mercoledì 25 luglio 2012

LE ULTIME PAROLE FAMOSE: ZAPATERO ERA ADORATO DALLA SINISTRA PER UN’ ITALIA SEMPRE A CORTO DI LEADER.

IL MIRACOLO ECONOMICO SPAGNOLO E’ DIVENTATO UN INCUBO, EDILZIA E BANCHE NEL CAOS, IL LAVORO PRECARIO IN SPAGNA NON HA PARAGONI IN EUROPA.

Antonio Polito per il "Corriere della Sera". Viva Zapatero. Verrebbe da dirlo adesso che lascia, quello che la Guzzanti diceva quando cominciò. Sapete perché? Perché il premier spagnolo ha annunciato il ritiro all'età di 51 anni, cioè 4 in meno delle giovani promesse Veltroni e Casini, 9 in meno del leader della sinistra nostrana Bersani, e - neanche a dirlo - 24 in meno del premier italiano, che a lasciare non ci pensa nemmeno. Tanto di cappello: ecco un uomo che sa quando togliere il disturbo. Bambi- come lo soprannominò un avversario per denigrare quella sua faccia da cerbiatto, senza sapere che sarebbe diventato un marchio di successo - ha lasciato una traccia duratura ma delebile nella storia della Spagna, è volato come una meteora nel cielo della politica europea, prima sull'altare e poi nella polvere nel breve volgere di pochi anni. Ma se ne va come arrivò: con un certo stile. In Italia è stato oggetto di servo encomio da parte di quella sinistra al caviale che si innamora sempre di un leader straniero pur di parlar male del leader che ha (arrivò ad entusiasmarsi perfino per Jospin). Finì immortalato nel titolo del film di Sabina Guzzanti perché autore di una riforma televisiva che la compagnia dei comici anti-berlusconiani avrebbe voluto replicare da noi. Ma il suo nome venne invocato in tutte le piazze d'Italia per un'altra ragione: appena eletto, ritirò le truppe spagnole dall'Iraq, dove ce le aveva portate il predecessore Aznar, bushiano della prima ora. La cosa mandò in visibilio il mondo di Gino Strada (che proprio ieri si è ritrovato in piazza per manifestare contro un'altra guerra, quella a Gheddafi, cui invece Zapatero partecipa). E, naturalmente, esaltò i duri e puri del laicismo nostrano con le sue leggi per il matrimonio dei gay, l'estensione dell'aborto e l'accorciamento del divorzio, le stesse



che gli sono valse in patria massicce manifestazioni di protesta promosse dai vescovi spagnoli e in Italia l'odio imperituro di Giuliano Ferrara, che lo considerava un blasfemo frutto dell'era trans e trash di Almodovar. L'entusiasmo progressista era basato su un equivoco: e cioè che alla sinistra blairiana, di successo perché liberal, se ne potesse opporre un'altra più socialista ma ugualmente di successo. In realtà, pochi sanno che Zapatero salì al vertice del Psoe come un discendente diretto della rivoluzione blairiana che cinque anni prima aveva conquistato il Labour. Fondò anzi una corrente nel suo partito che chiamò «Nueva Via» , con riferimento esplicito alla «Terza Via» del modello inglese. E infatti in economia Zapatero è stato tutt'altro che socialista, cambiando poco o nulla della politica di «laissez faire» con cui Aznar aveva avviato il miracolo spagnolo: la percentuale di contratti di lavoro atipici (noi diremmo precari) nella Spagna socialista è senza paragoni in Europa, altro che legge Biagi. E la durezza della sua politica contro l'immigrazione clandestina, attuata attraverso un patto con il Marocco solo un po' meno leonino di quello che Berlusconi ha stretto con la Libia, è stata paragonata alla Bossi-Fini. Anche grazie a queste politiche, Zapatero si è goduto la più rapida crescita economica della Spagna dal dopoguerra, conquistandosi così il diritto di far digerire ai suoi concittadini, ormai a pancia piena e vestiti all'italiana, una specie di socialismo a costo zero da lui chiamato «ciudadano» , cioè dei diritti (durante il suo governo è stata perfino votata una legge per i «diritti civili delle scimmie antropomorfe» ). Gli spagnoli hanno gradito anche perché, dopo tutto il tempo perso nella lunga notte del franchismo, un po' di libertà e di movida ha dato loro l'idea di essere finalmente entrati nella modernità. Però, da popolo saggio e pragmatico, così come si sono tenuti Bambi quando l'economia volava, erano pronti a scaricarlo adesso che è collassata sotto il crollo dell'edilizia e delle banche, veri e propri motori del miracolo zapateriano.
Questo di solito avviene nei regimi democratici: non considerando la politica come una guerra civile, il popolo usa un leader finché gli serve e poi lo butta (il che spiega anche la giovane età di entrata e di uscita). Festeggerà ora la destra italiana, che non aveva gradito gli annunci di sorpasso del Pil in cui Zapatero si era avventurato. Ma per noi il suo vero lascito è quello sguardo tra l'allibito e l'attonito con cui assisté, durante una conferenza stampa congiunta, all'arringa di Silvio Berlusconi contro un giornalista di El Pais.
Il nostro premier, parlando di escort, si faceva vanto di non aver mai dovuto pagare una donna in vita sua perché il bello della caccia è la conquista. E il giovane premier spagnolo che guidava il governo più rosa d'Europa non sapeva più che fare. Tacque, lo sventurato. Ma con quel suo silenzio - che si può rivedere al cinema in uno spezzone di «Silvio forever» - ci mostrò che almeno in un campo, il rispetto delle donne, il sorpasso spagnolo c'era effettivamente stato.




Nessun commento:

Posta un commento