martedì 6 novembre 2012

IL TAGLIO ALLE PROVINCE SIA SOLO L’ANTIPASTO.


SECONDO UNO STUDIO IBL, LA SOPPRESSIONE TOTALE POTREBBE PORTARE A DUE MILIARDI DI RISPARMIO

Trentacinque province cancellate. Avrebbero dovuto essere di più, ma è un primo passo. Adesso, come ha detto il ministro dell'Interno, Anna Maria Cancellieri, niente campanilismi e andiamo avanti. I giornali abbondano di interviste e interventi di notabili e celebrità locali che tra molti amarcord e nostalgie partecipano allo strapaesano dibattito sul duello Imperia-Savona, Asti-Alessandria e Pisa-Livorno. Piacenza pur di sottrarsi al connubio con l'odiata vicina Parma promuove un referendum per diventare provincia lombarda. L'Italia, del resto, tende a essere se stessa anche nei momenti più gravi. Quello che dobbiamo tenere a mente, invece, sono i vantaggi di questa prima mossa. Il costo complessivo delle Province è di undici miliardi di euro, compreso il personale. Secondo l'istituto «Bruno Leoni», think tank liberista, la totale soppressione delle Province - senza toccare il personale - potrebbe portare a due miliardi di risparmio per le spese di gestione e amministrazione e per il taglio degli organismi elettivi (costo stimato per questi ultimi 450 milioni circa). In questi due miliardi sarebbero dunque incluse le spese per mandare avanti la macchina provinciale. In caso di abolizione totale, le funzioni sarebbero trasferite altrove e le relative spese inglobate in altri bilanci locali. Quanto si risparmia intanto con l'abolizione delle trentacinque province a partire dal 2014? Per ora



esistono solo delle stime. Secondo le valutazioni più attendibili, l'eliminazione delle cariche elettive potrebbe portare risparmi compresi tra i 40 e i 150 milioni. Mentre la riorganizzazione degli uffici pubblici, prefetture, questure, eccetera potrebbe portare un altro centinaio di milioni di minori uscite.
Oggi è indispensabile tagliare tutto quello che è inutile. Anche per una questione simbolica. L'operazione sulle Province - anche se avrebbe potuto essere più drastica - per il momento è l'unico atto organizzato e non estemporaneo da parte delle istituzioni per la riduzione dei costi del sistema politico- amministrativo. E decisivo andare avanti in questa direzione per dare risposte ai sentimenti antipolitici che avanzano nell'opinione pubblica.
Il rumore di fondo dei campanili ovviamente non cesserà. Le piccole oligarchie locali cercheranno di difendere i loro microinteressi cantali, geografici, nonché le pretese identitarie e le differenze antropologiche. Dobbiamo sperare che il governo se ne disinteresserà completamente. Lo stato d'animo anti fiorentino dei pistoiesi non può diventare nè una questione politica nè un costo amministrativo. Bisogna che il governo, il parlamento e i partiti siano uniti e mostrino fermezza, anche perché dopo le Province il prossimo passo dovrà essere per forze di cose una seria discussione sulle Regioni. A partire da quelle a statuto speciale, che dal riordino delle Province non vengono toccate, ma che sono esattamente come le Province - uno strumento amministrativo superato dalla storia e messo profondamente in crisi dall'esperienza fin qui maturata. Basta guardare la Sicilia. Marco Ferrante
La Stampa


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