Consiglio comunale storico quello svoltosi questa mattina a Palazzo Ravenna. L’occasione di recepire all’interno dello statuto comunale il titolo di Città ha dato modo di avere ospiti della seduta personalità istituzionali di rilievo, che hanno contribuito a rendere ancora più solenne l’omaggio a Grottammare, che il presidente del consiglio comunale Ugo Lisciani aveva riservato a un consiglio comunale aperto alla cittadinanza. Prima dell’approvazione – avvenuta all’unanimità – dell’integrazione dello Statuto comunale con un nuovo comma all’articolo3 ( “Il Comune si fregia del titolo di città concesso con decreto del Presidente della Repubblica del 19 settembre 2011”), vari interventi hanno seguito quello introduttivo del presidente Lisciani e i ringraziamenti del sindaco Luigi Merli agli ospiti presenti: il dott. Pietro Lucchetti, consigliere della Presidenza della Repubblica, il vice prefetto di Ascoli Piceno, Malgari Trematerra, Alessandra Ghidoli, docente universitaria e storica dell’arte presso la Presidenza della Repubblica, il maestro Gino Giannetti, allievo dello scultore Pericle Fazzini, l’architetto prof. Ruggero Pentrella, già alto funzionario ministeriale nel settore dei Beni culturali. Ovviamente al vice Enrico Piergallini, che ha prodotto, con la consulenza degli esperti conoscitori della storia grottammarese Ghidoli e Pentrella, la relazione che ha dato via all’istruttoria del riconoscimento. E’ stata poi data lettura del decreto contenente il riconoscimento del titolo di Città, firmato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e a seguire il saluto del vice prefetto di Ascoli Malgari Trematerra, tra l’augurio e l’esortazione: “Ringrazio il sindaco e i consiglieri comunali prensenti per questo invito. Ho avuto il piacere di partecipare a una festa in piazza nelle settimane scorse dove ho notato la presenza di molta gente che festeggiava con il primo cittadino il conseguimento del titolo. Grottammare è una città dotata di tante ricchezze e riconoscimenti, esorto a questo punto gli amministratori a non dormire sugli allori e fare in modo che queste risorse, bellezze e ricchezze non cadano nel vuoto”. “Un titolo d’onore - è la precisazione della dott.ssa Alessandra Ghidoli - che oggi forse viene perso di vista perché confuso e ricondotto a cose materiali. Non dimentichiamo però che senza onore non facciamo nulla o non lo facciamo bene. Voglio sottolineare questa parola ‘onore’ perché mi è sembrato che ci sia stata una sottovalutazione. Questa è una città che possedeva i presupposti per conseguirlo, è una comunità che si è messa insieme per conseguirlo e come grottammarese d’adozione voglio condividere con voi questo giorno e questa gioia”. “Un lavoro corale – ricorda il vice sindaco e assessore alla Cultura Enrico Piergallini -. Non ci saremmo riusciti senza la collaborazione in primis, di Alessandra Ghidoli e Ruggero Pentrella, e di tutto il consiglio comunale che ha condiviso l’intero progetto sin dall’inizio. La sfida, ora, è far capire alle persone che ci sono vicine che la crisi non si supererà sui differenziali dello spread ma si giocherà sulla sfida per le pubbliche amministrazioni di riuscire a conservare il patrimonio di valori e i progressi che gli enti locali hanno fatto in questi anni. Tutto questo patrimonio di buona pratica amministrativa civile e sociale in senso ampio, oggi è un patrimonio messo in crisi dalla contingenza. Con questi festeggiamenti volevamo tracciare un vallo mettere un segnale che identificasse dove è annunciare di nuovi, come l’apertura dell’Archivio Storico comunale, la pubblicazione degli atti del convegno storico sul 150° dell’Unità d’Italia, curato dal prof. Piero Craveri, e di una guida alla città che ricalca gli indici illustrati nella relazione che ci ha portato positivamente al risultato per cui siamo qui oggi”. Come noto, la richiesta per l’ottenimento del titolo onorifico di “Città” era uno degli obiettivi avviati dall’ amministrazione comunale di Grottammare nell’ambito dei festeggiamenti del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, un modo per riallacciare la storia presente a una promessa vecchia di un secolo. Ufficialmente, la procedura è iniziata il 22 febbraio 2011, quando la giunta comunale ha deliberato l’atto di trasmissione dell’istanza di riconoscimento (D.G. nr. 25) al Ministro dell’Interno, per il tramite della Prefettura, affinché proponesse al Presidente della Repubblica la concessione del titolo onorifico. Un proposito già condiviso all’unanimità dal Consiglio Comunale, durante la seduta in cui l’assessore alla Cultura, Enrico Piergallini, esponeva il piano delle celebrazioni grottammaresi per celebrare l’Unità d’Italia (D. C.C. nr 1 del 18 gennaio 2011). Stando alle cronache delle onoranze che si svolsero in occasione del Cinquantenario del 1911, infatti, il Comitato organizzatore iniziò le pratiche affinché Grottammare potesse ottenere il titolo di città, ma i tempi non erano maturi o forse le condizioni non lo permisero. Sembra, infatti, che l’On. Angelo Pavia, intervenuto alle Celebrazioni in rappresentanza del Re e del Governo, abbia assicurato ai membri del comitato questo riconoscimento, non appena il Comune avesse raggiunto i diecimila abitanti. Un dato oggettivo che, tuttavia, non incide nel percorso istruttorio, basato sulla complessità delle relazioni che intercorrono tra storia, cultura e società di una comunità.
martedì 29 novembre 2011
Pdl Ravenna: "Giangrandi presidente Acer? La solita spartizione tra amici e delusi"
“Ed eccola l’ennesima nomina che non sarebbe mai arrivata se non fosse stato necessario piazzare un personaggio rimasto a bocca asciutta dopo le ultime elezioni amministrative. E così dopo aver sistemato Michele De Pascale come assessore comunale a Cervia (a proposito, sinceri auguri di buon lavoro), che era uno dei grandi esclusi dalla giunta Casadio in provincia, ecco che il PD nomina Emanuela Giangrandi in Acer, incarico per il quale si è riusciti ad aggirare l’ottima norma emanata dal governo Berlusconi per la quale chi è stato amministratore di un ente pubblico non può divenire dirigente di società da esso partecipate o similari”. A parlare è Alberto Ancarani, vicecoordinatore comunale vicario del Pdl, che si scaglia contro la nomina dell’ex assessore provinciale alla presidenza dell’ente di gestione delle case popolari.“A questo punto, anche se non abbiamo la sfera di cristallo è facile individuare le prossime mosse: da un lato c’è da piazzare un direttore di Asp, visto che dubitiamo che verrà accettato il nostro consiglio di lasciare tale incarico a Federico Fronzoni; dall’altro da ricompensare per la non ricandidatura vi è ancora l’ottimo Avv. Andrea Maestri, che come direttore di Asp com’è noto è incompatibile. Siamo certi che a breve il Pd troverà una soluzione per entrambi i casi.Inutile girarci attorno dunque: tutte i nomi che abbiamo fatto sono ottime persone, molte delle quali competenti in specifici settori e di personale contro di loro chi scrive e il partito che rappresenta non ha assolutamente nulla. Ma purtroppo, anche la nomina di Emanuela Giangrandi che di servizi sociali si è occupata a lungo e siamo certi che si darà da fare anche per il nuovo incarico, non è che l’ennesima dimostrazione di una concezione proprietaria che il partito di maggioranza relativa in questa provincia ha di qualunque ruolo, incarico o nomina che sia emanazione dell’ente pubblico. Non si procede mai a scelte meritocratiche ma si presta fede esclusivamente alla fedeltà politica.Non si indicono concorsi, né si vagliano curricula, ma si procede in base alla tessera politica. Quando questi metodi verranno modificati sarà sempre troppo tardi”.
lunedì 28 novembre 2011
Finmeccanica, 500 milioni per foraggiare i soliti noti
40 Veicoli Tattici Medi Multiruolo (VTMM): 157 milioni di euro 149 Automezzi Logistici Protetti: 80,7 milioni di euro 511 Veicoli Tattici Leggeri Multiruolo (VTLM): 198 milioni di euro Sensori elettro-ottici e radar integrati: 56,3 milioni di euro
Dalla IV Commissione Difesa della Camera dei Deputati è arrivato l’ok bipartisan alla spesa di mezzo miliardo di euro per l’acquisto di ulteriori mezzi militari da utilizzare per la cosiddetta “missione di pace” in Afghanistan.
A fare affari ancora una volta i grandi carrozzoni pubblici dell’industria bellica, in primo luogo Finmeccanica, al centro da giorni dell’inchiesta sul giro di tangenti ai partiti e uomini politici.
Mentre sono allo studio le strategie per rastrellare denaro dai cittadini per fronteggiare debito pubblico, spread, ecc… si continuano a sperperare miliardi e miliardi di euro per una guerra che costa all’incirca un miliardo all’anno, con esiti disastrosi come dichiarato dagli stessi vertici militari, e di cui non si comprende come e quando possa finire.
Come è avvenuto per le spese di gestione ordinaria della missione militare in Afghanistan, cioè i 760 milioni messi in bilancio per l’anno 2011, anche per l’acquisto di questi mezzi militari sarà necessario stornare una quota di fondi FAS per lo sviluppo per destinarli al bilancio della Difesa e rendere possibile in questo modo l’acquisto.
Buttare questa montagna di soldi per portare avanti una guerra senza senso è uno scandalo, farlo in tempo di crisi è una ignobile vergogna.
sabato 26 novembre 2011
SPREAD, CHI ACCUSAVA SILVIO SI SCUSI
"La vita politica italiana ha bisogno di serietà, onestà e rigore. Per questo mi aspetterei delle parole di scuse da parte di coloro che fino a poche settimane fa sostenevano selvaggiamente che l'aumento dello spread fosse legato al precedente governo e imputabile direttamente alla persona del presidente Berlusconi. Costoro oggi dovrebbero pronunciare parole di verità e provare un minimo senso di vergogna". Lo afferma Sandro Bondi, Pdl. Quelli che avevano detto: via Berlusconi da solo vale trecento punti di spread: Bersani (31-10-2011) - ''L'Italia e' in pericolo, serve un colpo di reni. Servono subito delle novita' politiche e riforme vere e immediate''. Oggi lo spread tra Btp e Bund ha sfondato di nuovo quota 400. […] L'Italia corre un serio pericolo. E' del tutto evidente che le promesse del governo all'Unione europea hanno avuto un effetto nullo a causa della mancata credibilita' dell'esecutivo e dell'inadeguatezza degli impegni. Ora non c'e' piu' il tempo per crogiolarsi con le favole. Per far ripartire l'Italia ed evitare guai peggiori c'e' bisogno di un colpo di reni, di discontinuita', di una chiara novita' sul piano politico e di avviare decisioni di riforma vere e immediate''. Donadi (31-10-2011) - ''Ecco i risultati della letterina di buoni propositi di Berlusconi all'Ue, un drammatico lunedi' nero per la Borsa: Btp al 6.18, spread tra Btp e Bund a quota 400. Siamo sul Titanic ma, mentre l'iceberg si avvicina, il governo suona i violini. Serve una nuova nave, una nuova rotta e nuovi motori'' D’Alema(7-11-
MONTI CONTINUA L’AZIONE DI BERLUSCONI
La propaganda di sinistra aveva puntato su Monti per contrabbandare una svolta, una discontinuità, una rottura netta con il passato che invece finora non c’è stata, e difficilmente ci sarà anche con le misure future. Ciò che il nuovo presidente del Consiglio ha fatto dall’insediamento è stato di confermare quanto era stato deciso dal governo di Silvio Berlusconi. Ultimo esempio, il rinvio al saldo 2012 di parte dell’acconto Irpef di novembre. Si tratta del 17% (rispetto al 99) che verrà differito al prossimo giugno in modo da lasciare soldi in più nelle tasche dei contribuenti in previsione del Natale, e di consentire a quanti guadagnano meno di non andare troppo in credito con il fisco. Sennonché il provvedimento – che Alberto Bufi, capogruppo Pd in commissione Finanze della Camera si è affrettato a definire “Un primo intervento, un buon segnale nella prospettiva di azione del nuovo governo” – non è un’idea di Monti, ma di Berlusconi e del precedente esecutivo. Addirittura del luglio 2010, finanziata allora con 2,3 miliardi, e resa strutturale con la Legge di stabilità, ultimo atto del governo di centrodestra. Questa continuità non è un’eccezione. Due giorni fa c’era stato il decreto per Roma capitale, un atto del federalismo. E ancora prima l’impegno alla piena attuazione, appunto, della legge di stabilità, approvata il 12 novembre immediatamente a ridosso dell’incarico al nuovo premier.
TI RENDO ONORE “O CAPITANO, MIO CAPITANO” GRAZIE PER ESSERCI STATO E AVERCI REGALATO VENT’ANNI DI LIBERTA’
Ho visto le immagini di stasera: quattro scalmanati cresciuti a odio e Santoro, che non riuscendo mai a vincere le elezioni ( e chi li vota?) si sono ridotti a festeggiare le dimissioni di una persona che invece le ha vinte tante volte. Quattro scalmanati che salutano come salvatore della patria un banchiere mai votato da nessuno (Monti), indicato da un comunista mai pentito di aver sostenuto le peggiori dittature del secolo scorso (Napolitano).
Allora ho deciso di scriverti, per ringraziarti, invece, dei vent’anni di libertà che ci hai regalato.
Ti ringrazio, perché scendendo in campo nel ’94 ci hai salvato dalla “gioiosa macchina da guerra” che avrebbe voluto fare dell’Italia un paese governato da alcune procure. Le stesse che ti hanno perseguitato per vent’anni, e se adesso quei poteri sembrano aver vinto, sappi che non potranno avere la meglio come sarebbe stato vent’anni fa, perché nel frattempo le tue incredibili vicende ci hanno aperto gli occhi. Non praevalebunt.
Ti ringrazio, perché scendendo in campo nel ’94 ci hai salvato dalla “gioiosa macchina da guerra” che avrebbe voluto fare dell’Italia un paese governato da alcune procure. Le stesse che ti hanno perseguitato per vent’anni, e se adesso quei poteri sembrano aver vinto, sappi che non potranno avere la meglio come sarebbe stato vent’anni fa, perché nel frattempo le tue incredibili vicende ci hanno aperto gli occhi. Non praevalebunt.
Ti ringrazio, perché ci hai liberato dagli inciuci della Prima Repubblica, e ci hai fatto vedere che noi cittadini possiamo scegliere il nostro premier, e anche la coalizione che ci governa. E se ci stanno riprovando, le stesse facce di allora, a ripetere la storia – figliocci della “parte oscura” della DC – adesso siamo consapevoli del fatto che quella non è l’unica politica possibile.
Ti ringrazio perché ci hai fatto vedere che quelli del cosiddetto salotto buono del paese – a partire dai direttori del Corriere, di Repubblica, insieme a tanti sussiegosi e vuoti editorialisti, incapaci di costruire alcunché nella loro vita, e insieme a vili servi dei potenti, assoldati come giornalisti “anticasta” (ma la loro è la vera casta) – ecco, quelli del cosiddetto salotto buono sono solo vogliosi di potere, sprezzanti del popolo, e per loro è insopportabile che gente al di fuori della loro cerchia possa avere accesso alle istituzioni.
giovedì 24 novembre 2011
SUCCEDE NELLA ROSSA EMILIA: UN DIPENDENTE DA NOVE ANNI HA LAVORATO SOLO SEI GIORNI, MENTRE LA REGIONE TUTELA I DIPENDENTI INFEDELI. IL CASO DEL FALLIMENTO IMMOBILIARE DI FORLIMPOPOLI E UN DIRIGENTE RAVENNATE.
“Cosa ha fatto, in questi mesi, la Regione? Era il 17 Dicembre 2010, quando, attraverso un’interrogazione regionale, avevo informato la Giunta Errani dei problemi finanziari e di gestione collegati alla società Immobiliare Forlimpopoli S.r.l. Dalle segnalazioni pervenutemi, era emerso il coinvolgimento diretto nella conduzione della società di un dirigente regionale del Servizio di Bacino di Ravenna. Il Miccoli ricopriva l’incarico di amministratore unico, carica incompatibile con l’impiego a tempo pieno alle dipendenze di una pubblica amministrazione. Un’evidente anomalia. In quella fase, inoltre, l’immobiliare aveva avviato la procedura concorsuale liquidatoria. Ci saremmo aspettati un intervento diretto della Regione Emilia-Romagna. Invece, il nulla.” Ad affermarlo è il Consigliere regionale del Pdl Fabio Filippi. “Dopo mesi – aggiunge Filippi – l’assessore regionale allo sviluppo delle risorse umane e organizzative ha giustificato il dipendente, il quale avrebbe, a detta della Regione, fornito ‘convincenti ragguagli sull’eccezionalità della situazione in cui era venuto a trovarsi’, nel frattempo la società è stata trasferita a Vibo Valentia, in Calabria.”
Sono tredici le famiglie coinvolte nella compravendita di immobili con la società Immobiliare Forlimpopoli. Gli acquirenti, con il fallimento in atto, rischiano seriamente – conclude Filippi – di perdere la caparra e gli acconti versati. Ma alla Regione, evidentemente, questo interessa poco. Preferisce fare finta di nulla, protegge un dipendente ‘vicino’ alla sinistra, lasciando sole tredici famiglie raggirate.” Il Consigliere Filippi, pur non essendo romagnolo, ha deciso, per un criterio di giustizia, di schierarsi in modo deciso dalla parte dei cittadini coinvolti, loro malgrado, in questa vicenda. Il decreto legislativo n. 122 del 2005 interviene su questo tipo di problematiche, tutelando gli acquirenti relativamente gli obblighi dei costruttori. L’Immobiliare Forlimpopoli e Miccoli devono obbligatoriamente attenersi alle norme contenute nel decreto.
MARGHERITA BONIVER A RAVENNA E SAN PIETRO IN VINCOLI: VENERDI 25 NOVEMBRE 2011
Venerdì 25 novembre alle ore 18,00 nella sala Sala Buzzi (ex Forum) Seconda circoscrizione via Berlinguer, 11 l’On. Margherita Boniver sarà ospite del PDL ravennate per parlare dei possibili scenari futuri italiani ed europei a seguito della crisi finanziaria. Alle ore 20,00 cenerà con amici e simpatizzanti del PDL al Ristorante la “Piazzetta” di San Pietro in Vincoli. Alle ore 21,30 l’On. Boniver sarà impegnata al Circolino di San Pietro in Vincoli con Alberto Ancarani, Gianguido Bazzoni, Rodolfo Ridolfi e Maria Bezzi in un dibattito incentrato su gli ultimi accadimenti politici che hanno portato alla nascita del Governo Monti e su quali saranno le prospettive politiche dopo questa fase di sospensione della normale dialettica politico - istituzionale.
VENERDI’ 25 NOVEMBRE 2011 ORE 20,00 RISTORANTE LA PIAZZETTA SAN PIETRO IN VINCOLI CENA CON On. MARGHERITA BONIVER
EURO 18,00 MENU’: CROSTINI, TAGLIATELLE AL RAGU, DOLCE, VINO, ACQUA, CAFFE’
Per prenotazione chiamare il 3466829146
SUL RIORDINO DI TRIBUNALI I SINDACATI PRENDANO ESEMPIO DALLA POLITICA
Il riordino territoriale dei Tribunali con la possibile eliminazione delle sedi distaccati ha “sconvolto” i sindacati, tanto che si sono susseguite fuori tempo massimo delle dichiarazioni a dir poco imbarazzanti: la CGIL regionale che ha sostenuto di chiudere diverse sezioni distaccate tra le quali Faenza, la sezione CGIL provinciale che smentisce CGIL regionale e dice salviamo Faenza, la Cisl che se la prende con un Governo che ahinoi non c’è più e che comunque se ha dettato delle linee per un riordino territoriale, non ha chiuso e non ha imposto di chiudere la sezione distaccata di Faenza del Tribunale di Ravenna. Ricordando come tutte le forze politiche presenti in Consiglio comunale di Faenza fossero responsabilmente a favore di una razionalizzazione del sistema dei Tribunali - unica voce stonata a nostro avviso quella del Sindaco Malpezzi - e come allo stesso tempo tutte le forze politiche, compreso il PDL, nonostante fosse partito che esprimeva il Ministro della giustizia in carica un mese fa, si fossero impegnate in una battaglia di comunità tesa a mantenere la sezione del Tribunale a Faenza, non in una visione meramente campanilistica ma tenendo ben presente come la sezione di Faenza avesse ed ha i numeri, le carte in regola per rimanere aperta, le uscite del Sindacato rappresentano veramente una pagina impietosa della vicenda. Oggi che al Governo c’è un tal Monti ci sembrano veramente fuori luogo le premesse addotte dalla CISL, capiamo che la vita fosse molto più semplice quando quotidianamente si poteva “sputare” contro Berlusconi. Rispetto poi alle dichiarazioni della CGIL si commentano da sole, perso Berlusconi non sanno più se sia giusto tagliare o mantenere, insomma si sono smarriti. Credo che nella questione della sezione distaccata di Faenza del Tribunale di Ravenna la politica abbia dimostrato come vi è la capacità di mettersi in gioco e assumersi delle responsabilità anche rischiando di vedersi sconfitti, non mi sembra che il Sindacato abbia saputo ricalcare questo tipo di impegno e di coesione. Raffaella Ridolfi
GLI ITALIANI SI COMPRINO IL LORO DEBITO PER FERMARE GLI SPECULATORI
Gianguido Bazzoni. Bisogna fare chiarezza sulle vicende finanziarie del nostro Paese: bugie ne hanno speso tante, per ingannare gli Italiani. Si è insistito allo sfinimento che il problema era Berlusconi, tanto che Napolitano, andando oltre le sue prerogative costituzionali, aveva da tempo un piano per sostituirlo ed attendeva il momento opportuno. Non è spiegabile altrimenti la celerità per assolvere tutti i passaggi istituzionali ed il consenso costruito sul “golpe bianco” che è stato attuato. Ciò viene giustificato con la necessità di porre limiti alla speculazione e di ottemperare alle rigide richieste dell'Unione Europea; Unione che in realtà si riduce al duopolio Francia-Germania. Fatto sta che le elezioni e le scelte degli elettori vengono annullate ed il confronto politico fra gli eletti dai cittadini soccombe, per lasciare spazio alle regole dettate dalla finanza e dai banchieri. In loro nome si muovono Merkel e Sarkozy, camuffando le vere intenzioni e dimenticando anche i debiti morali e materiali discendenti dall’unificazione delle due Germanie che hanno pesato sulle teste di tutti i cittadini dell’Unione europea. In passato le guerre si scatenavano per la conquista di territori e materie prime, erano questi la ricchezza di un Paese; oggi le guerre si combattono nei palazzi della finanza, dove si può pianificare la distruzione di un’economia e la rapina delle ricchezze in forma legale. La speculazione fine a se stessa rincorre grandi profitti senza allargare la ricchezza disponibile e senza portare benefici reali alle economie, ma lascia sul campo morti e feriti che rimangono preda degli avvoltoi. Siamo sicuri che i nostri partners europei non siano gli avvoltoi pronti a depredarci, in saldo, dei pezzi più pregiati dell'economia nazionale? Siamo sicuri che gli avvoltoi non siano in combutta con i predatori, dividendosi il lavoro e le prede? Per comprare bene bisogna far abbassare il valore, è ciò che stanno facendo Francia, Germania
CITTADINANZA. E’ CHIARO CHE INTRODURRE IL PRINCIPIO DELLO IUS SOLI E’ UNA PAZZIA
Ieri, il Capo dello Stato, dimostrando che il Governo Monti non dovrà occuparsi solo della crisi economica (!), ha auspicato che si cambi la legge sulla cittadinanza, introducendo il principio del ius soli. Principio in base al quale, si diventa cittadini italiani per il sol fatto di nascere in Italia, indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori. Ancora oggi questa possibilità non è (fortunatamente) contemplata: si diventa cittadini italiani principalmente perché si nasce da cittadini italiani.Apparentemente (ma solo apparentemente) la possibile riforma potrebbe sembrare un atto di civiltà. In verità, non lo è. Di civiltà ce n’è poca. C’è piuttosto un tanto al chilo di propaganda sinistrosa e di buonismo che conferma – malgrado qualcuno se ne sia dimenticato (o abbia fatto finta) – che Giorgio Napolitano è ancora parte integrante della sinistra italiana, e ne persegue i suoi (deleteri) obiettivi politici, che tutti ben conosciamo. È chiaro che introdurre il principio dello ius soli è una pazzia. E lo è perché è come se si stesse regalando la nostra cittadinanza al primo arrivato. Sarebbe sufficiente che una immigrata varchi il confine clandestinamente, partorisca a Bolzano e il gioco è fatto. Il figlio diventa cittadino italiano, e la clandestina – in virtù del principio del ricongiungimento famigliare – ottiene per magia il permesso di soggiorno senza neanche lo sforzo di chiederlo, di trovarsi un lavoro o di imparare la nostra lingua. È sufficiente fare un figlio in Italia, e il resto della famiglia la raggiungerà. E certamente non si potrà discriminare tra immigrato regolare e irregolare, pena la violazione del principio di uguaglianza ai sensi dell’art. 3 Cost. Perché sarebbe illegittima una norma che stabilisse che solo il figlio dell’immigrato regolare acquista la cittadinanza e non anche quello dell’immigrato irregolare. Dunque a conti fatti ci ritroveremmo una marea di immigrati che partorirebbero in Italia con il miraggio del soggiorno facilitato e con tutte le
BERTINOTTI E’ MOLTO PREOCCUPATO: MI TOLGONO IL VITALIZIO? MI DIANO ALTRO DA VIVERE, UNA PENSIONE”
“Io ho lavorato una vita e ho diritto ad una pensione“: così Fausto Bertinotti, ex leader di Rifondazione Comunista ed ex Presidente della Camera, alla Zanzara di Radio24. “Se mi tolgono il vitalizio? Mi dovrebbero dare altro da vivere, come una pensione“. Una pensione che “deve essere congrua con ciò che ho versato“.
…..MA ANCHE NO
La Bce ci chiede di rendere più contendibile il nostro mercato del lavoro, soprattutto in uscita. Ci chiede, in sostanza, di modificare l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. Una norma che, giova sempre ricordare, in ambito europeo rappresenta quasi un unicum: solo in Austria, Danimarca, Portogallo e Grecia è in vigore una disciplina equipollente. Altrove, in caso di licenziamento senza giusta causa, il datore di lavoro è obbligato solo a risarcire e non anche a riassumere il dipendente.
Ciò detto, ieri Bersani ha rilasciato una dichiarazione in proposito; evidenziando una certa disponibilità a discutere della cosa: “Non drammatizziamo l’articolo 18 perché il 95% aziende non ce l’ha”. Parole sacrosante. Ma sull’argomento, stamane è intervenuto anche Cesare Damiano: “Non credo che sia possibile mettere in pratica l’idea legittimamente sostenuta dal senatore Ichino e cioè di mantenere l’articolo 18 per chi ha attualmente un lavoro stabile, compreso il diritto al reintegro nel posto di lavoro, e negarlo ai nuovi ingressi nel mondo del lavoro in cambio di una compensazione di carattere monetario (…)”. Premurandosi anche di aggiungere: “Questa posizione è stata votata a maggioranza, dal Pd, all’interno della Conferenza sul Lavoro di Genova e corrisponde a tutti i nostri deliberati congressuali (…)”.
Un orsacchiotto in omaggio a chi riesce a capire quale sia la posizione del Pd sul tema.
mercoledì 23 novembre 2011
IL SOCIALISMO BUTTATO FUORI A CALCI DALLA SPAGNA
E così la Spagna torna al centro-destra.
Mariano Rajoy, modestissimo eterno numero due, è riuscito nell’impresa di annientare sette anni di zapaterismo. Un’epoca si è chiusa, molti sogni sono stati riposti mestamente e malinconicamente nel cassetto. L’epoca d’oro del Bambi socialista è finita ingloriosamente, tra gli schiaffi dello spread e la disoccupazione che galoppa.
E pensare che fino a dieci mesi fa qui da noi, in Italia, c’era chi descriveva il premier spagnolo come un modello da seguire.
Era diventato un idolo, Zapatero. Un totem, un riferimento per tutta la sinistra italiana. Una specie di guru, un santone in grado di dettare l’agenda anche in casa nostra. Ricordiamo manifestazioni con il suo nome inciso su cartelli e bandiere.
Ricordiamo film in suo onore (cara Guzzanti), trasmissioni tv sul fenomeno iberico e perfino tentativi di emularne le gesta. Vendola, ad esempio, si è addirittura descritto (tempo fa) come “lo Zapatero di Puglia”. Dario Franceschini, che pure è cattolico e quindi teoricamente avverso alle tesi più spinte dello zapaterismo, è riuscito a dire, un paio di anni fa che “il premier spagnolo governa la crisi, a differenza di Berlusconi”. Vediamo ora come l’ha governata.
Soprattutto l’hanno visto gli spagnoli, che hanno cacciato i socialisti a livelli bassissimi. Neppure il 30% dei consensi.
Questo voto è una lezione anche per i tanti desiderosi di importare dall’estero modelli politici più o meno accattivanti ma che nascondono, dietro il bell’aspetto, una tremenda fregatura. Per fortuna che in Italia, Bersani & co. non hanno avuto l’opportunità di “sperimentare” lo zapaterismo. Se l’avessero fatto, oggi per l’Italia non sarebbe servito neppure Mario Monti.
venerdì 18 novembre 2011
Perché mai un inglese, un francese, un danese dovrebbero tirar fuori soldi per un Paese come il nostro? Monti, per favore, prova a fare quello che non è riuscito a Berlusconi!
Dice un rapporto della Corte dei Conti che quelle Regioni varate nel 1970 per alleggerire lo Stato, si sono via via gonfiate come un panettone impazzito. Al punto che oggi quelle 15 che sono a statuto ordinario hanno 40.384 dipendenti. Vale a dire 78,8 ogni 100 mila abitanti. Tanti, ma vale più che mai la regola del pollo di Trilussa. C'è infatti chi non arriva a 34, come appunto l'ente guidato da Roberto Formigoni, e chi sfonda la barriera del suono clientelare come il Molise che ogni centomila abitanti di regionali ne ha 291: 8 volte e mezzo di più.
Contano relativamente poco le distinzioni tra rosso e blu. Tanto è vero che, sempre rispetto all'unità di misura citata, la «destrorsa» regione Piemonte di dipendenti ne ha 70,5 e cioè più del doppio dei cugini lombardi. E l'Umbria, da sempre amministrata dalla sinistra, ha proporzionalmente il doppio dei «regionali» (159 contro 74,5 ogni centomila residenti) della vicina Toscana. Quanto a “Roma ladrona”, il Lazio si ritrova a essere con l'indice 62,8 non solo nettamente al di sotto della media ma addirittura di regioni comunemente più virtuose quali l'Emilia-Romagna (68) o la Liguria (68,6).
Insomma, il principio di autonomia costituzionale ha avuto giorno dopo giorno un'interpretazione assai singolare: ogni Regione va per conto proprio. Con sprechi e diseconomie in molti casi allucinanti. Basti dire che, se si utilizzasse come criterio generale il parametro della Lombardia (quei 34 «regionali» scarsi ogni centomila residenti) quelle quindici regioni ordinarie, che hanno esattamente le stesse competenze, potrebbero tagliare addirittura 23.015 unità. E svolgere gli stessi compiti quotidiani con appena 17.369 persone. Con un risparmio, per le casse pubbliche, di 785 milioni e 350 mila euro l'anno. È la somma che, ad esempio, permetterebbe di coprire in nove anni il costo del piano straordinario di infrastrutture per il Sud. Per non parlare dei risparmi impliciti nel dimagrimento di strutture spesso elefantiache e inefficienti: ogni ufficio in più, ogni dirigente in più, ogni funzionario in più vuole mettere becco in questa o quella pratica. Non sono una ricchezza: sono un lacciuolo supplementare.
Ci sono numeri davanti ai quali è impossibile non fare un salto sulla sedia.
Quei 17.369 dipendenti che utilizzando il «parametro lombardo» basterebbero a far funzionare le 15 Regioni ordinarie, sono infatti meno di quanti sono oggi in carico alla Campania (che negli ultimi quattro anni ha ancora gonfiato gli organici di circa il 10%), alla Puglia, alla Calabria, alla Basilicata. I quali sono 17.607. E non parliamo della Sicilia, dove i dipendenti complessivi del ciclopico carrozzone guidato da Raffaele Lombardo, compresi forestali e precari e dipendenti delle Asl, sono 144.147.
Per adeguarsi al parametro virtuoso, il governatore della Campania Stefano Caldoro sarebbe costretto ad affrontare moti di piazza: dovrebbe perdere 6.007 dipendenti, con un risparmio pazzesco, pari a oltre il 68% della spesa per gli stipendi. Parliamo di una cifra che nel 2009 avrebbe coperto un terzo del disavanzo sanitario regionale.
Ma ancora più dura sarebbe la cura per una Regione "rossa" per eccellenza come l'Umbria. Il suo personale dovrebbe dimagrire di quasi il 79%, passando da 1.432 a 305 unità.
E anche le Marche potrebbero avere bruttissime sorprese, dovendo scendere da 1.487 a 529 dipendenti. Mentre il personale di una terza Regione storicamente amministrata dal centrosinistra, la Basilicata, sarebbe ridotto di cinque volte: da 1.052 a 200.
C'è chi dirà: certo, Stato, Regioni ed Enti locali sono da sempre un ammortizzatore, soprattutto al Sud. Vogliamo licenziare tutti quelli in soprannumero? Buttare nella disperazione, di questi tempi, decine di migliaia di famiglie? No, certo. Ma è fuori discussione che numeri come quelli devono dare risultati diversi. Garantire un'efficienza diversa. Da recuperare anche attraverso una maggiore elasticità. E una rottura con vecchi meccanismi inaccettabili a maggior ragione dall'Europa, chiamata oggi a intervenire per arginare problemi dovuti proprio alla scarsa credibilità.
Quale credibilità può avere, ad esempio, una regione come quella campana governata fino all'anno scorso da Antonio Bassolino che ha più dipendenti di Lombardia, Piemonte e Liguria insieme e dove le promozioni sono state distribuite per anni nel modo indecente denunciato da un rapporto degli ispettori della ragioneria generale dello Stato?
C'è scritto, in quel dossier, che pressoché tutti i dipendenti hanno goduto, nel periodo compreso fra il 2002 e il 2008, di «progressioni orizzontali».
Cioè, in gergo tecnico, aumenti di stipendio concessi nel pubblico impiego a parità di mansione. Fatta eccezione per 21 persone che proprio non potevano essere salvate a causa di gravi provvedimenti disciplinari, solo fra il 2004 e il 2005 ne hanno goduto in 7.254 sui 7.275 allora in servizio. Vale a dire il 99,7%. Dov'è, il «merito»? Perché mai un inglese, un francese, un danese dovrebbero tirar fuori soldi per un Paese come il nostro se prima non spazza via scelte clientelari e indecenti come queste? Come la spieghiamo, agli europei, la sproporzione insultante nella distribuzione dei dirigenti?
Il record assoluto lo detiene il Molise. Con 320 mila abitanti, non solo ha quei 934 dipendenti regionali di cui dicevamo. Ma la bellezza di 87 dirigenti: undici volte di più, in proporzione, di quelli che avrebbe allineandosi alla Lombardia: 8. Ma sono tante le regioni che perderebbero grappoli di dirigenti: scenderebbe da 221 a 128 del Veneto, da 114 a 35 l'Abruzzo, da 93 a 23 l'Umbria, da 167 a 52 la Calabria, da 71 a 15 la Basilicata. Una strage di colletti bianchi. Immaginatevi dunque la preoccupazione, nel caso il nuovo governo decidesse di mettere ordine in questa schifezza.
E infine, un esempio impossibile da credersi.
Non è vero che tutti i giudici sono schiacciati dagli arretrati. Nicola Durante, ad esempio, al Tar di Salerno deve avere un mucchio di tempo libero. Infatti fa anche il dirigente alla Regione Calabria.
Due lavori, due stipendi, benefit deluxe.
Un uomo dalla doppia vita. Nella prima guadagna una busta paga come giudice del Tar di Salerno, dove dicono di vederlo quando c'è udienza e dove mesi fa ha annullato il sequestro di una casa abusiva perché il decreto di abbattimento non era stato notificato al titolare dell'abuso ma consegnato a mano a suo fratello. Nella seconda fa il Capo dell'Ufficio Legislativo della regione Calabria, dove è stato preso dal governatore Giuseppe Scopelliti con un contratto da 176.426 euro e 57 centesimi l'anno. Più una «retribuzione annua di risultato». Più i rimborsi spese «a pie' di lista». Più il «trattamento di missione nella misura massima prevista per la dirigenza regionale». Più, a spese dei cittadini, si capisce una speciale «copertura assicurativa della responsabilità civile e amministrativa per i danni eventualmente arrecati a terzi o alla Regione nell'esercizio dell'attività istituzionale, ivi comprese le eventuali spese di giudizio sostenute».
«E l'auto blu?», direte voi ansiosi. Tranquilli: ce l'ha, ce l'ha...
Estrapolazione e sintesi da un articolo di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella pubblicato sul Corriere della Sera di Domenica 13 Novembre 2011
GRAZIE BERLUSCONI!!!
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Grazie a te l’Italia, negli ultimi 17 anni, è stata davvero un’altra;
Grazie a te l’Italia si è salvata dalla “gioiosa macchina da guerra” di Occhetto, che avrebbe portato i comunisti al governo in una delle maggiori democrazie d’Occidente;
Grazie a te le tradizioni politiche liberali, riformiste, cattoliche, massacrate dal ciclone tangentopoli, hanno potuto continuare a dare il loro indispensabile contributo al Paese;
Grazie a te milioni di italiani moderati hanno potuto trovare un leader e un partito che rispondesse ai loro bisogni e ai loro desideri;
Grazie a te si è finalmente realizzato il bipolarismo dell’alternanza e della responsabilità, mettendo fine a una politica intessuta di inciuci e ribaltoni;
Grazie a te l’Italia ha avviato un vero programma di riforme, che molti ora hanno interesse a far passare sotto silenzio, come mai se ne erano visti nella nostra storia dal dopoguerra in avanti;
Grazie a te il programma elettorale e gli impegni presi con gli elettori hanno smesso di essere solo parole e sono diventati la bussola dell’azione di governo;
Grazie a te l’Italia ha recuperato un ruolo protagonista in Europa e nel mondo.
Sei stato abbattuto, certo, ma non dal voto popolare (unico vero arbitro), bensì da un colpo di stato perpetrato con l’aiuto di una parte della magistratura, dei mass media, dei poteri forti, con la complicità degli utili idioti purtroppo presenti anche all’interno della maggioranza, che dopo aver cercato invano di espellerti dalla politica, hanno trasformato quelle che al massimo erano venialità private in una gigantesca colpa pubblica, mettendo te e l’Italia alla berlina del mondo per i loro interessi di parte.
Grazie, Berlusconi. Perché sappiamo che riuscirai a superare questi giorni di amarezza e di delusione e troverai la forza per riprendere in mano il partito e per essere nuovamente il punto di riferimento di tutti quegli italiani che vogliono tornare a vivere in un paese normale e libero, non commissariato dall’esterno e non succube degli interessi dei poteri forti.
Grazie, Berlusconi. Perché sappiamo che riuscirai a superare questi giorni di amarezza e di delusione e troverai la forza per riprendere in mano il partito e per essere nuovamente il punto di riferimento di tutti quegli italiani che vogliono tornare a vivere in un paese normale e libero, non commissariato dall’esterno e non succube degli interessi dei poteri forti.
Alla faccia dei soliti sinistri e afFini che in questi giorni hanno dato l’ennesima prova, in piazza, di essere dei perdenti patologici, a nome dei milioni di cittadini che hanno immutato affetto, stima e fiducia nei tuoi confronti, ti diciamo
GRAZIE BERLUSCONI
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