RAVENNA HA COMINCIATO!
Continuerà a fare politica, ma in
modo diverso dal passato. In una lunga intervista al Corriere del Ticino, l'ex
presidente del Consiglio Silvio Berlusconi
spiega le motivazioni che lo hanno spinto a scegliere di non candidarsi più
alla guida del governo. Inizia
una nuova corso per il Pdl e per il centrodestra italiano. Quello del
Cavaliere non è, però, un passo fuori dalla politica nazionale. Anzi. "Come presidente del primo partito
italiano in parlamento - spiega Berlusconi - agirò da 'padre fondatore'".
Nell'intervista al Corriere del
Ticino, l'ex premier punta su quel ricambio generazionale che lui
stesso, da diversi mesi, ha iniziato a mettere in campo per dare nuova linfa
vitale al partito: "Darò consigli alle nuove leve,
cercherò di trasmettere quei valori di libertà e di democrazia per i quali sono
sceso in campo e che sono tuttora il nostro credo politico, contro quella
cultura dell’invidia, dell’odio e del giustizialismo che finora ha dominato
gran parte della sinistra in Italia". Berlusconi parla
chiaramente della necessità di un rinnovamento generale della politica italiana
e cita l’esempio del segretario del Pdl Angelino
Alfano che è stato eletto all’unanimità. Ecco per te la mia
intervista di oggi a Marcello Foa, per il Corriere del Ticino. Buona lettura.
Presidente
Berlusconi, lei continua ad appoggiare Monti e i giornali scrivono che
«pensando al 2013 lei non vuole lasciarlo alla sinistra». Che succede? Da
lontano è difficile capire…
"Se lei pensa che in questi primi tre mesi del nuovo Governo vi sia stata qualche oscillazione da parte nostra, devo smentire. Fin dall’inizio abbiamo sostenuto Monti con il nostro voto, lo stiamo facendo e lo continueremo a fare con lealtà e senso di responsabilità, per l’interesse superiore dell'Italia . Dobbiamo risolvere oltre all’emergenza economica, un’altra emergenza, quella istituzionale, per fare dell'Italia una democrazia moderna e garantire una piena ed effettiva governabilità. Il Governo dei tecnici è sostenuto quasi dall’intero Parlamento, e solo questo largo appoggio può consentirci di fare quelle riforme che una sola parte politica non può fare con i suoi soli voti».
"Se lei pensa che in questi primi tre mesi del nuovo Governo vi sia stata qualche oscillazione da parte nostra, devo smentire. Fin dall’inizio abbiamo sostenuto Monti con il nostro voto, lo stiamo facendo e lo continueremo a fare con lealtà e senso di responsabilità, per l’interesse superiore dell'Italia . Dobbiamo risolvere oltre all’emergenza economica, un’altra emergenza, quella istituzionale, per fare dell'Italia una democrazia moderna e garantire una piena ed effettiva governabilità. Il Governo dei tecnici è sostenuto quasi dall’intero Parlamento, e solo questo largo appoggio può consentirci di fare quelle riforme che una sola parte politica non può fare con i suoi soli voti».
Quali
riforme? «Mi riferisco alla riforma dell’architettura istituzionale
dello Stato, che riguarda il Parlamento, il numero dei deputati, il Senato
delle Regioni, la Corte costituzionale, i poteri del premier e del Consiglio
dei ministri, fino all’introduzione di una nuova legge elettorale e alla
riforma della giustizia».
È proprio
sicuro che Monti sia così popolare tra gli italiani e gli elettori di
centrodestra?
«I bilanci si fanno sempre alla fine. Ma tutti vedono che vi è una sostanziale continuità tra il programma di Monti e quello del Governo da me presieduto. È una continuità che lo stesso premier ha più volte riconosciuto. Conosco bene la serietà e la competenza di Monti, che io stesso nel 1995 sostenni per l’incarico di commissario europeo al Mercato interno. Mi piace ricordare che già nel discorso di insediamento del mio primo governo nel 1994, che in questi giorni mi è capitato di rileggere, citai proprio il prof. Monti, “fautore come noi siamo di un liberismo disciplinato e rigoroso”».
«I bilanci si fanno sempre alla fine. Ma tutti vedono che vi è una sostanziale continuità tra il programma di Monti e quello del Governo da me presieduto. È una continuità che lo stesso premier ha più volte riconosciuto. Conosco bene la serietà e la competenza di Monti, che io stesso nel 1995 sostenni per l’incarico di commissario europeo al Mercato interno. Mi piace ricordare che già nel discorso di insediamento del mio primo governo nel 1994, che in questi giorni mi è capitato di rileggere, citai proprio il prof. Monti, “fautore come noi siamo di un liberismo disciplinato e rigoroso”».
Nel ‘94
appunto, ma oggi siamo nel 2012… «E oggi lui si trova nella
condizione ideale per realizzare quelle riforme che il mio esecutivo aveva
avviato, senza poterle portare a termine per la riluttanza dei partner della
nostra coalizione e per la forte contrarietà preconcetta dell’opposizione. Per
questo gli daremo il sostegno necessario. Vogliamo liberarci dei lacci e dei
lacciuoli che ostacolano la crescita dell'Italia, inclusa la riforma del
mercato del lavoro per rendere effettiva la libertà di concorrenza e restituire
competitività all'Italia. Sono riforme liberali e penso che i nostri elettori
apprezzeranno il nostro responsabile atteggiamento quando si tornerà a votare.
Tanto più che oggi Monti gode di un buon consenso, come indicano i sondaggi».
Paese
complesso, l'Italia. Negli ultimi anni l’asse con Bossi è stato saldissimo. Ora
invece volano le incomprensioni e gli insulti. L’alleanza è finita. Perché? «Perché
noi abbiamo deciso di sostenere il Governo Monti per senso di responsabilità
verso l'Italia, anche a costo di pagare un prezzo momentaneo; la Lega, invece,
vuole dimostrare la sua identità e ha una posizione diversa dalla nostra sul
governo dei tecnici. Ma non parlerei di rottura: continuiamo a governare
insieme molte amministrazioni locali».
Domani
correrete davvero senza la Lega? «Per il futuro mi auguro che con
la Lega si possa continuare ad avere una solida e leale collaborazione a tutti
i livelli come è sempre stato».
Insomma,
non chiude la porta. Intanto, però, PdL e PD stanno lavorando a una nuova legge
elettorale che potrebbe portare a un bipolarismo forzato se le clausole di
sbarramento fossero troppo elevate. Dentro i due grandi partiti, fuori o
ininfluenti quelli piccoli. Non c’è il rischio che erodendo la pluralità
partitica si limiti la libertà di scelta? «In
questi anni abbiamo introdotto in Italia un sistema bipolare che ha ridotto il
numero dei partiti e assicurato una maggiore durata del governo rispetto al
passato. Ricorda? Reggevano in media appena undici mesi. La nuova legge
elettorale sarà una buona legge se, oltre a consentire agli elettori di
scegliere il proprio rappresentante, lascerà intatte le conquiste del
bipolarismo e della governabilità. Questo non significa certo aumentare il
numero dei partiti. All’ Italia non serve tornare al carnevale di Rio
della politica».
Dica la
verità: ma è davvero Alfano il suo erede? Guardi che ci credono in pochi… «Certo
che sì. Alfano è stato eletto all’unanimità dal nostro Consiglio. Ha 35 anni
meno di me, è autorevole e realizza il cambio di generazione di cui tutta la
politica italiana ha bisogno. E le dirò di più. Sarebbe ora che anche gli altri
politici che siedono in Parlamento da trent’anni, se davvero credono in ciò che
dicono sui giovani e sulla necessità di innovare, facessero un passo indietro. Se
qualcuno nel PdL non crede in questo cambiamento, dovrà ricredersi».
Nel ‘95
molti la diedero per finito e lei risorse nel 2001. Nel 2006 idem e lei vinse
nel 2008. Oggi pensano che Berlusconi sia spacciato e lei ha dichiarato che non
intende ricandidarsi… Non è che si sbagliano anche stavolta? «Continuerò
a fare politica, ma in modo diverso dal passato. Non mi candiderò più alla
guida del Governo, ma come presidente del primo partito italiano in Parlamento
agirò da “padre fondatore”, darò consigli alle nuove leve, cercherò di
trasmettere quei valori di libertà e di democrazia per i quali sono sceso in
campo e che sono tuttora il nostro credo politico, contro quella cultura
dell’invidia, dell’odio e del giustizialismo che finora ha dominato gran parte
della sinistra in Italia ».
C’è chi
sostiene che, Monti o non Monti, il peso del debito pubblico italiano sia
insostenibile. Dunque meglio scappare finché si è in tempo, magari proprio in
Svizzera, come negli anni Settanta. Pessimismo esagerato? L’Italia ce la farà? «Il
debito pubblico italiano è sostenibile, e lo dimostrano i buoni risultati delle
recenti aste per i titoli di Stato. Anche la speculazione se ne sta rendendo
conto: lo spread, vale a dire la differenza rispetto ai titoli tedeschi, ha
iniziato a scendere e anche le agenzie di rating alla fine ne dovranno trarre
le conclusioni. La crisi, come ho detto più volte, non nasce in Italia ma
in Europa, dove l'euro non ha dietro di sé una banca centrale come garante di
ultima istanza al pari, ad esempio, della Riserva Federale americana. Quando
avremo una vera banca centrale europea e gli eurobond, vale a dire i titoli
emessi e garantiti direttamente da questa banca, l’Europa sarà diventata un
soggetto politico unitario e forte, non più diviso tra Paesi debitori e Paesi
creditori».
Ma l’euro
sopravviverà? «L'euro è ormai la moneta dell’Europa, supererà questa crisi
e durerà a lungo nel tempo. Altrimenti non avrebbero senso i sacrifici che
stiamo facendo. Il problema è la lentezza con cui si muove l’Europa».
Alcuni
scrivono che sono stati i «poteri forti non italiani» a farla dimettere, con la
complicità decisiva di Merkel e Sarkozy. Si sente vittima di un golpe? «Sono
stato io a dimettermi e a fare un passo indietro per senso di responsabilità e
per senso dello Stato. Ho fatto questa scelta pur avendo ancora la maggioranza
nei due rami del Parlamento, senza che il mio Governo fosse mai stato
sfiduciato. Solo con un governo tecnico si può trovare l’accordo tra
maggioranza e opposizione, tra centrodestra e sinistra, per approvare quelle
riforme che prima ho ricordato e che sono indispensabili per superare la crisi
economica e rendere governabile l’ Italia».
Oggi però
il PdL, a giudicare dai sondaggi, non si salva dall’ondata di disgusto per la
politica. Cos’è andato storto? E domani che ne sarà del partito? Vuole davvero
chiuderlo e ricominciare dal basso, dalle liste civiche? «La
democrazia è il peggiore di tutti i sistemi, con l’eccezione di tutti gli
altri”, ha detto Winston Churchill. Se i partiti hanno sbagliato, è giusto
punire chi ha sbagliato, o, peggio chi ha rubato. Ma tenendo sempre a mente che
i partiti sono alla base del sistema democratico e quindi di ogni libertà. Il
nostro movimento politico, il Popolo della Libertà, si fonda su questi principi
e continuerà a difenderli. Per questo presenteremo il nostro simbolo alle
prossime elezioni amministrative, e stringeremo dovunque le alleanze necessarie
per vincere insieme alle forze moderate che condividono i nostri valori e i
nostri programmi. Per tradizione, alle elezioni amministrative c’è sempre stato
in Italia un fiorire di liste civiche. Penso che la crisi dei partiti
accentuerà questa tendenza. E noi dovremo tenerne il giusto conto, e tessere la
tela delle alleanze, anche a livello locale, per vincere».
I
liberali autentici le rimproverano di non aver realizzato le riforme liberali
per le quali si era impegnato nel 1994. Cosa è mancato? «Ho un
unico torto: non sono riuscito a convincere il 51% degli elettori a darmi il
loro voto. E per fare le riforme costituzionali serve almeno il 51 per
cento».
Dov’è
finito il Berlusconi grande comunicatore? Dalla sconfitta alle amministrative
di Milano sembra aver perso il tocco magico che in passato le aveva permesso
rimonte impossibili. È cambiato lei o sono cambiati gli italiani? «Sono
cambiato io. In questi ultimi anni ho raggiunto la consapevolezza che l’Italia,
con questa architettura istituzionale, non è governabile. Il Governo ha come
unico potere quello di presentare dei disegni di legge in Parlamento. Dopo
18/24 mesi il Parlamento approva dei testi molto diversi da quelli voluti dal
Governo. Ma queste leggi non hanno vita lunga perché se dispiacciono alla
sinistra o alla sua magistratura politicizzata, vengono impugnate da un
Pubblico ministero che le porta dinnanzi alla Corte costituzionale che,
inderogabilmente, le abroga, perché composta da 11 membri su 15 che
appartengono ad una determinata area politico-culturale. Negli ultimi cinque
anni questa Corte ha abrogato 241 leggi o parti di leggi. L’analoga istituzione
degli Stati Uniti nello stesso periodo ne ha abrogate sette. E allora? Allora
se i cittadini non si rendono conto che devono fare scelte del tutto diverse,
concentrando i loro voti sui grandi partiti, se non si premia chi vuol
veramente cambiare il Paese, siamo condannati all’ingovernabilità. E quando chi
vince democraticamente le elezioni non riesce poi a prendere decisioni
tempestive, la conseguenza è una crisi di sfiducia nei confronti della politica
e della democrazia».
Trionfi e
sconfitte, grandi polemiche, grandi scandali, grandi processi. Comunque «una
vita che non è mai tardi. Di quelle che non dormi mai» per dirla alla Vasco
Rossi. Lei l’ha avuta quella vita. C’è qualcosa di cui si pente e che oggi non
rifarebbe? «Non ho davvero nulla di cui pentirmi. Dovrebbero invece
vergognarsi i miei persecutori, che da quando sono sceso in campo non hanno mai
smesso di inventarsi processi fondati solo sulle calunnie, una macchina del
fango mediatico-giudiziaria, una campagna di diffamazione su scala internazionale
che non si è ancora fermata: anzi, dopo che mi sono dimesso dal Governo,
l’accanimento giudiziario contro di me è addirittura aumentato».
Intanto
sono passati 19 anni da quando annunciò la «discesa in campo». Scusi la
franchezza: ma chi gliel’ha fatto fare? Il suo ex grande amico Montanelli
l’aveva avvertita … Nonostante tutto ne è valsa la pena? «Sono
orgoglioso di aver salvato l’Italia nel ’94 da un governo che sarebbe finito
nelle mani del Partito comunista italiano, cioè di un partito e di una
ideologia sconfitta dalla storia. Ho la coscienza di avere servito il mio Paese
con tutte le forze e con totale onestà intellettuale. Mi amareggia l’essere
ripagato con un accanimento che non ha eguali nella storia da parte della
sinistra giudiziaria. Vogliono distruggere la mia immagine di uomo, di
imprenditore e di politico. È l’ennesima prova che la decisione di impegnarmi
nella vita pubblica, per salvare l’ Italia dal comunismo e per cambiarla, non
mi è stata perdonata da quei poteri che si sono visti insidiati nei loro
interessi e nelle loro ambizioni. Ma non per questo lascerò l’impegno politico.
Anzi, continuerò con la forza e con l’impegno di sempre».
E
all’Italia «dei magistrati», «dei comunisti» cosa dice dopo 19 anni? Hanno
vinto loro o ha vinto lei? «Per ora sembrano prevalere
l’invidia e l’odio. Ma vincerà l’amore, ne sono sicuro».
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