Nella nostra provincia la percentuale di forza
lavoro di recente immigrazione ha raggiunto abbondantemente il 10%, con certi
settori in cui supera la metà di tutti i lavoratori, sono molto integrati nella
nostra economia ed indispensabili per le aziende. Ma l’altro fenomeno che
testimonia una grande integrazione, è quello del “popolo delle partite iva” che
si arricchisce di centinaia di nomi non italiani, nel commercio così come
nell’artigianato. È tutta un’economia ed una società che cambia i suoi connotati,
con tutte le opportunità ed i problemi che questo porta inevitabilmente. L’Italia
in questi 20 anni non ha quasi mai saputo distinguere fra chi veniva per
cercare un luogo in cui lavorare o studiare e chi veniva per delinquere o
addirittura chi era preda di organizzazioni criminali di commercio di esseri
umani che poi venivano schiavizzati per arricchire qualcuno. Questa incapacità
dell’Italia di garantire un flusso programmato e di reprimere o fermare all’origine l’illegalità, ha creato
un allarme che si è diffuso in tanti strati della popolazione e che fomenta un
odio che spesso va a colpire tutti gli stranieri indistintamente. E’ importante
che nel dibattito politico la voce immigrazione o la parola extracomunitario
non siano più associate alle parole insicurezza, crimine, illegalità.
Chi delinque colpisce in primo luogo i lavoratori
immigrati, onesti e di buona volontà. Noi italiani conosciamo benissimo questo
fatto, essendo un popolo di emigranti soggetti a pregiudizi per colpa di
alcuni; in certe parti del mondo, alla parola “italiano” viene aggiunta la
parola “mafia”. Un anno fa, in
occasione dei noti fatti di Ravenna, avevo
proposto un tavolo di confronto fra le istituzioni, le forze politiche, le
associazioni e i sindacati per mettere allo scoperto tutti i punti di
preoccupazione e di reazione, ma anche di aspirazioni, volontà, progetti e
successi nel delicato processo di integrazione.
La mia volontà di tenere aperto un dialogo
costruttivo fra tutti gli attori che convergono sul tema
immigrazione-integrazione non significa che io approvi quanti, con faciloneria,
incultura e ideologico furore vogliono far passare la favoletta che tutto va
bene, che la società multiculturale è cosa fatta e che si vive tutti in pace ed
armonia suonando, cantando e ballando.
Vi è una cultura, che nelle sue linee generali va
dalla Svezia all’America e dalla Scozia alla Grecia, che ha prodotto un modo di
vivere, leggi, usi e costumi ed un’economia che hanno generato il più grande
progresso dell’umanità mai verificatosi in tutta la sua storia. E’ questo il
grande benessere materiale, morale e spirituale del cosiddetto mondo
occidentale che attira milioni di persone dalle zone più svantaggiate del
mondo.
Vi sono cose sulle quali non siamo disposti a
transigere per favorire una fittizia integrazione: pensiamo solamente al ruolo
della donna nella nostra società, completamente libero da condizionamenti e
oppressioni della famiglia di origine o del marito; un ruolo che la vede
protagonista attiva nell’economia, nella cultura nello stato, tanto che in
settori delicatissimi come la
Magistratura o la
Scuola /Università le nostre donne sono in maggioranza; un
ruolo che la vede andare dove e come le pare, vestita come le pare, a
realizzare il suo progetto di vita.
Pensiamo a tutto il problema dell’educazione dei
figli, per farne cittadini informati e formati di una società laica, in cui è
ben chiara la distinzione fra la sfera religiosa e la sfera dello stato.
Pensiamo, per fare un solo esempio di tipo
economico, a tutta la legislazione in campo commerciale, che non contempla la
contraffazione, il commercio abusivo, la deregolamentazione più selvaggia che
vede migliaia di persone in mano ad organizzazioni criminali al limite dello
schiavismo.
Cito queste cose solo ad esempio di quanta strada
si debba fare verso un modo di vivere comune, con il dialogo, ma anche con
l’applicazione rigida di norme e leggi che sono frutto di civiltà e lo specchio
di un’aspirazione costante a migliorare la vita dei singoli e della società.
Solo così, fra l’altro, oltre a favorire la vera
integrazione, si disarmano tutti quelli che soffiano sul fuoco, incitano a
guerre contro gli immigrati, proclamano che occuparsi di questi problemi è
inutile e che l’unica cosa da fare è chiuderci nel forte assediato e non far
entrare nessuno. Gianguido Bazzoni
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