari modi.
Intendiamoci, il patto di stabilità è un marchingegno infernale che impedisce ai Comuni d’investire gran parte delle risorse di cui dispongono nella realizzazione di opere pubbliche. In pratica, diventa quasi impossibile asfaltare una strada o costruire una scuola. Le sanzioni, in caso d’inadempienza, sono durissime. Se non bastasse, il sistema rende la vita difficile soprattutto a chi ha bene amministrato negli anni scorsi. Si tratta dunque d’una misura radicale, anche iniqua (e per questo da abolire), ma efficacissima, che ha contribuito alla tenuta dei conti pubblici, evitando che il nostro Paese facesse compagnia a Grecia, Spagna, Portogallo e Irlanda.
In una visione localistica appare comprensibile l’esasperazione dei sindaci che ieri sono scesi in piazza alla stregua di metalmeccanici cassintegrati: hanno pochi soldi a disposizione e non li possono spendere, mentre i loro amministrati pagano fior di tasse che finiscono chissà dove.
Ma c’è un però.
Il partito di governo che ora protesta platealmente contro i tagli agli enti locali e le limitazioni al patto di stabilità è lo stesso che quei provvedimenti ha deciso in consiglio dei ministri con i propri leader Bossi, Maroni, Calderoli e Zaia che li hanno approvati alzando la manina. Perchè non hanno votato contro se non volevano il blocco della spesa?
Il nostro ministro dell’Economia, da oggi, si troverà a discutere con due leghe, non più con una. Una è quella nazionale che lo ha sempre sostenuto, almeno finora molto vigorosamente, sulla linea del rigore finanziario per non finire come la Grecia.
Un’altra è quella che guida la pacifica rivolta dei sindaci lombardi contro le rigidità del patto di stabilità che, è vero, pregiudica l’efficacia dell’azione amministrativa.
Gianni Pittella, della direzione del Pd, ha invitato i dirigenti e gli iscritti al partito a volersi impegnare per tornare a essere “il partito delle salsicce”, delle Feste dell'Unità, della diffusione domenicale del giornale a essere cioè un partico che occupa il territorio. Come la Lega, appunto.
La realtà è un’altra: difficilmente ormai si governa un grande paese, moderno ed occidentale, solo ricorrendo alle salsicce perchè la dimensione dei problemi è un pochino più grande, un pochino più complessa, un pochino più tecnica e comunque molto più nazionale e unitaria di quanto queste singolari manifestazioni di piazza diano a vedere.
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