giovedì 8 novembre 2012

NUOVE PROVINCE, FAVORITE LE ROSSE, MEGLIO TAGLIARLE TUTTE



Forse era meglio abolirle tutte, le province, perché il riordino targato Monti è destinato a lasciare uno strascico di polemiche e di ricorsi alla Corte costituzionale, che peraltro oggi si riunisce per esaminare quelli presentati da diverse regioni contro il decreto di luglio che declassava le province - organi previsti dalla Costituzione anche dopo la riforma del Titolo V - a enti di secondo livello.  Il problema è che il governo alla fine ha ascoltato solo i suggerimenti di alcuni dirigenti del Pd, come nel caso delle città metropolitane, per le quali - guarda caso - è stata parzialmente superata la norma che aveva previsto la coincidenza del loro territorio con quelli delle province contestualmente soppresse. Per fare un solo esempio, nella rossa Toscana il governatore Rossi ha visto riconosciuta la richiesta di dividere la regione in tre aree vaste, cosa che era espressamente vietata dal decreto originario.  Intendiamoci: il fatto che si sia passati dalle attuali 86 province a 51 è un fatto positivo, ma il taglio "tecnico" è stato condizionato da ingerenze politiche a senso unico che renderanno inevitabilmente difficile il passaggio parlamentare. A meno che l'esecutivo non decida di porre l'ennesima questione di fiducia. E non si tratta di salvare poltrone, come l'opinione pubblica è portata a credere dalla crescente campagna di disinformazione in atto, perché chi sarà eletto nei nuovi consigli provinciali non prenderà più nemmeno un euro. Il problema è invece quello di salvaguardare l'identità dei territori, che non può essere violata a colpi di spending review.  Per spiegarci meglio: il governo avrebbe potuto ottenere uguali risparmi con un maggior grado di consenso se solo avesse avviato una consultazione seria e scrupolosa dei livelli locali. Il vero risparmio, poi, verrà dal taglio di metà degli Uffici territoriali dello Stato - prefetture e questure in primis - e anche in questo caso il Parlamento dovrà evitare che si proceda con l'accetta basandosi su criteri esclusivamente numerici, perché in gioco c'è un bene primario come la sicurezza dei cittadini.  La spending review ha già imposto un taglio, in soli quattro mesi, di 500 milioni di euro alle province obbligandole a una riduzione dei bilanci di oltre il 26%. Con numeri di questa portata è evidente che non si tratta più di andare a rivedere la spesa improduttiva, ma di bloccare anche l'ordinaria amministrazione.  Di questo passo, le nuove istituzioni che nasceranno rischiano di non poter nemmeno adempiere alle funzioni fondamentali loro assegnate, dalla difesa dei territori alla gestione della viabilità, dalla gestione dell'edilizia scolastica alla tutela dell'ambiente. Stando così le cose, forse era davvero meglio abolire tutte le province.


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