sabato 13 ottobre 2012

STOP DEL GOVERNO AL TESTO DEL TAGLIA INDENNITA’. SI FERMA ANCHE IL PREVISTO RIDIMENSIONAMENTO DELLE 108 PROVINCE



I tagli alla politica? La Casta che si mette a dieta? E voi ci credevate davvero? Sta per accadere un miracolo, si diceva, i parlamentari italiani si sono arresi, vogliono adeguare i propri emolumenti a quelli dei loro colleghi europei: sembrava un sogno, una favola, invece era una patacca. Dopo lo stop del governo al testo del «taglia-indennità», la legge di iniziativa popolare, nata dopo una raccolta di firme della gente, si è miseramente spiaggiata alla Camera e annaspa a pancia in su nella commissione Affari costituzionali. Vista la dichiarata «volontà bipartisan» di «proseguire l’iter», i due relatori stanno cercando di rianimarla. Con poche chance. Più speranze invece sembra avere il provvedimento sull’ineleggibilità dei condannati. Filippo Patroni Griffi, ministro della Funzione pubblica, s’impegna a nome del governo «ad attuare la delega in tempo utile perché possa essere applicata alle prossime elezioni». Si tratta di un emendamento del ddl anticorruzione che Palazzo Chigi potrebbe trasformare in decreto. Nonostante tutte le corsie di emergenza previste dai regolamenti, difficilmente si potrà fare in tempo per le Regionali del Lazio. L’obbiettivo più realistico è di riuscire a «pulire» le liste per le Politiche del 2013. In compenso si ferma anche il previsto ridimensionamento delle 108 province: mentre il ministro Patroni Griffi annuncia che il governo dovrà «fare un intervento chirurgico» sul Titolo V della Costituzione per armonizzare le funzioni degli enti locali, prima di tirare fuori il bisturi occorrerà attendere la sorte dei tanti ricorsi che pendono alla Consulta. E la Casta non dimagrisce. Eppure, per quanto riguarda gli stipendi, sarebbe un’operazione semplice semplice. Basterebbe riempire di contenuti, ossia di cifre, l’articolo unico del provvedimento, pronto da anni. Leggiamo. «I

parlamentari, il presidente del Consiglio, i consiglieri e gli assessori regionali, provinciali e comunali, i governatori, i presidenti delle province, i sindaci» e anche tutti «i funzionari nominati nelle aziende a partecipazione pubblica» non possono «percepire a titolo di stipendi, emolumenti, indennità somme superiori alla media della Ue per incarichi equivalenti». Troppo semplice. Infatti la commissione di tecnici guidata dal presidente dell’Istat Enrico Giovannini, incaricata all’epoca di Tremonti, di studiare i paramenti di riferimento si è accorta che negli altri Stati c’è un mix di benefit e servizi «che rendono difficile la comparazione» e a dicembre si è dimessa «per l’impossibilità di fornire dati utili». Giovannini è tuttora in carica ma senza gli altri consiglieri, come ha riferito alla commissione Affari costituzionali, il suo parere non ha valore. E il governo, preso nell’orgia dei tagli, ha congelato la nomina dei nuovi consiglieri. Giovannini potrebbe comunque fare dei numeri e formulare delle proposte. Ma le sue indicazioni avrebbero solo «valore istruttorio» e non legale. Toccherebbe quindi ai parlamentari l’onere della scelta politica, stabilire il quantum del decurtamento. E qui torniamo al problema iniziale: siamo sicuri che la Casta voglia rinunciare a dei soldi, mettersi finalmente a dieta? I due relatori stanno tentando di risollevare la balena, «l’articolo 68 della Costituzione – dice Pierluigi Mantini, Udc – prevede che l’indennità di deputati e senatori sia stabilita da una legge. Io sarei dell’idea di indicare un tetto massimo, così almeno su un punto possiamo intervenire». Si pensa anche ad agganciare gli emolumenti a quelli del Parlamento europeo. Proprio da Bruxelles è stato copiato il sistema per il rimborso dei portaborse: verranno pagati direttamente, basta soldi cash ai parlamentari e basta creste. il giornale

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