mercoledì 8 febbraio 2012

IL PD A RIMORCHIO DI SUSANNA. COME SEMPRE

Negli ambienti del sindacalismo riformista (si vedano  le recenti interviste dei leader di Cisl e Uil) sta emergendo la convinzione che non conviene arroccarsi nella difesa oltranzista dell’attuale disciplina dei licenziamenti individuali. E, quasi fosse un riflesso pavloviano, anche all’interno del Pd sta maturando la medesima disponibilità. Certo, come già altre volte, sarà la Cgil a condizionare la linea del Pd. Se la confederazione di Susanna Camusso aderirà all’intesa che si profila, il partito di Bersani non solleverà questioni. Se invece – come è prevedibile – la Cgil confermerà la sua intransigenza (sempre che Cisl, Uil, Confindustria decidano di andare avanti comunque) per il Pd saranno guai. Quale soluzione sta maturando? I licenziamenti (c.d. oggettivi) per motivi economici uscirebbero dal regime sanzionatorio previsto dall’articolo 18 per rientrare in quello dei licenziamenti collettivi ed essere sottoposti alla procedura intersindacale ivi prevista e alle sue conseguenze sul versante degli ammortizzatori sociali.  In fondo, è questo l’impegno assunto da Silvio Berlusconi nella lettera di intenti presentata, il 26 ottobre scorso, in occasione del G 20. Ai licenziamenti discriminatori e a quelli disciplinari, se ritenuti ingiustificati dal giudice, continuerebbe, invece, ad applicarsi la reintegra obbligatoria.  Non si può dire che la «manutenzione» sia un gran che, ma è pur sempre meglio di nulla. Soprattutto, se il provvedimento venisse collegato, a carico delle imprese, a misure predefinite di indennizzo economico e di outplacement a favore dei lavoratori licenziati.  Altre soluzioni, contenute in diversi progetti di legge giacenti in Parlamento, sarebbero possibili: come elevare a 50 il limite attuale dei 15 dipendenti oppure prevedere, in via sperimentale, che i contratti a termine convertiti in rapporti a tempo indeterminato si portino appresso una tutela solo risarcitoria in caso di licenziamento giudicato illegittimo.  La stessa operazione potrebbe essere compiuta per le assunzioni stabili nelle aree svantaggiate. Ci sono, poi, altri problemi, come ridurre la durata del processo e prestabilire limiti all’indennizzo e al pagamento delle retribuzioni non percepite.  Se lo volessero, poi, le parti sociali potrebbero avvalersi di quanto previsto dall’articolo 8 del decreto di ferragosto che consente loro di stipulare intese sui temi delle assunzioni, del recesso e dei rapporti precari, anche in deroga alle vigenti disposizioni di legge. Giuliano Cazzola  da Il Resto del Carlino

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