I signori del Pd che stanno raccogliendo le firme per il ritorno al Mattarellum hanno evidentemente la memoria corta, perché quella legge elettorale, che vide la luce il 4 agosto del 1993, mostrò tutti i suoi limiti sia nelle elezioni del '94 che del '96, non riuscendo né a semplificare né a garantire stabilità al sistema. Nei sette anni successivi, infatti, si succedettero ben sei governi, con la produzione di un numero inusitato di partiti, formazioni politiche e gruppi parlamentari. La legge era stata realizzata pensando che si sarebbero create coalizioni antagoniste attorno a due o tre forze, ma la realtà fu molto diversa: per vincere nei collegi uninominali fu inevitabile costituire coalizioni ampie ed eterogenee. Così, invece di ridursi, le liste aumentarono, con l'aggravante che anche un partito piccolissimo poteva disporre di un potere di contrattazione enorme. Ma il Mattarellum portò anche ad alterare la regola basilare della democrazia - garantita invece dal Porcellum - secondo cui le elezioni le vince chi conquista un voto in più: alle elezioni del 1996, infatti, nell'86 per cento dei collegi uninominali bastò il 40 per cento per vincere, e per conquistare la maggioranza che assicurava la conquista del seggio furono create delle coalizioni-cordate che poi non sarebbero state in grado di garantire alcuna stabilità. Insomma: l'uninominale produce un sistema bipartitico a livello nazionale se, e soltanto se, solo due partiti sono in grado di vincere in tutte le circoscrizioni. Una condizione che in Italia è purtroppo lontana dall'essere realizzata, nonostante i passi avanti fatti proprio grazie all'attuale legge elettorale. Il ritorno al Mattarellum, dunque, porterebbe non a due poli omogenei e coesi, ma alla istituzionalizzazione per legge delle ammucchiate e dei cartelli elettorali che non potrebbero mai diventare vere maggioranze di governo. Morale della favola: il bipolarismo non è un frutto automatico del maggioritario. L'esperienza italiana dimostra esattamente il contrario.
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