Bossi
è finito
e la Lega si batte per una incerta sopravvivenza ai minimi termini. Berlusconi
è ferito, versa sangue elettorale e non sembra che sappia dove andare, almeno
in quanto capo della coalizione che vinse le elezioni politiche del 2008 e ora
non c’è più o del movimento detto Popolo della libertà (Pdl), un’evanescente
costellazione di stelle spente una volta esaurita l’energia carismatica del
capo e fondatore. Dunque la situazione è eccellente. L’ultima carta,
per evitare crisi isteriche, fughe personalistiche, piccole trame di
gruppo e di cordata, completamente senza senso, è questa: essere conseguenti,
seri, responsabili nell’affrontare una congiuntura di caos più grande della
crisi dei partiti, la crisi del mondo occidentale globalizzato e dell’Europa in
preda alle convulsioni finanziarie e sociali da debito. Uno dice: torna
Berlusconi. Torna e si intesta una alzata di ingegno che smentisce il suo
comportamento passato. Smentisce le sue manovre gigantesche dell’estate 2011,
la proclamazione del pareggio di bilancio come risultato storico, infine le
dimissioni e il varo di un governo tecnico di emergenza che sta cercando una
strada in mezzo a tasse, risorse scarse, riforme possibili, e che esaurirà la
sua missione con le elezioni del 2013. Berlusconi si intesta robe come
l’uscita dall’euro? Rilancia la crescita fondando il suo discorso sul
vecchio antifiscalismo liberale delle origini? Annuncia una nuova rivoluzione
di idee e di progetti fondata sulla libertà di impresa? Chi non ha portato il
cervello all’ammasso sa che questo non è possibile. Che non è credibile. Che è
sconclusionato. Le posizioni antifinanza, antistato, antisistema sono
saldamente occupate da tipi come Tsipras in Grecia e Grillo in Italia, sono
posizioni legittime ma non hanno alcunché da spartire con il progetto politico
del 1994, un altro mondo, un’altra economia, altre coordinate del discorso e
dei fatti. Sarebbe solo un gioco a sfasciare. A scimmiottare come fa Tremonti.
E a perdere. Perdere tutto, anche la faccia o quel che ne rimane; e in ogni
caso il recupero di un eventuale consenso popolare sarebbe minimo e di tipo
emozionale, politicamente e civilmente isolato da una sinistra che arriverebbe,
con tutta la sua debolezza, con tutta la sua incapacità di fare coalizione, a
coprire con lo schema di Vasto (un governo Bersani Vendola Di Pietro) anche
un’ampia area di centro, riformatrice e moderata gentilmente offerta in regalo.
[…] C’è una alternativa? Sì, credo ci sia, ed è una strada
obbligata al termine della quale non ci sarà forse un trionfo, anzi sicuramente
non ci sarà un trionfo, ma qualcosa di significativo e di forte sì, quello ci
sarà. Berlusconi deve fermare la valanga della demagogia piccolo politica e
piccolo partitica, prendere in mano le redini e delegare tutti i poteri possibili
a un nucleo di classe dirigente che ha un solo compito: essere conseguenti a
quel che si è fatto, per dare una mano a un paese in gravi difficoltà, in un
contesto europeo e mondiale molto critico, guardando oltre l’orizzonte della
piccola apparente convenienza dell’attimo già fuggito. © - FOGLIO QUOTIDIANO
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