Gli
agricoltori ravennati e quelli della nuova
provincia Romagna non possono
certo permettere di perdere una
grandissima risorsa della dimensione patrimoniale e della forza
aziendale come è il Consorzio Agrario Provinciale di Ravenna. Un’azienda così,
creata più di 100 anni fa dagli agricoltori ravennati, che con una grandissima
visione imprenditoriale per quei tempi
avevano fondato anche le banche del territorio, ricopre ancora un’importanza strategica per il territorio,
sia dal punto di vista del giro d’affari che promuove sia del ruolo sviluppato
nel mercato, in termini di pluralità di soggetti e calmieramento dei costi e
dei prezzi. Il CAP vanta una penetrazione di mercato con quote sempre
crescenti, che dimostrano il buon rapporto con la base degli agricoltori nella
fornitura di servizi e distribuzione delle materie necessarie all’agricoltura. Negli
ultimi tempi si è cercato di ottimizzare la gestione dell’azienda, che
purtroppo risulta appesantita da una cospicua mole di investimenti, alcuni dei
quali peraltro di notevole rilevanza delle aree portuali ed altri dovuti alla
necessità di adeguarsi alle nuove normative riguardanti i prodotti agricoli e
tutti i materiali utili all’agricoltura. L’indebitamento notevole richiedeva un
piano di rientro attraverso operazioni immobiliari e finanziarie rese molto
difficili, se non addirittura impedite o comunque ridotte negli importi, dalla
grave crisi che ha investito il settore immobiliare a causa delle difficoltà
finanziarie mondiali. Puntuali le banche
locali, consce del loro ruolo originario e che conoscono bene l’importanza
vitale del CAP per l’ agricoltura, stanno accompagnando e sostenendo l’azienda nella gestione e nel
superamento di questo difficile momento, con un rapporto di collaborazione
franco e leale. Da qui si capisce l’importanza strategica di avere sul
territorio degli istituti di credito locali, gestiti dal territorio stesso,
come avevano capito i lungimiranti agricoltori che avevano fondato banche
locali e consorzio agrario. Diverso è il discorso per quanto riguarda le banche
di interesse nazionale, che spesso sono meno attente, partecipi e legate alle
dinamiche dei territori. Queste ultime evidentemente hanno difficoltà a
recepire l’importanza di questo piano e ad assecondarne, con una loro fattiva
collaborazione, lo sbocco positivo. Inoltre, devo dire,
purtroppo, che anche l’Amministrazione comunale
ultimamente non ha dimostrato la dovuta sensibilità nei confronti di un’azienda
così complessa come il CAP, anche per le importanti ricadute che ha su tutta
l’economia di Ravenna.
Non vorrei
che in questa vicenda si inserissero anche volontà ed interessi non
completamente palesi ed estranei al sistema agricolo, che potrebbero muoversi
al fine di boicottare il piano del Consorzio Agrario, rallentarlo o farlo
fallire e trarne ovvi vantaggi, come si è già verificato in un passato
abbastanza recente.
Ritengo
basilare che le imprese strategiche per il territorio vadano difese ed aiutate
a svilupparsi, soprattutto come in questo caso in cui la gestione operativa ha
un segno positivo.
Ritengo
anche che l’attenzione non possa sempre essere rivolta al salvataggio delle
solite aziende e che in queste operazioni non possano sempre essere favoriti i
soliti imprenditori che sappiamo essere interessati ad acquisire, in barba agli
agricoltori ed a prezzo non congruo, le partecipazioni del CAP. Inoltre questa
prassi comune a Ravenna spesso ha
determinato l’asfissia del tessuto
economico del nostro territorio. Confido che anche le associazioni agricole del
territorio, da sempre vicine al CAP, non facciano mancare il loro apporto
costruttivo ed un appoggio fattivo.
Vorrei che
su questi temi si aprisse un confronto e venisse dedicata finalmente una seria
riflessione da parte della società ravennate, imprenditori, associazioni,
cooperative, sistema bancario, amministrazioni locali; nel qual caso mi sentirò
di ritornare sull’argomento con dati, fatti e circostanze, tutto per il fine
che il CAP possa uscire dalle sue momentanee difficoltà finanziarie. Gianguido
Bazzoni
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