sabato 10 settembre 2011

LA LOBBY DEI TAGLI. AGLI ALTRI


            Per mesi è stato chiesto al governo di tagliare i costi della politica. Anzi, quello dovrebbe essere il primo taglio da fare. In particolare si è chiesto a gran voce di eliminare le province, tutte le province, un ente che avrebbe dovuto essere soppresso fin dall’istituzione delle regioni, e che soprattutto i cittadini hanno sempre mostrato di non gradire. Bene, dopo vari tentativi e ipotesi di ridurne il numero eliminando le più piccole per popolazione e superficie, ieri il Consiglio dei ministri ha preso la decisione più logica e lineare: sopprimere tutte le province (tranne quelle autonome di Trento e Bolzano tutelate da un accordo internazionale con l’Austria), e farlo andando alla radice, cioè modificando la Costituzione che continua a prevederle al proprio interno. Tutto bene? Neppure per sogno. Qualcuno ha obiettato che i tempi sarebbero “biblici”. Eppure, visto che tutti i partiti vogliono (a parole) ridurre i costi della politica, ieri abbiamo dimostrato che al massimo in sei mesi la riforma può divenire definitiva.
Ma poi sono scese in campo le lobby. L’Unione province italiane, ovviamente, difende se stessa. Ragion per cui la soppressione sarebbe “demagogica” e le province, anziché scomparire, risorgerebbero attraverso le associazioni dei comuni, e quindi diverrebbero addirittura 250. Non solo. Anche i costi



 lieviterebbero, perché gli stipendi dei dipendenti provinciali “sono inferiori a quelli regionali”. Ma chi ha stabilito questo livellamento al rialzo? Il disegno di legge del governo parla di passaggio delle attribuzioni, mentre i dipendenti resterebbero certo, ma fino all’andata in pensione.
Ancora. Sindaci e presidenti di regione, senza distinzione di colore politico, si dicono “preoccupati per le nuove attribuzioni che il governo assegnerebbe loro, quelle delle vecchie province”. E ovviamente chiedono fondi. Mentre sotto traccia si starebbero perfino muovendo i prefetti, che hanno sede nei capoluoghi di provincia.
In maniera civile e democratica, ma ferma, sarebbe il caso di ricordare a tutti questi soggetti che non stiamo parlando di una loro proprietà o di privilegi esclusivi, ma di compiti che svolgono in virtù di un mandato popolare ed elettorale, e di leggi dello Stato. Diversamente saremmo al feudalesimo.
Molti anni fa si diceva che governare l’Italia non è difficile, è inutile. Ora tutti vorrebbero tagliare i costi della politica: quelli degli altri, però.

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