lunedì 28 giugno 2010

ABBIAMO UNA REGOLA, RIGORE NEI CONTI


ERRANI E FORMIGONI NON VOGLIONO PIU LE DELEGHE - 1.
Sicuramente c’è un’intenzione provocatoria nell’invito, rivolto allo Stato dal presidente della Conferenza Stato-Regioni, Vasco Errani, e dal presidente della regione Lombardia, Roberto Formigoni, a “riprendersi le competenze”. È infatti noto a tutti che la cosa non si può fare senza modifiche costituzionali e legislative anche se l’Art. 120 della Costituzione prevede che lo Stato si sostituisca agli enti eventualmente inadempienti (Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni).  Dietro qualsiasi provocazione c’è però sempre qualcosa di reale, che deve essere tenuto nella giusta considerazione. E di valutazioni se ne possono fare almeno due. La prima riguarda – e non è polemico il farlo – la modalità di quella riforma del Titolo V della Costituzione che il governo di centrosinistra, con i suoi soli voti, e quattro di maggioranza, volle fare nel 2001 poco prima della fine della Legislatura. Si obiettò subito che ciò costituiva il precedente di una riforma costituzionale fatta a maggioranza da una sola parte. Obiezione “politica”, poiché la Costituzione prevede la legittimità di una riforma fatta in questo modo. Ma più importante era il fatto che questa riforma era incompleta e pericolosa per i conti dello Stato. Forse proprio per questo la sinistra, sicura di perdere le elezioni, volle farla, calcolando che i suoi effetti sarebbero ricaduti sul governo di centrodestra, come, infatti, è avvenuto. Attribuire competenze senza


fissare i criteri di spesa non avrebbe potuto portare che a proseguire il vecchio sistema dei trasferimenti di risorse e dei ripianamenti da parte dello Stato. Ovvero l’esatto contrario di un vero federalismo, pensato per rimettere sotto controllo, dal basso, la spesa pubblica, e aprire la strada a una riduzione generalizzata della pressione fiscale.
Tornata al potere nel 2006, sebbene con una maggioranza ridotta e molte polemiche interne, rimasta in piedi solo due anni, la sinistra non ha ripreso in mano quel federalismo monco che aveva varato, nonostante la sua permanenza al potere coincidesse con una fase positiva dell’economia mondiale e consentisse quindi qualche maggiore tolleranza in campo finanziario.  E qui cade la seconda considerazione. Il centrodestra, tornato al governo nel 2008, si è imbattuto ben presto nella più grave crisi finanziaria ed economica degli ultimi decenni. È stato quindi costretto a varare una manovra e ad affrontare una riduzione della spesa pubblica che non può riguardare solo lo Stato centrale ma anche gli altri enti. In una diversa situazione congiunturale, i margini di trattativa si sarebbero potuti allargare. In questa, tutto è più difficile. Certo, si può mantenere fermo il tetto della manovra e si possono rivedere la natura, l’entità e i criteri dei tagli. Ma il passaggio dalla spesa storica alla spesa misurata sulla media delle prestazioni più efficienti, ha, sul piano pratico, cioè soprattutto sociale, dei tempi diversi da quelli che ci vogliono per calcolarla a tavolino.
Il nodo deve essere affrontato, non solo per il presente, per uscire dalla polemica in corso, ma soprattutto per il futuro. Anche perché il discorso sul federalismo deve essere impostato nella maniera più seria se si vuole che si concluda nell’interessi di tutti.  La cosa importante è che si comprenda da un lato che la situazione è seria, e non dipende solo dall’Italia perché il mercato finanziario passa sopra le polemiche interne agli schieramenti politici dei singoli Paesi; e dall’altro lato che le riforme non si riducono a formule politiche ma, se vengono fatte, devono essere fatte in modo serio. La credibilità delle forze politiche non è solo nel sostenere con forza le proprie richieste, ma soprattutto nel contribuire alle soluzioni. 

ERRANI NON HA SOLDI, MA SPENDE 1,4 MILIONI DI EURO, QUANDO IL GOVERNO ATTUA IL NUCLEARE -2

Nella provincia di Ravenna sarà finanziato, con un contributo di un milione e 421 mila euro un progetto per sostenere interventi che puntano al risparmio e la produzione da fonti rinnovabili di energia realizzati da enti pubblici. La misura rientra in un più ampio provvedimento con cui la Regione finanzierà con 25,8 milioni di euro la realizzazione di sistemi tecnologici per il miglioramento del rendimento energetico e per la realizzazione di impianti di fonti rinnovabili di energia negli edifici pubblici. Con la delibera della Giunta regionale - che nei giorni scorsi ha già messo a disposizione dei progetti approvati 13 milioni e 613 mila euro - è stato approvato nel dettaglio anche l'elenco dei programmi di qualificazione energetica giudicati ammissibili e approvato le graduatorie provinciali degli interventi. Complessivamente le risorse messe a disposizione dalla Regione innescheranno investimenti per quasi 257 milioni di euro. «I numerosi progetti dimostrano - ha evidenziato l'assessore regionale alle Attività

ABBIAMO UN DOVERE, MENO SPRECHI.- 3
Centri di spesa inutili; erogazione di stipendi, gettoni ed emolumenti per moltitudini di amministratori, manager, consiglieri e consulenti; attività create soltanto per elargire quattrini “a soggetti collegati con gli ambienti della politica”…insomma, troppi sprechi milionari. E’ durissima la Corte dei Conti contro Regioni, province e comuni. Una vera e propria requisitoria del procuratore generale, contenuta nel giudizio di parificazione del bilancio 2009 dello Stato e piombata nel pieno del dibattito sui sacrifici richiesti agli enti locali nella manovra economica. La reazione di governatori e sindaci è perentoria (“giudizi ingiustificati e generosi”). Ma se è vero che i giudizi sono talmente duri da apparire perfino ingenerosi, laddove appare indistinguibile il confine tra chi spende e chi spreca, è anche vero che i rilievi della Corte dei Conti disegnano un panorama dei bilanci pubblici locali con larghi spazi di intervento per risparmi e tagli di spese inutili.  Nella relazione si parla naturalmente anche della manovra del governo: “Se è necessario chiedere sacrifici a molte categorie di cittadini, tra le quali purtroppo anche quelle più deboli, è ancora più necessario affrontare con decisione e concretezza i problemi della cattiva amministrazione e dello spreco di denaro pubblico”.
Ecco quindi l’affondo contro gli sprechi negli enti locali, con riferimenti alle clientele, ad una pletora di “centri, autorità, agenzie, commissioni, comunità, società miste, istituti e consulenti”. Un sistema che sopravvive grazie ai “corposi trasferimenti” tra i 15 e i 20 miliardi l’anno, alimentando “un insieme di finalità particolari”. Segue l’elenco di società partecipate con “un numero assolutamente rilevante di presidenti e consiglieri” in società e consorzi.

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